giovedì 11 marzo 2021

Regina della Famiglia

 


Apparizioni a Ghiaie 


Il pensiero di due Papi e di alcuni vescovi 

Pio XII, nel giugno 1949, un anno dopo la pubblicazione  dell'atto vescovile del non consta, ha ricevuto in udienza privata la bambina Adelaide Roncalli, che gli ha comunicato il  segreto datole dalla Vergine Maria nel maggio 1944, e a lui  riservato. Con questo gesto, il grande pontefice, manifestò chiaramente di credere nell'autenticità delle apparizioni di Ghiaie. 

Papa Giovanni XXIII, nella lettera inviata a monsignor  Giuseppe Battaglia, suo amico, mostrava non solo di credere  alle apparizioni, ma indicava anche l'iter che si doveva seguire,  perché la pratica per il riconoscimento delle apparizioni, potesse  giungere sul suo tavolo ed ottenere la sua approvazione. 

Monsignor Adriano Bernareggi, vescovo di Bergamo,  non si può dire un oppositore delle apparizioni. Una fotografia  del 27 luglio 1944, lo mostra pellegrino al luogo delle apparizioni, assieme al fratello Domenico, vescovo ausiliare di Milano,  e a sacerdoti e fedeli di Ghiaie. Inoltre non si deve dimenticare  che la costruzione della cappella nel luogo delle apparizioni e  l'acquisto di un vasto appezzamento di terreno circostante, nella  previsione della costruzione di un santuario, furono da lui voluti. 

Il cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano,  la cui vita santa è nota a tutti, credette alle apparizioni, ed espresse più volte la sua convinzione parlando ai fedeli della  sua diocesi. 

Monsignor Giuseppe Battaglia, di Brembate Sopra (Bergamo), grande vescovo di Faenza, ha sempre affermato l'autenticità delle apparizioni di Ghiaie, come appare dai documenti che  ho già riportato e dalla seguente lettera mandata al pittore  Giovan Battista Galizzi, che gli aveva inviato l'articolo di padre  Cipriano Casella S.J. Mons. Giuseppe Battaglia, il 6 febbraio  1952 scriveva: "Preg.mo sig. prof. ho letto e riletto l'articolo di  Padre Casella, e la sua relazione, a riguardo dei fatti di Bonate,  che lei gentilmente mi ha mandato. La ringrazio di cuore. 

Per me, accetto in pieno la conclusione di padre Casella:  obbedienti sì, stupidi no. Non riesco a concepire che una bambina di 7 anni possa aver giocato una commedia del genere. E  poi i fatti prodigiosi non li nega neppure il responso dell'autorità  ecclesiastica. La sincerità della bambina, come appare dalla sua  relazione, non può essere messa in dubbio, anche se dopo ha  negato: allora era certamente sincera, dopo si è influenzata la sua  psiche. 

Io penso che gli uomini non si sono mostrati degni di questa meravigliosa apparizione, e la Madonna ha permesso che si  chiudesse, per ora, una nuova fonte di grazie per l'umanità; ma  spero che Essa, sempre buona e misericordiosa, non badando alle  nostre miserie, vorrà di nuovo riaprirla, per il conforto di tutti e  per la sua stessa gloria...F.to + Giuseppe Battaglia vescovo". 

Monsignor Battaglia, in un'altra lettera inviata al pittore  Galizzi, il 5 maggio 1954, scriveva: "Preg.mo sig. professore,  voglia scusare il ritardo con cui rispondo alla sua gentile lettera.  Ho ricevuto e letto con piacere gli articoli riguardanti i fatti delle  Ghiaie di Bonate, e li ho trovati molto ben fatti, sereni e obiettivi, e anche opportuni. Forse avrei omesso l'accenno  al testamento di Mons. Bernareggi, che potrebbe, forse,  provocare una smentita a meno che si sia sicuri della cosa, da  non temere smentita. E la circostanza sarebbe oltremodo  significativa. 

