IL CULTO DELL'EUCARISTIA
O Signore, ho amato il decoro della tua Casa.
Salmo XXV, 8.
Un giorno una donna, una buona adoratrice, si appressò a Gesù per adorarlo. Seco recava un vaso d'alabastro pieno di prezioso unguento, che sparse sulla persona di Gesù,
per onorarne la divinità e la santa umanità e per attestargli il suo amore.
Perché, disse il traditore, non si è venduto per trecento denari quest'unguento per darne il prezzo ai poveri?
Ma Gesù difende la sua serva e dice: Perché inquietate voi questa donna? imperocché ella ha fatto una buona opera verso di me. Dovunque sarà predicato questo
Vangelo per il mondo, si narrerà ancora in sua ricordanza quel che ella ha fatto.
Ecco l'applicazione di questo tratto dell'Evangelo.
I. - Nostro Signore dimora nel SS. Sacramento per ricevere dagli uomini gli stessi omaggi che ricevette da coloro che ebbero la ventura di essergli vicini durante la sua vita mortale. Egli
è là affinché tutti possano rendere personalmente i loro omaggi alla sua Santa Umanità. Anche quando questa fosse la sola ragione dell'esistenza dell'Eucaristia, noi dovremmo essere beati
di poter rendere a Nostro Signore in persona i nostri omaggi di cristiani.
Per questa Presenza il culto pubblico ha la sua ragione di essere, ha una vita. Togliete la reale Presenza, e allora come renderete alla Santissima Umanità di Nostro Signore la venerazione,
gli onori che le sono dovuti?
Nostro Signore come uomo non è che in Cielo e nel SS. Sacramento. Soltanto per mezzo dell'Eucaristia noi possiamo quaggiù avvicinarci al Divin Redentore, proprio a Lui,
in persona, vederlo, parlargli; senza di essa il culto diviene astratto.
Per essa noi andiamo a Dio direttamente, ci avviciniamo a Lui come durante la sua vita mortale. Come saremmo infelici se dovessimo, per onorare l'Umanità di Gesù Cristo,
riferirci soltanto a ricordi di diciannove secoli fa! Questo può bastare nella cerchia del pensiero; ma come mai rendere un omaggio esterno ad un passato così lontano? Noi ci contenteremmo di ringraziare senza
prender parte ai misteri che onoriamo. Ma non è così; io posso recarmi ad adorare come i pastori, prostrarmi come i Magi. No, noi non abbiamo a rammaricarci di non essere stati a Betlemme o al Calvario.
II. - La presenza di Gesù non solamente è la vita del culto esterno, ma ci porge ancora l'occasione di fare l'elemosina a Nostro Signore. Sì, per questo rispetto
noi siamo più felici che i Santi del Paradiso, i quali ricevono da Nostro Signore, ma non possono più dargli nulla. E pure Gesù ha detto: E' maggior ventura il dare che il ricevere. Noi diamo a Gesù!
Noi gli diamo del nostro danaro, del nostro pane, del nostro tempo, dei nostri sudori, del nostro sangue. Non è questa la soddisfazione più grande?
Nostro Signore scende dal Cielo soltanto con la sua bontà; non possiede altro e attende dai suoi fedeli tutti i mezzi di cui abbisogna per la sua esistenza tra noi: la chiesa, la
materia per il Sacrificio, i vasi sacri, i lumi, quanto è necessario perché egli discenda fra noi e rimanga realmente presente nella SS. Eucaristia: noi gli diamo tutto!
Senza quei lumi, senza questo piccolo trono, Nostro Signore non può uscire dal Tabernacolo. Siamo noi che glieli diamo, tanto che gli possiamo dire: Sei pure sopra un bel trono,
Gesù! Ebbene siamo noi che te l'abbiamo elevato, noi che abbiamo aperta la porta della tua prigione, noi che abbiamo squarciata la nube che ti nascondeva, o Sole d'amore: vibra ora i tuoi raggi in tutti i cuori!
Così Gesù è nostro debitore. Certo egli può pagare i suoi debiti e li pagherà. Si è fatto garante per conto dei suoi membri poveri e sofferenti
e ci renderà il centuplo di quanto avremo fatto al più piccolo dei suoi fratelli. Ma se Gesù paga i debiti degli altri, a più forte ragione pagherà i propri. Che altrimenti nel giorno del
giudizio noi gli potremmo dire: Ti abbiamo visitato non soltanto nei tuoi poveri, ma Te stesso, la tua adorabile Persona, che cosa ci darai in cambio?
Il mondo non capirà mai queste cose. Date, date ai poveri, ma perché dare alle chiese? a che pro? E' roba sprecata tutta questa profusione sugli altari! E così
si diventa protestanti. Ma la Chiesa, la Chiesa vuole un culto vivente, perché essa possiede il suo Salvatore vivente sulla terra.
