RIVELAZIONI DI DIO SUL DILUVIO “UNIVERSALE”
(GFD/3/134) 1. I potenti popoli stranieri però, costituiti dai figli generati dagli uomini scesi dall’altura con le belle donne della pianura, tennero consiglio nelle loro dodici nuove città, i nomi delle quali erano questi: Lim, Kira, Sab, Marat, Sincur, Pur, Nias, Firab, Pejel, Kasul, Munin e Tiral, ed in una assemblea generale tenutasi a Lim si discusse in questo modo:
2. «Fratelli, che si deve fare con la città di Hanoch, questa antica ingannatrice del genere umano? Perché tutti i vantaggi migliori della vita noi dobbiamo acquistarceli da essa a carissimo prezzo? Perché gli hanochiti sono i padroni, mentre noi siamo meno dei loro infimi servitori?! Eppure noi siamo figli dall’altura, quantunque qua e là ci siano figli generati dalle donne della pianura!
3. Fratelli, noi siamo dei giganti; i nostri muscoli hanno una tale forza che possiamo combattere con i leoni, le tigri, gli orsi e le iene, mente gli hanochiti possono combattere al massimo con le mosche!
4. Che succederebbe se noi ci riunissimo a migliaia e ci mettessimo in marcia contro Hanoch, e ci impadronissimo della città e di tutte le sue incalcolabili ricchezze?
5. Questo è certamente vero: questa città è circondata da una muraglia estremamente solida e con centosettanta porte a triplice chiusura, e sopra ciascuna porta c’è un gigante di ferro il cui aspetto è bensì terribile, ma infine si tratta di una cosa morta, prodotta dalle mani dell’uomo, e che da sé non può difendersi nemmeno da una mosca!
6. Sarebbe dunque tempo che noi ci unissimo e che andassimo contro Hanoch!».
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Dopo questa decisione, ebbe inizio una guerra che si protrasse per molti anni e che terminò con la costituzione di un nuovo governo aristocratico asiatico, con la fondazione di feudi e principati. Vediamo la descrizione tratta dal testo originale.
(GFD/3/137) (Continua il Signore:) 1. «L’aristocrazia andava così formandosi sempre più. I signori di Hanoch diventavano sempre più potenti e il loro regno si estendeva sempre più.
Essi istituirono nuove colonie(7), edificarono dappertutto nuove città e, ad eccezione del regno dei figli di Sihin, tutta l’Asia venne ben presto popolata.
2. Soltanto le alte regioni della montagna furono risparmiate dagli hanochiti; queste furono occupate dagli horadaliti, il popolo guerriero dei tempi di Lamec della pianura che noi già conosciamo, i quali presero possesso dei migliori pascoli delle montagne.
3. I signori di Hanoch fondarono con ciò feudi e principati a
centinaia.
4. Dove essi facevano costruire una nuova città al centro di una nuova colonia, la essi la concedevano subito in feudo ad un principe nominato da loro. Costui doveva versare annualmente un modesto tributo ad Hanoch, ma per il resto egli era padrone assoluto del suo paese e del suo popolo.
5. Un simile principe era per il popolo, nella maggior parte dei casi, il tutto nel tutto. Egli era reggente e arbitrario legislatore nel suo paese; egli era l’unico commerciante all’ingrosso nella sua città ed era l’unico produttore “in omnibus” (in tutte le cose) per il suo popolo, in modo che questo fosse obbligato a comperare tutto da lui.
6. Inoltre egli era contemporaneamente – senza il Mio Volere – anche il sacerdote del popolo che gli era sottomesso; la sua dottrina però faceva ben di rado cenno a Me, bensì non faceva che mettere in rilievo la sua dignità, e diceva che sacrificando a lui si sacrificava anche a Dio del Quale egli era il sostituto sulla Terra, e che dipendeva soltanto da lui se a qualcuno sarebbe stata o no concessa da Dio la vita eterna dell’anima dopo la morte del corpo.
7. Quando col tempo il popolo aumentò di numero ed il paese si estese, vennero bensì ordinati dei sottosacerdoti, ma a questi non era lecito predicare a nome proprio, bensì a nome del principe, perché in questo caso anche la minima parola arbitraria era reputata cosa condannabile da parte dello stesso principe, e il trasgressore doveva sottoporsi non di rado ad opere di penitenza crudeli e ridicole per liberarsi da un simile peccato mortale davanti al principe.
8. Queste opere di penitenza consistevano nel catturare serpenti, nell’uccidere un determinato numero di tigri, leoni, orsi, iene e simili altre specie; era però concesso al penitente di farsi accompagnare da dei compagni di penitenza che si fossero volontariamente prestati ad assisterlo.
9. Le piccole opere di penitenza, invece, consistevano in offerte; nel caso di mancanza di mezzi, però, le offerte diventavano bastonate.
10. Le donne avevano il più delle volte leggi molto più liberali e, nei casi di trasgressioni da parte loro, la penitenza consisteva in vergate sul nudo sedere.
11. Tuttavia, per quanto concerne la pena di morte, Hanoch si era riservata l’esclusivo diritto di applicarla, e questa consisteva nell’appendere il condannato per i piedi con una catena e fra due pilastri alti dieci klafter (19 m), e poi veniva fatto dondolare di qua e di là per una giornata intera, naturalmente con il corpo e il capo a penzoloni.
12. Se qualcuno, alla fine della giornata, avesse conservato in sé ancora qualche traccia di vita, allora non veniva più fatto dondolare oltre, ma veniva di nuovo reso libero. Se egli rinveniva, poteva andarsene per i fatti suoi; se invece moriva nel corso della notte, allora veniva seppellito la mattina seguente. Ma se moriva durante la giornata su quella enorme altalena, allora il suo cadavere veniva gettato in pasto agli animali feroci che già allora venivano tenuti custoditi in apposite gabbie. La morte avvenuta sull’altalena costituiva una prova che il condannato aveva certamente meritato la morte.
13. Coloro dunque che fossero stati trovati degni di morte, dovevano venire sempre mandati dai principi dei feudi ad Hanoch.
14. Non passarono però molti anni che ad Hanoch dovettero venire erette quasi un centinaio di simili altalene, e non c’era un giorno in cui rimanessero inattive.
15. Questo governo aristocratico durò in questo modo per un centinaio di anni e terminò con la morte del re della città di Hanoch, Uraniele, che aveva raggiunto circa l’età di trecento anni e che alla fine dovette morire nella massima miseria, ma tuttavia nella condizione della riacquistata Grazia di Dio che egli aveva interamente e assolutamente perso.
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