Cristiani, atei ed ebrei
convertiti alla fede cattolica
MANUEL GARCíA MORENTE (1886-1942), grande filosofo spagnolo, ci racconta nella lettera che inviò al suo direttore spirituale monsignor José María García Lahiguera, nel settembre del 1940, l’avvenimento straordinario della sua conversione.
Egli era ateo, benché avesse ricevuto la sua prima comunione da bimbo. Ma i suoi studi di filosofia lo avevano allontanato da Dio e dalla religione. Quando cominciò la guerra civile spagnola, fuggì in Francia, perché lo cercavano per ucciderlo. Stava a Parigi, disperato perché non riusciva a trovare i mezzi umani per far sì che la sua famiglia giungesse a Parigi, per porsi in salvo come lui. In questo periodo, la notte tra il 29 ed il 30 aprile del 1937, ascoltò un brano musicale di Berlioz, intitolato L’infanzia di Gesù che gli diede una grande pace interiore. Racconta: Quando terminò (la musica) spensi la radio per non turbare lo stato di deliziosa pace nel quale questa musica mi aveva immerso. E nella mia mente iniziarono a sfilare immagini dell’infanzia di Nostro Signore Gesù Cristo. Continuai raffigurandomi altri periodi della vita del Signore... E a poco a poco divenne più grande nella mia anima l’immagine di Cristo, di Cristo uomo, inchiodato alla croce... Non c’è dubbio che questa specie di visione (interiore) fu il prodotto della fantasia attivata dalla dolce e penetrante musica di Berlioz. Ma ebbe un effetto fulminante nella mia anima. “Questo è Dio, questo è il vero Dio, Dio vivo; questa è la Provvidenza viva” - dissi a me stesso -. Questo è Dio, che capisce gli uomini, che vive con gli uomini, che soffre con loro, che li consola, che infonde loro coraggio e li porta alla salvezza. A lui posso domandare, perché so per certo che sa cosa significa chiedere e so per certo che Egli dà e darà sempre, posto che si è già dato interamente a noi uomini. A pregare, a pregare! E, messomi in ginocchio, cominciai a balbettare il Padrenostro, ma me l’ero dimenticato!
Rimasi in ginocchio per parecchio tempo, offrendomi mentalmente a Nostro Signore Gesù Cristo con parole che mi scaturivano bonariamente. Ricordai la mia infanzia, ricordai mia madre, che perdetti all’età di nove anni; mi raffigurai chiaramente la sua faccia, le gambe dove mi rannicchiavo, stando in ginocchio per pregare con lei e, lentamente, con pazienza, inizia a ricordare il Padrenostro... Allo stesso modo potei ricordare l’Avemaria.
Un’immensa pace si era impadronita della mia anima. è davvero straordinario e incomprensibile come una trasformazione tanto radicale possa verificarsi in così breve tempo... L’orologio alla parete suonò le dodici. La nottata era serena e tersa. Nel mio animo regnava una pace straordinaria. Mi sembrava di dover sorridere... pensai: “La prima cosa che faro domani sarà comprarmi un libro di preghiere e qualche manuale di dottrina cristiana. Imparando le preghiere, mi istruirò meglio che posso sulle verità dogmatiche, cercando di interiorizzarle con l’innocenza di un bambino... Comprerò anche un Vangelo e una vita di Gesù. Gesù, Gesù! Bontà! Misericordia! Una immagine bianca, un sorriso, un gesto d’amore, di perdono, di universale tenerezza. Gesù!” Credo che rimasi addormentato.
Mi misi in piedi, tutto tremante e aprii completamente la finestra. Una ventata di aria fresca mi schiaffeggiò il volto. Girai la faccia verso l’interno dell’appartamento e rimasi pietrificato. Lì c’era Lui. Non lo vedevo, non lo sentivo, non c’era altra luce se non quella prodotta da una lampada elettrica e da una o due piccole candele poste in un angolo. Non vedevo nulla, non ascoltavo nulla, non toccavo nulla. Non avvertivo la minima sensazione. Ma egli era lì. Io restavo immobile, irrigidito dall’emozione. Lo percepivo; percepivo la sua presenza con la stessa limpidezza con la quale percepisco il foglio di carta sul quale sto ora scrivendo e le lettere che vi sto tracciando. Però non avevo alcuna percezione né con la vista, né con l’udito, né col tatto, né con l’olfatto, né con il gusto. Senza dubbio lo percepivo lì presente, con totale chiarezza. Non poteva sfiorarmi il minimo dubbio su chi fosse Lui, posto che lo percepivo, anche senza sensazioni. Come era possibile questo? Non lo so. Ma so che Lui stava lì presente e che io, senza vedere, né udire, né odorare, né assaporare, né tastare nulla, lo percepivo con assoluta e indubitabile evidenza... Non so quanto tempo rimasi immobile e come ipnotizzato dinnanzi alla sua presenza. Io sapevo che non avrei avuto il coraggio di muovermi e che avrei desiderato che tutto questo - Egli lì - durasse eternamente, perché la sua presenza mi inondava di un tale e tanto intimo piacere che nulla è paragonabile al diletto sovrumano che sentivo... Era una forza intimamente dolce, impalpabile, incorporea che proveniva da lui e che mi avvolgeva e mi sollevava in aria come una madre che prende tra le braccia il proprio figlio... Come finì la sua presenza lì? Purtroppo non lo so. Finì. In un istante scomparve. Un millesimo di secondo prima si trovava ancora lì e io lo percepivo e mi sentivo inondato da questo piacere sovrumano di cui ho parlato. Un millesimo di secondo dopo egli non stava più lì, e non c’era più nessuno nella casa... La sua presenza dovette durare poco più di un’ora.
E fu tanto grande l’effetto che decise di dedicare tutta la sua vita al servizio di Dio. Fu ordinato sacerdote nel 1940 e morì a Madrid il 7 dicembre del 1942.
Padre ángel Peña
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