INIZIATIVE DI BENE
Venuto su dal piccolo popolo che vive faticosamente la vita, nessuna meraviglia che Don Sarto a Tombolo fosse popolarissimo.
Tutto ardore per il bene delle anime, quanto accorto per indole e per educazione, di quando in quando, si metteva in mezzo ai piccoli crocchi di uomini già maturi e di giovanotti, conversando affabilmente con loro, e, mentre si interessava dei loro ragionamenti ed ascoltava ora l'uno ed ora l'altro, studiava le loro tendenze, notava le loro aspirazioni e veniva a conoscere i loro bisogni.
Una sera alcuni, discorrendo, si lamentavano di non sapere leggere, né scrivere.
— Mettiamo su una scuola serale! — propose Don Giuseppe, il quale andava studiando come togliere il rivoltante vizio della bestemmia che a Tombolo aveva assunto deplorevoli proporzioni.
— Magari! — esclamarono tutti ad una voce.
— Ma come fare se alcuni di noi sanno già qualche cosa ed altri non sanno nulla? — obbiettò un giovanotto.
— Niente paura! Quelli che sanno qualche cosa li affideremo al maestro comunale e quelli che non sanno niente li prenderò io, perché l'alfabeto è più duro e faticoso — rispose il Cappellano.
— E che cosa le daremo in compenso? — domandò uno.
— Niente danaro, ma una cosa più importante: che smettiate di profanare con la bestemmia il nome santo di Dio! — conchiuse, con un accento di forza, Don Sarto.
Tutti promisero, suggellando il patto con una vigorosa stretta di mano. (90) Ma quegli uomini e quei giovanotti avevano capito una cosa: avevano capito che il loro Cappellano con quella scuola serale voleva che mutassero linguaggio, che smettessero l'orrendo vizio della bestemmia. Già lo avevano veduto più volte infiammarsi di santissimo sdegno contro i profanatori del nome santo di Dio e qualcuno ricordava anche di avere esperimentato le severe sanzioni delle sue mani che egli, senza mai cedere nel cuore al più piccolo movimento di passione, sapeva qualche volta usare per correggere i bestemmiatori: una misura punitiva allora normalmente ammessa e talora commendata, perché quanto efficace altrettanto educativa (91).
***
Don Sarto era proprio fatto per i Tombolani. Se essi erano gente sveglia ed accorta, non meno sveglio ed accorto era il loro Cappellano.
A Tombolo vi era una riprovevole abitudine: la gente, appena data la Benedizione Eucaristica, sfollava a precipizio dalla chiesa senza aspettare che il sacerdote avesse riposto il SS.mo Sacramento nel Tabernacolo.
Il Parroco non era mai riuscito a togliere questa irriverenza. Le sue raccomandazioni, i suoi consigli ed anche i suoi rimproveri si perdevano sempre come voci nel deserto.
Un giorno, mentre si lamentava di questo abuso, Don Giuseppe lo tranquillizzò, dicendogli:
— Oh! niente, niente, Pievano! ... Lasci fare a me e vedrà che tutto sarà messo a posto.
Il nostro Beato, fino dai primi giorni del suo arrivo a Tombolo, aveva osservato che il popolo aveva una grande devozione ad una statua della Madonna che si venerava in chiesa: una devozione che confinava quasi con la superstizione, perché non si poteva alzare il velo che la copriva se non si fossero prima accese quattro candele, e, quando era scoperta, tutti stavano in ginocchio. Nessuno si sarebbe azzardato di stare in piedi: sarebbe stata una profanazione!
* * *
Una Domenica, Don Giuseppe fece accendere le candele dell'altare della Madonna.
Il Parroco aveva appena data la Benedizione con il SS.mo Sacramento e già la gente, come il solito — per forza di abitudine — era già in piedi pronta per uscire di chiesa.
Ma ad un tratto Don Sarto tirò su il velo che copriva la Madonna. Tutti si fermarono di botto, ritornarono a mettersi in ginocchio e non si mossero se non quando Don Costantini ebbe riposto nel Tabernacolo il SS.mo Sacramento.
Ripetuta la cosa un'altra volta e spiegata ed avvalorata dalla calda parola di Don Giuseppe, l'inveterato abuso tu tolto per sempre. (92)
IL “CAPPELLANO DEI CAPPELLANI”
I Cappellani delle Parrocchie vicine, conoscendo l'attività di Don Sarto che a loro sembrava addirittura prodigiosa, lo chiamavano il “Cappellano dei Cappellani”, divertendosi, di quando in quando, a ridere ed a scherzare sopra questo nomignolo che gli avevano affibbiato (93).
Anche Don Sarto, di carattere franco e gioviale, rideva e scherzava volentieri con loro.
Ma un giorno, in cui questi Cappellani si erano abbandonati più del solito allo scherzo ed alla facezia, Don Sarto, mettendo il pugno della mano destra nel cavo della sinistra, disse:
— Cappellani, qui una volta o l'altra dovete venire!
— Che superbia!... Ma noi diventeremo presto Pievani! — interruppe il Cappellano di Galliera che era il più allegro di tutti.
— Ma qui devono venire anche i Pievani! — riprese Don Giuseppe, ripetendo il suo gesto.
— Ma sì.... anche i Vescovi vedremo sotto di te! — soggiunsero in coro, quasi canzonando, i Cappellani.
— Anche i Vescovi sotto il “Cappellanus de Cappellanis!” — conchiuse Don Sarto, tra il serio ed il faceto.
E giù tutti a ridere ancor più giocondamente (94).
Presagio? Vaticinio? ...
Non lo sappiamo. Sappiamo solo che circa 40 anni dopo l'umile Cappellano di Tombolo saliva la Cattedra di Pietro per reggere il primo scettro del mondo!
Il Beato Pio X, del Padre Girolamo DAL GAL Ofm c.
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