S. Teresa di Gesù Bambino (1873-1897)
"Se seguiamo con esattezza la relazione dei suo stati spirituali, noteremo che soltanto a partire dal 1894 ella comincia a nominare la presenza distinta delle tre Persone divine. Mentre fino allora aveva sperimentato la presenza di Gesù nella sua anima, adesso aggiunge: «Con lui vengono a prendere possesso delle nostre anime le altre due Persone della Santa Trinità». Una volta acquisita l'esperienza trinitaria, il suo frutto rimane, ed è così che, qualche mese prima di morire, Teresa compone questa preghiera "che racchiude tutti i suoi desideri": «Padre misericordioso, in nome del nostro dolce Gesù; io ti chiedo di infiammare la mia sorella del tuo Spirito d'Amore e di concederle la grazia di farti molto amare». E in una poesia aveva indicato in modo semplice, ma estremamente sentito, la condizione fondamentale dell'esperienza trinitaria: la presenza dell'amore.
Si noti pure che il suo atto di offerta all'amore misericordioso è diretto alla SS.ma Trinità; che nell'invocazione appassionata al Verbo con cui conclude le pagine scritte nel Settembre 1896 per sua sorella Maria, gli ricorda che Egli venne «a rubare tutte le anime per immergerle nel centro della SS.ma Trinità, eterno focolare di amore»; nel secondo blasone del suo stemma «il triangolo luminoso rappresenta la SS.ma Trinità che non cessa di effondere i suoi doni inestimabili sull'anima della piccola Teresa»... nella sua spiegazione simbolica del caleidoscopio «la SS.ma Trinità figurata dai tre specchi convergenti è quella che dà alle nostre azioni, anche più piccole, un riflesso ed una bellezza impareggiabili»".
"Che misterioso richiamo è quello dello Sposo! Noi non osavamo più rivolgere uno sguardo su noi stesse, tanto eravamo convinte di essere prive di ogni splendore e di ogni ornamento, e Gesù ci chiama. Egli vuole mirarci a suo agio, ma non è solo: insieme con lui le altre due Persone della Trinità santa vengono a prendere possesso della nostra anima... Gesù l'aveva promesso altra volta, quando stava per risalire al Padre suo e Padre nostro.
Diceva con ineffabile tenerezza: «Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l'amerà, e verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora».
Osservare la parola di Gesù, ecco l'unica condizione della nostra felicità, la prova del nostro amore per lui. Ma che cos'è mai questa parola?... Mi sembra che la parola di Gesù sia lui stesso, lui Gesù, il Verbo, la Parola di Dio!...
Quale felicità pensare che il buon Dio, la Trinità tutta intera ci guarda, è in noi, e si compiace a rimirarci. Ma che cosa vede nel nostro cuore, se non «cori di musica in un campo di battaglia?» (Cant., c. VII, v. 1)... Il nostro Dio, l'Ospite del nostro cuore, lo sa bene e per questo viene in noi con l'intenzione di trovare una tenda vuota, in mezzo al campo di battaglia della terra. Non chiede altro che questo e lui stesso è il musico divino che s'incarica del concerto. Ah! se udissimo questa ineffabile armonia, se una sola vibrazione giungesse alle nostre orecchie!...
«Noi non sappiamo chiedere nulla nel modo dovuto, ma lo Spirito domanda in noi con gemiti inesprimibili» (San Paolo). Non ci rimane dunque che dare la nostra anima, abbandonarla al nostro grande Iddio. Che importa allora se è senza doni che splendino al di fuori, quando dentro splende il Re dei re in tutta la sua gloria?...
Come dev'essere grande un'anima per contenere un Dio! E tuttavia l'anima del bambino di un giorno è per lui un paradiso di delizie. Che sarà allora delle nostre anime che hanno lottato, sofferto per rapire il cuore del loro Diletto? ..."
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