Ho fatto leggere detti articoli anche a S. E. Mons. Zaffonato Vescovo di Vittorio Veneto, che sta predicando la novena  della B. V. delle Grazie a Faenza, e li ha trovati interessantissimi. 

In confidenza, Le dirò che in occasione di S. Giuseppe,  scrivendo gli auguri a Mons. Vescovo di Bergamo (Giuseppe  Piazzi, n.d.r.) — che non ho mai visto — gli espressi il voto che  "l'Anno Mariano segnasse la revisione del processo delle Ghiaie,  che non mi era sembrato scevro di zone d'ombra e di  contraddizione"; ma su questo punto non mi ha risposto nulla. 

Scriverò a don Piccardi che si faccia coraggio: se la  Madonna deve trionfare, ciò avverrà solo a prezzo di sacrifici e  di vittime; ... 

Voglia gradire colla sua Gentile Signora i miei ossequi e la mia benedizione. 

Faenza, 5 maggio 1954. F.to + Giuseppe Battaglia. 

Monsignor Giuseppe Battaglia, nella lettera inviata a don Giuseppe Piccardi, il 21 maggio 1955, scriveva: 

"Carissimo d. Giuseppe, ho ricevuto l'opuscolo che mi hai  spedito riguardante i fatti delle Ghiaie di Bonate e l'ho letto  quasi tutto d'un fiato e con profonda commozione. 

È una documentazione schiacciante che, nello stabilire la  realtà dei fatti, si è seguita la tesi preconcetta di escludere il  soprannaturale. E da questa documentazione qualcuno esce così  malconcio, che dovrebbe avere vergogna a mostrasi in pubblico. 

Il trattamento usato ad una bimba di sei (sette, n.d.r.) anni  è semplicemente vergognoso e mi ha strappato lacrime di dolore. 

E mi pare grave — pur ammettendo la buona fede — l'af-  fronto usato alla Madonna, che intendeva aprire una nuova fonte di grazia e misericordia in terra bergamasca. E i fatti prodigiosi  lo dicevano ben chiaro. 

Io penso che bisogna riparare — sempre per vie legittime 

— l'offesa fatta alla Madonna. Ne scrissi, in occasione dell'Anno  Mariano, a S.E. Mons. Piazzi, facendo notare che la sentenza di  Mons. Bernareggi, che non escludeva i miracoli avvenuti come  premio della fede dei fedeli, era contraddittoria. Purtroppo, la  risposta non fu favorevole. 

I tempi non sono ancora maturi? Bisogna pregare, pregare,  pregare, perché la Madonna, la buona mamma, dimentichi tanti  errori commessi, speriamo in buona fede, e continui le sue  materne misericordie a Bonate. 

Intanto non si potrebbero raccogliere molte firme e di  sacerdoti e di laici e umiliare una supplica al Vescovo o al  Metropolita, per la revisione del processo? Il quale però, dato  l'ambiente arroventato, non dovrebbe tenersi a Bergamo, ma a  Milano o altrove, magari a Roma. Io pure firmerei volentieri  l'eventuale petizione. Pensaci! 

 

L'opuscolo che mi hai mandato sarebbe riuscito anche più  efficace se avesse evitato certe durezze di giudizio contro le persone: bastavano i fatti. Ma comprendo che non tutti i temperamenti sono come quello di Silvio Pellico e che anche il Signore  ha preso i flagelli... 

Ricordami al Signore e alla Madonna, sicuro di averne il contraccambio. 

Continua la tua azione per il trionfo della Madonna di  Bonate, ma con serenità di spirito e con umiltà, e soprattutto con  purezza d'intenzione. 

Ti saluto e benedico di cuore. 

Faenza, 21 maggio 1955. F.to + Giuseppe Battaglia". 

Mons. Egidio Bignamini, arcivescovo di Ancona, a don  Giuseppe Piccardi che gli aveva inviato il libro scritto da Dome- nico Argentieri sulle apparizioni, il 19 maggio 1955, rispondeva: 

"Carissimo Don Piccardi, ho ricevuto e letto con grande piacere il volumetto inviatomi. 

