lunedì 6 aprile 2020

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY



Agricoltore e vignaiuolo (1799-1805). 

In questo tempo, mentre era a Dardilly l'abate Rey.  

«Mons. di Mérinville, incaricato di riorganizzare la Diocesi di Lione 21 in nome del Cardinal Fesch», nominò curato di Ecully un altro confessore della fede, l'abate Balley 22.  

Carlo Balley, il beniamino di una famiglia di sedici figli, era nato a Lione il 30 settembre 1751; un suo fratello di nome Stefano, giovane ancora si era fatto certosino, mentre egli con un altro fratello, di nome Giovanni Alessandro, entrava nell'ordine di Santa Genoveffa 23. Quando scoppiò la rivoluzione era: già parroco a Saint-Clément- de-Choue, nella diocesi di Blois, e cacciato di là, si rifugiò a Lione, ove' visse, ora in un piccolo appartamento ereditato dalla sua famiglia, ora nelle case più sicure, e sovente presso il Signor Loras; quivi fu il testimonio accorato dell'apostasia di Giovanni Alessandro 24. Il fratello  Stefano subì il martirio, col sorriso sulle labbra, il 14 gennaio del 1791 sul patibolo eretto sulla piazza dei Terreaux 25. Appena tre mesi più tardi pensò di unirsi a quei missionari che lavoravano a conservare la fede ad Ecully e nei dintorni col pericolo della propria vita. E quando nel 1803 gli fu affidata una parrocchia, volle seco la sorella Margherita, già religiosa dell'Annonciade-Céleste, maggiore di lui di diciotto anni.  

Uno dei primi pensieri dell'abate Balley, dopo di essersi stabilito ad Ecully, fu di trovare vocazioni sacerdotali e per meglio coltivarle fondò una scuola nel suo presbiterio. Il marito di Caterina Vianney, che era un buon cristiano, ne informò il giovane cognato, che del resto aveva già fatto conoscenza, coll'abate Balley, avendo assistito alla sua Messa durante l'epoca del Terrore.  

Il compito del nuovo pastore di Ecully era immenso ed opprimente. Doveva provvedere ai bisogni religiosi di una parrocchia importante, vicino a Lione, che era stata teatro di stragi durante la rivoluzione, ed egli stesso all'età di cinquantadue anni si sentiva indebolito dalle miserie di una vita errante e sempre in pericolo. Ma per dare degli eredi alle sue fatiche apostoliche si recava alla dimora del povero come a quella del ricco per cercare fanciulli e giovani, sui volti dei quali distinguesse il segno di Dio, e con questo apostolato raccolse ed ospitò nella sua casa un futuro gesuita, il giovane Deschamps, Mattia e Giacomo Loras, figli di quel pio uomo, morto sul patibolo, dal quale aveva ricevuto ospitalità nei giorni più tristi.  

Appena Giovanni Maria seppe che esisteva questa scuola presbiterale sentì il suo cuore aprirsi alla speranza: non sarebbe questa un'occasione favorevole per tentare un assalto definitivo presso il padre suo? La madre, che non aveva cessato di incoraggiare il figlio nella sua vocazione, volle essere la sua avvocata anche in questa occasione, spiegando a Matteo Vianney che non si trattava di mandare Giovanni Maria in un Seminario. 26, ma che resterebbe ad Ecully ove aveva ratto la sua prima Comunione, nella casa degli Humbert, senza causare spese gravose. Giovanni Maria andrebbe dall'abate Balley solo per le lezioni e prenderebbe i pasti presso la zia Margherita. Infine, il loro figlio voleva forse qualche cosa d'altro che la volontà di Dio? Matteo Vianney dovette acconsentire e conchiuse:  

- Poiché Giovanni Maria è assolutamente deciso, non lo si può trattenere più a lungo.  

A questa felice notizia il nostro giovane aspirante insistette presso sua madre perché si affrettasse ad avvisare l'abate Balley, e Maria Vianney, accompagnata da sua sorella: Margherita Humbert, si presentò al presbiterio di Ecully. L'abate Balley, di statura alta, magro, di profilo romano, era maestoso ed imponente. Le due donne, facendosi coraggio, dichiararono al ministro di Dio il perché della loro visita, la vocazione che si fece sentire nel giovane, la sua età, gli studi primari incompleti e interrotti da molto tempo, ma anche la sua crescente pietà e la condotta esemplare. L'abate Baliey ascoltava indeciso.  

- Sono così occupato, che non posso ricevere un allievo di più, - rispose.  

Ma le due donne insistendo ancora, egli conchiuse:  

- No, non posso, non posso!  

E tale fu la scoraggiante conclusione di questo primo incontro.  

Desolate, le due donne tornarono a casa per raccontare il fatto al marito di Caterina, che alle loro istanze acconsentì a perorare di nuovo una causa già troppo compromessa; ma l'abate Balley insisteva ancora nella negativa. Finalmente il signor Melin tentò un'ultima via:  

- Acconsentite almeno di vedere mio cognato; quando lo avrete visto lo accetterete, ne sono sicuro.  

- Ebbene, venga pure!...  

Così l'umile lavoratore dei campi e della vigna, accompagnato da sua madre, si presentò da colui che lo avrebbe introdotto nel «campo del padre di famiglia». L'austero abate Balley fissò i suoi occhi scrutatori su questo giovane diciannovenne, magro e pallido, raccolto e timido, gli rivolse delle domande e lo trovò istruito nella religione. Gli piacque sopra tutto il suo sorriso espressivo e confidente; seguì con uno sguardo di affettuosa bontà questo candidato al Sacerdozio disse:  

- Oh, questo, sì, l'accetto!  

Indi, rivolgendosi a Giovanni Maria, aggiunse:  

- State tranquillo, amico mio, se sarà necessario, mi saprò anche sacrificare per voi!   

Canonico FRANCESCO TROCHU

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