Oh noi felici che ci possiamo costituire una rendita eterna col dare a Nostro Signore! E ciò è poco?
III. - Ma bisogna dire di più: se dare a Gesù è una beata consolazione, è ancora per noi un vero bisogno. Sì, noi abbiamo bisogno di vedere, di sentire
Nostro Signore presso di noi e di onorarlo coi nostri doni.
Se per impossibile Nostro Signore non volesse da noi che omaggi interni, andrebbe contro un bisogno imperioso dell'uomo: noi non potremmo amare senza dimostrare il nostro amore con
prove esterne, con atti di amicizia, di affettuosa espansione. Per questo la misura della fede di un popolo l'avete senz'altro nella sua generosità verso le chiese. Se i lumi brillano, se i sacri lini sono puliti,
i paramenti convenienti e ben conservati, oh, là vi è fede, là!
Ma se Nostro Signore è privo di sacri paramenti, in una chiesa che sembra piuttosto una prigione, là si manca di fede.
Che miseria su questo punto in certi paesi! Si dà per tutte le opere di beneficenza, ma se domandate per il Santissimo Sacramento, non si sa quel che vogliate dire!
Per ornare l'altare di qualche santo, per un luogo di pellegrinaggio ove si operano delle guarigioni, via, si dà ancora: ma al Santissimo Sacramento? Ben poco.
Il Re sarà dunque dimenticato, mentre i servi sono riccamente vestiti? Ah! non si ha fede, la fede attiva, la fede che ama: non si ha che una fede di testa, una fede inoperosa. Quanti
protestanti in pratica, dal nome cattolici!
Nostro Signore è là: gli si domandano senza posa favori: la sanità, una buona morte; ed alla sua povertà non si fa l'onore del più piccolo regalo!
Ma allora chiudete la bocca: voi l'insultate!
Dice l'apostolo S. Giacomo: Se al fratello e alla sorella che mancano di vesti e del vitto quotidiano alcuno di voi dica: «Andate in pace, riscaldatevi e satollatevi», e
non si da loro il necessario al corpo, che gioverà? Così se la fede non ha le opere è morta. Voi vi ridete del povero? voi siete omicida!
Or bene, eccovi Gesù Cristo che non ha cosa alcuna e tutto attende da voi. Se gli dite: Io ti adoro, ti riconosco quale mio Re, ti ringrazio della tua Presenza nel SS. Sacramento,
- e se intanto non gli date nulla per l'onore del suo culto, voi l'insultate!
Quando un parroco è costretto a servirsi di paramenti sconvenienti, laceri, perché non né ha altri, è spesso colpa dei parrocchiani ed è un grave scandalo.
Tutti possono dare qualche cosa a Nostro Signore e l'esperienza attesta che per lo più non i grandi né i ricchi fanno gli onori del culto eucaristico, ma la massa del povero popolo.
Un giorno Nostro Signore osservava i Farisei che mettevano nel gazofilacio grosse somme e non si mostrava punto commosso. Ma ecco una povera donna vi depone due piccole monete che erano
quanto possedeva: Gesù l'ammira, il suo Cuore né è commosso e non può trattenersi dal dire ai suoi Apostoli che quella povera vedova aveva dato più di tutti gli altri, perché aveva
dato della sua sostanza.
Così pure chi si assoggetta ad una privazione per poter dare una candela, un fiore, da più di quelli che facilmente possono portare ricche offerte: Gesù non guarda
tanto alla quantità nei doni, ma al cuore che li offre. Date, date dunque a Nostro Signore! Consolatelo nel suo abbandono, soccorrete alla sua povertà.
IV. - Ma eccovi ancora di più.
Gesù è qui per nostro amore. Ebbene, quando si crede alla sua presenza e lo si ama, io non comprendo come non gli si doni qualche cosa.
Lasciate anche in disparte la questione dei meriti e delle grazie che ottenete con i vostri doni: non è un grandissimo onore quello di poter dare qualche cosa a Nostro Signore, di
poter onorare il Re?
Non tutti, si sa, sono ammessi a presentare i loro omaggi ad un re della terra: questo non si ottiene che a forza di protezione. E neppure a un amico di condizione superiore alla nostra
oseremmo presentare per la sua festa un mazzo di fiori, se non avessimo con lui molta familiarità. Ebbene Gesù è Re, essendo quegli stesso che fa i re, e tuttavia deroga all'etichetta dei re della
terra, permette che gli presentiamo continuamente i nostri omaggi, li aspetta!
Ah, quanto onore per noi! Profittiamone: non abbiamo che il tempo di questa vita per dare. Se quaggiù Iddio si degna ricevere dalle vostre mani, ah! possiate avere spesso la consolazione
di dire: Ho dato a Nostro Signore!
In cambio, Egli si darà a voi.
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