Dunque non è chiusa la faccenda di Bonate...mi scriva chi  è questo Argentieri che ha saputo così limpidamente e logicamente esporre i fatti delle contrastate apparizioni. 

Preghiamo perché la Madonna affretti il suo trionfo...  Vorrei vederlo anch'io e ritornare ad inginocchiarmi su quella  terra bergamasca benedetta. 

L'aspetto con vivo desiderio in Ancona per la S. Missione. 

Preghi per me: La benedico di cuore. 

Ancona, 19 maggio 1955. F.to + Egidio Bignamini. 

 

Devo aggiungere che la lettera di monsignor Giuseppe  Battaglia, per la revisione del processo sui fatti di Ghiaie, fu  inviata al Papa Giovanni XXIII, anche a nome di monsignor  Egidio Bignamini e del bergamasco monsignor Tarcisio Benedetti, vescovo di Lodi, come si può leggere nel libro curato da  monsignor Loris Capovilla, Giovanni XXIII - Lettere 19581963,  pp. 216-217, edito nel 1978. 

 

Monsignor Giuseppe Obert, nato a Lignod di Ayas  (Aosta) nel 1890, entrato nel Pontificio Istituto Missioni Estere  di Milano nel 1912, partì per il Bengala (India) nel 1919. Fu  vescovo di Dinajpur (Bangladesch) dal 1948 al 1968; morì a  Milano nel 1972. 

Padre G. Obert, nel 1935, fu richiamato in Italia per fare da  direttore spirituale agli alunni di teologia del P.I.M.E. di Milano.  Più tardi divenne rettore della chiesa di S. Francesco Saverio di  Milano. 

Padre Giuseppe Cavagna, missionario del P.I.M.E. a Dinajpur (Bangladesch), dal 1933, di lui scrive: 

"Quando era rettore della chiesa di S. Francesco Saverio, la gente lo cercava ad ogni ora, indicandolo a modo suo: "Quel padre che aiuta i disoccupati; quello che converte gli ebrei; che  soccorre i poveri; quello che fa guarire dal cancro". Dicevano  anche: "Quello che guida i pellegrini a Bonate". 

Infatti, nel 1944, a Ghiaie di Bonate, era apparsa la  Madonna alla piccola Adelaide Roncalli. Nonostante la guerra in  corso e la censura severissima degli Alleati, la notizia giunse  anche nel campo di concentramento, dove ci trovavamo noi  missionari italiani, e si parlava di una apparizione straordinaria,  profetica... tutti eravamo stanchi della guerra e della prigionia... 

Padre Obert era convinto che le apparizioni fossero  soprannaturali e che Adelaide fosse una bimba sincera e semplice. Per questa sua convinzione guidava i pellegrini a Ghiaie. 

Delle apparizioni di Ghiaie parlava spesso e difendeva  Adelaide che egli conosceva e l'aveva fatta accettare, lontana da  ogni pressione, presso la signorina E. Galli di Milano, che abitava non lontano dalla sede del nostro Istituto... 

Da vescovo, un giorno, mentre visitava un grosso villaggio  di Beneedwar, egli raccontava con grande stima i fatti di Ghiaie.  Allora mi permisi di dirgli: "Monsignore, non sarebbe meglio che  la Madonna invece che a Ghiaie di Bonate o in Europa tra i  cristiani, apparisse qui in missione a consolidare la fede dei  nostri neofiti e per attirare i pagani alla nostra s. religione"? Si  soffermò un momento e rispose: "per questi paesi non è ancora  giunta l'ora. Tanto i cristiani, come i pagani finirebbero per  pensare ai "bonga" (spiriti). Lasciamo fare alla Madonna". (v.  ciclostilato interno per il P.I.M.E. del Bangladesch, 1987). 

