LIBRO DEL PROFETA GEREMIA
29Per lo strepito di cavalieri e di arcieri tutti gli abitanti del paese sono in fuga, entrano nelle grotte, si nascondono nella folta boscaglia e salgono sulle rupi. Ogni città è abbandonata, nessuno più vi abita.
Arriva l’esercito invasore e ognuno cerca una via di fuga. Grotte, boscaglia, rupi tutto è buono per nascondersi, per non incorrere nella morte.
Per lo strepito di cavalieri e di arcieri tutti gli abitanti del paese sono in fuga. Ognuno cerca di salvare la propria vita. Gli invasori creano spavento.
Per salvarsi entrano nelle grotte, si nascondono nella folta boscaglia e salgono sulle rupi. Ogni città è abbandonata, nessuno più vi abita.
Una verità che appare ed è evidente è questa: nessuno cerca il rifugio nel Signore. Il Signore è fuori della mente e del cuore. Dio non è Dio per essi.
30E tu, devastata, che cosa farai? Anche se ti vestissi di scarlatto, ti adornassi di fregi d’oro e ti facessi gli occhi grandi con il bistro, invano ti faresti bella. I tuoi amanti ti disprezzano; essi vogliono la tua vita.
È triste la condizione attuale di Gerusalemme. E tu, devastata, che cosa farai? Quale via di salvezza troverai? In chi potrai rifugiarti?
Anche se ti vestissi di scarlatto, ti adornassi di fregi d’oro e ti facessi gli occhi grandi con il bistro, invano ti faresti bella. Tutti i suoi sforzi sono inutili.
I tuoi amanti ti disprezzano. Essi vogliono la tua vita. Gli invasori non sanno cosa farsene di Gerusalemme. Essi vengono solo per distruggere e abbattere.
Solo il Signore è la salvezza del suo popolo. Tutti i ritrovati di peccato non servono alla salvezza. Il peccato non salva, uccide ancora di più.
31Sento un grido come di donna nei dolori, un urlo come di donna al primo parto; è il grido della figlia di Sion, che spasima e tende le mani: «Guai a me! La mia vita soccombe di fronte agli assassini».
È momento triste per Gerusalemme. Sento un grido come di donna nei dolori, un urlo come di donna al primo parto. Non un parto per la vita, ma per la morte.
È il grido della figlia di Sion, che spasima e tende le mani: Guai a me! La mia vita soccombe di fronte agli assassini. È un dolore, ma senza conversione.
È un dolore immanente non trascendente. Un dolore dinanzi alla morte, non per il peccato commesso contro il Signore. Il cuore resta nella sua idolatria.
Giuda piange per la sua distruzione, la sua morte. Non piange perché ha ucciso il suo Dio, lo ha rinnegato, gli ha dato la morte con la sua empia condotta.
A nulla sono servite le profezie. A nulla la distruzione e la morte. A nulla la barbarie dei suoi invasori. Gerusalemme non si converte. È chiusa in se stessa.
Il suo è un dolore senza alcuna apertura a Dio. Non è un pianto e un grido soprannaturale, frutto di una sofferenza grande perché Dio è stato offeso.
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