domenica 16 ottobre 2022

IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

 


Si espongono i mezzi per cui il direttore può acquistare la predetta discrezione degli spiriti. 


47. Quarto mezzo: che il direttore nella guida delle anime proceda con umiltà, altrimenti non coglierà in dare retto giudizio e giusto regolamento: e questo per due motivi. Il primo, perché, come ho detto di sopra, per una buona discrezione degli spiriti è necessaria la luce di Dio (benché non importi che questa sia strada ordinaria): né Iddio gli concederà questa luce s'egli confidi nel suo sapere, nella perspicacia della sua mente, nella sua prudenza, e nella sua molta esperienza: se egli si compiaccia della buona condotta che gli pare di tenere sopra il governo delle anime, se se ne vanti, se se ne glori; se non si guardi da una certa interna vanità e superbia di credersi idoneo a guidar anime di sublime virtù, e di comparire tale su gli occhi altrui; in una parola, se non proceda con umiltà, sperando ogni buon successo da Dio, e riconoscendolo come favore compartitogli dalla sua benefica mano: giacché è pur troppo vero, che “Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia.”(Gc.4,6). Il secondo motivo si è perché non vi è direttore sì esperto, che non abbia spesso bisogno di ricorrere per consiglio a persone dotte, a persone esperimentate, e se si possono avere, a persone dotate del dono della discrezione infusa; specialmente ne' casi dubbi, negli avvenimenti strani, e nella guida di coscienze straordinariamente intrigate, o di anime grandemente elevate. Ma s'egli non sarà umile, e fidandosi troppo della sua prudenza, non vorrà cercare gli altrui consigli, né soggettarsi all'altrui parere, prenderà 'g.avi abbagli con pregiudizio delle anime a lui soggette. Dice lo Spirito Santo: non ti appoggiare alla tua prudenza (Prov.3,5): perché, come dicono i savi, vera prudenza è, non sì fidare di sua prudenza: ma prender sempre da persone sagge consiglio, massime in cose di rilievo, quali sono sempre quelle che riguardano il bene spirituale delle anime. E di fatto invitando il S. Giobbe gli uomini alla sapienza, non vuole, che alcun di loro sia sapiente (Gb.17,10): cioè non vuole, come spiega S. Gregorio, che alcuno si reputi sapiente, che si appoggi con fiducia alla sua sapienza: in una parola, che sia sapiente appresso di sé (S. Greg. moral. 13. cap. 14). Ma se egli è Vero che quegli solamente è savio e prudente, che non si reputa tale e che non si fida di sé e di sua prudenza; converrà dire, che quegli solo sia prudente, il quale è umile, e però è facile a chieder consiglio a persone dotte o discrete ed a sottoporsi al loro giudizio. 

G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS 

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