Padre Giuseppe Cavagna scrive ancora: 

"Monsignor Obert era da molti chiamato il "vescovo  santo", e lo era davvero. Nei primi tempi della mia vita missionaria, quanta impressione mi faceva vedere in chiesa, con la  piccola lanterna, alle prime ore del giorno, padre Obert inginocchiato che pregava... 

I missionari delle diocesi vicine ci dicevano: "Fate come  fa il vostro vescovo, pregate tanto; egli è una persona di Dio;  vive di Dio..." 

Quanto amava il Bangladesch...Si faceva tutto a tutti, come dice S. Paolo" (v. Il vincolo, n. 104, p.74). 

Alle parole di padre Cavagna, che ci presentano monsignor Giuseppe Obert, come una straordinaria figura di sacerdote  e vescovo missionario, aggiungo che nel 1949, come ho già  scritto, egli accompagnò Adelaide dal Papa Pio XII, perché gli  rivelasse il segreto, che la Vergine le aveva confidato. 

 

Monsignor Giuseppe Maritano del P.I.M.E., vescovo  emerito di Macapà (Brasile), allora cappellano di un lebbrosario  nell'Amazzonia, nella lettera inviata il 19 agosto 1988, a padre  Mauro Mezzalonna, in parte già riportata, scrive: 

"Non so come ringraziarti del bellissimo regalo che mi hai  fatto inviandomi il libro delle apparizioni di Ghiaie di Bonate.  Quanti ricordi, mio Dio! Non ti so dire che cosa il libro ha prodotto in me; so che mi sento mezzo turbato e pieno di gioia allo  stesso tempo, senza sapere dire perché. Ti mando queste foto che  ho fatto io stesso a Ghiaie anche nel giorno della prima  comunione della Adelaide, e ti racconto qualche episodio capitatomi a Ghiaie. Cose che a me servono per ricordare dei giorni e  delle ore in cui mi pareva di essere vicino assai a qualche cosa di  soprannaturale che si faceva toccare con mano. Era come se si  spaccasse il cielo e lasciasse sentire qualcosa di Paradiso nella  fanghiglia del mondo. 

Quel giorno, accanto a me, sul balcone della casa di Adelaide, c'era un fratello del P.I.M.E., non ricordo chi era. Tutti  avevano una voglia matta di fare domande alla bambina. Anch'io  ne feci una; più che la domanda mi rimase impressa la risposta  che la piccola mi diede. Io le domandai se la Madonna era più  contenta quando c'era poca gente o quando ce n'era molta. 

Adelaide mi guardò in faccia come stupita, e mi rispose  candidamente: "So mia me" (lo so mica io!). Quel "so mia me",  mi è rimasto così impresso come segno della semplicità e sincerità schietta di Adelaide, che non avrebbe mai inventato e detto  quello che non sapeva... 

Ho letto nel libro la guarigione della signora Villa. Sono  convinto di essere stato presente quel giorno. Non so se si chiamava Villa, ma so che il caso visto da me, corrisponde esattamente a quello descritto nel libro. 

Voglio raccontarti un particolare soltanto a me noto, perché il fatto capitò a me. Non ricordo bene il giorno...forse non  era neanche più il tempo delle apparizioni... ricordo soltanto che  la folla era enorme. Lassù sul balcone c'era un prete che diceva di  essere della Curia di Bergamo e invitava la gente a non  esagerare, perché di miracoli non ce n'erano stati. E citava  esattamente il caso della signora guarita, si diceva allora, di  spondilite, la quale in un momento di entusiasmo aveva buttato  via il busto, ma poi aveva dovuto rimetterlo e continuava ad  essere malata. Io ero sul balcone, e scesi pensieroso. Svoltando  l'angolo della casa incontrai un barroccio che stava arrivando.  Chi teneva le redini del cavallo era la signora di cui il prete  aveva appena detto che era ancora malata. Le domandai come  stesse. Mi rispose che stava benissimo ed era venuta a ringraziare  la Madonna. Disse che aveva ripreso a lavorare nella filanda e  stava benissimo...Sarei davvero felice se potessi vedere o almeno  scrivere a qualcuno della famiglia di quella signora. Se ti è  possibile entrare in contatto con qualcuno di loro, dì che un  vecchio vescovo missionario ora cappellano di un lebbrosario  nell'Amazzonia, parla spesso della signora guarita dalla  Madonna, a Ghiaie di Bonate... 

Con monsignor Obert e con padre Lozza si parlava tanto  della Madonna di Bonate...Insomma il libro mi ha fatto (e mi fa)  rivivere un periodo che era rimasto assopito, ma pur sempre vivo  nel mio cuore. Ringrazia per me l'autore, e digli che preghi per me la Santa Madonna. Se lui può parlare con la signora  Adelaide, le chieda preghiere per me e per la mia gente. Noi qui  di casa formiamo una famiglia, basata non sulla carne e sul sangue, ma sulla fede. Cominciamo la giornata in chiesa pregando  per tutti coloro che si raccomandano alle nostre preghiere e per  quelli che ci fanno del male o ci vogliono male, oltre che per i  nostri amici e benefattori, è chiaro. Concludiamo sempre la  nostra preghiera dicendo alla Madonna: "Maria, figlia prediletta  di Dio Padre, Mamma del Signore Gesù, Sposa e capolavoro  dello Spirito Santo, prega con noi e intercedi per noi. La nostra  povera preghiera la affidiamo al tuo cuore di Mamma e la mettiamo nelle tue mani. Confidiamo in te Maria". E poi diciamo il  Rosario. Se Adelaide vuole unirsi a noi nella preghiera così, noi  la mettiamo tra le persone per cui e con cui preghiamo ogni  mattina. Sarei tanto lieto se fosse possibile chiederle di parlare  anche di me e di noi alla Santa Madonna. 

In Cristo e Maria. F.to + Dom Giuseppe Maritano". 

È un'altra straordinaria testimonianza che si aggiunge alle altre. 

A proposito della guarigione ricordata, a parte i vuoti di  memoria, sul nome dell'ammalata e il giorno in cui fu guarita,  spiegabili a distanza di molti anni, il fatto resta ed è molto significativo. Forse non era la signora Villa, la guarita che vide monsignor Maritano; del resto, non fu la sola affetta dal morbo di  Pott, ad essere guarita a Ghiaie. 

Balzano agli occhi il tentativo, e non è il solo, di chi minimizza o nega il fatto straordinario, e la pronta smentita dell'interessata. 

La verità vince sempre. 

Il cardinale Giuseppe Siri, già arcivescovo di Genova,  ora defunto, una delle figure più eminenti e prestigiose della  Chiesa cattolica del secolo appena passato, a chi gli aveva  inviato una lettera, accompagnata da un libretto sulle apparizioni,  il 9 maggio 1980, rispondeva: 

"Egregio Signore, ho ricevuto la Sua lettera e il libretto accluso. L'ho letto con gioia. 

Ella mi chiede di presentarlo al Papa. Non posso fare questo perché io non ho autorità o giurisdizione su quanto entra in  causa e mi sentirei dire soltanto: "lei che c'entra?". Guasterei-. So  che cosa pensare, ma la responsabilità della carica ecclesiastica,  mi inibisce di interloquire in modo assoluto. Io devo rispettare in  tutto le decisioni prese dalla legittima Autorità ecclesiastica di  Bergamo. 

Si ricordi che lo stesso Papa Giovanni XXIII in merito ha  risposto: "...La cosa deve muoversi dal basso. Muovetevi voi,  bergamaschi !". 

Mi duole risponderle così, ma Ella capirà che non posso assolutamente fare diverso. 

Dio la benedica! F.to + Giuseppe Card. Siri". 

E si potrebbe continuare a riportare il giudizio positivo di altri vescovi, sulle apparizioni di Ghiaie. 

Severino Bortolan

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