martedì 2 agosto 2022

Il buon samaritano delle vittime del demonio

 


Ragazzi da sostenere e aiutare 

Vedo la storia raccontata da P. Amorth (p. 119) come il  migliore commento e testimonianza di queste pagine. Un sedicenne, ragazzo felice, allegro, spigliato finché abitava nella  sua cittadina marittima. Gustava il mare, la campagna, l’alba,  la natura che gli stava attorno e lo tenevano lontano da proposte che stuzzicavano la sua fantasia. 

A 16 anni si trasferisce a Roma, comincia a frequentare  quanto lo attira nella grande città, tutte le situazioni estremiste  che nel paese non conosceva e lascia la Chiesa e la pratica della fede. In breve tempo scende molto in basso: conosce drogati, barboni, ladri, ragazze facili e cose simili; tutte esperienze  nuove.  

Con una certa fretta entra in un nuovo mondo, in una nuova dimensione artificiosa e nauseante: gli toglie la pace che  prima viveva. Gli sembra che il padre sia molto oppressivo  perché lo controlla e rimane disgustato del suo comportamento. Non riuscendo più a sopportare i richiami, lascia la famiglia per andare a vivere sulla strada.  

Conosce la fame, il freddo, il sonno, la cattiveria degli uomini. Frequenta donne leggere e uomini pesanti. Gli sorge una  domanda: “Perché vivo? Perché mi trovo sulla strada? Perché  io sono così e gli altri hanno la forza di lavorare e sorridere?”.   Frequenta una ragazza che ritiene il male più forte del bene: parla di streghe, di maghi, di scrittura. La ritiene molto intelligente per scrivere tutte quelle cose sul mondo. Legge i  suoi quaderni, rimane colpito da tutto il male che narra, e le  chiede di bruciarli tutti davanti a lui. Da quel momento la ragazza passa dall’amore al grande odio: non riesce a comprendere il motivo. Cerca di aiutarla ad uscire dal legame con il  demonio senza riuscirci. 

Il giovane ritorna in famiglia e si mette con un'altra ragazza che scopre molto peggiore della prima. Per qualche anno vive nella tristezza, perseguitato dalla sfortuna, non riesce  più a sorridere. Impara a piangere e molto: è disperato. Si  domanda: “Perché vivo? Chi sono io? Che fa l’uomo sulla  terra? Si vede solo e in un momento di disperazione grida:  “Dio mio, sono finito! Eccomi davanti a Te: aiuto!”. Gli sembra di essere ascoltato. Dopo qualche giorno la ragazza entra  in una chiesa e in brevissimo spazio di tempo si converte.  Per non essere da meno anche lui entra in una chiesa.  Stanno per ordinare la processione della Madonna di Lourdes. Lo chiamano a portare l’immagine. Vince la vergogna e  accetta. Riesce a fare una buona confessione e uscendo di  chiesa si sente felice perché è riuscito a farcela, a tornare al  bene.  

Sente parlare delle apparizioni di Medjugorje e insieme con la ragazza parte. Colpiti da un segno straordinario rientrano completamente nella Chiesa, cambiano vita e la ragazza si fa Suora. Il giovane sta pensando al sacerdozio con grande gioia perché ha trovato un motivo valido per vivere. Ma “qualcuno” non è contento di tutto questo.  

Avverte in se stesso una situazione nuova, una oppressione e dopo qualche anno torna a Medjugorje. Comincia a soffrire come non mai, ha la febbre, non riesce più a mangiare, viene imboccato. Sente in sé una realtà diversa e lui come estraneo al suo corpo. Prova una disperazione fortissima  perché dinanzi a lui tutto è buio. Non vede più una possibilità  di vita e di speranza. Si sente come ucciso da un coltello invisibile e chi preme questo coltello lo odia e vuole la sua morte.  Si sente impazzire e da alcuni mesi vogliono portarlo in  manicomio: non comprende più quello che dice e ormai vive  in un’altra dimensione. Per molti mesi vive come fuori dal  mondo e gli altri non lo capiscono più. Dimentica Dio perché  qualcosa gli dice no a Dio, al bene, alla vita. 

Tenta invano di farsi ricoverare in un ospedale. Arriva fino  a 300 chilometri di distanza per fare esami su esami: nessuno  si spiega la febbre e la faccia gonfia e cadaverica che ha. Vomita più volte, entra in una crisi fortissima, si viene a trovare  in posti della città che non conosce, le gambe camminano da  sole senza la guida della testa.  

La sofferenza arriva alle stelle e grida e invoca la Madonna: “Mamma, mamma, abbia pietà. Madre, Ti supplico! Madre  mia, una grazia per me che muoio”. I dolori continuano, non  ha più le forze per reggersi. Riesce ad avvicinarsi ad una cabina telefonica, a chiamare l’unico amico rimasto per essere riportato a Roma. Prima di arrivare a casa ha la sensazione di  essere stato a vedere l’inferno. 

Il giorno della Madonna del Buon Consiglio un frate gli  suggerisce di telefonare ad un carismatico, che operava in obbedienza al Vescovo. Costui gli dice: “Ti hanno fatto una fattura a morte per colpire la mente e il cuore e otto mesi fa hai  mangiato un frutto maleficato”.  

Subito sorride perché incredulo. Gli torna alla mente il  pensiero del carismatico ed esclama: “È vero! Non volevo  mangiarlo per una istintiva repulsione alla persona che me lo  offriva”. Allora ascolta il consiglio del carismatico, cerca un  esorcista e inizia le benedizioni.  

Dopo tante risate di preti e Vescovi approda da Amorth.  Inizia una esperienza del tutto nuova. Sente nel suo animo la  voglia di cantare, gioire, di sorridere che esprime nelle parole: “Che bello, è finita”! Quello che aveva provato lo trova  tutto vero a causa della rabbia di qualcuno che lo odiava per  fargli tutto quel male. Con le benedizioni spariscono una ad  una tutte le malattie e sofferenze di cui era vittima. 

Questa esperienza gli cambia la vita molto più che a Medjugorje. I tre anni di dura esperienza gli fanno credere che il  demonio esiste e che agisce molto di più di quello a cui crediamo e che è lui l’autore di ogni male, ma trema dinanzi ad  un prete con l’aspersorio in mano.  

È felice e ringrazia Dio per aver permesso l’enorme prova. Comincia a godere i frutti di tanta sofferenza. Sente l’animo più puro, vede ciò che prima non vedeva. Dice: “Credevo  che Dio mi avesse lasciato ed invece era proprio allora che  mi stava lavorando per prepararmi ad incontrarlo. Intendo  incoraggiare i malati, i provati a non perdersi d’animo perché Dio ci prova, ma non ci abbandona mai.  

L’aiuto di Dio più che dalle benedizioni e dall’esorcista, dipendono dalla volontà di conversione del soggetto. 

La Confessione e Comunione sono il più efficace esorcismo. Nelle Confessioni io ho provato la scomparsa  immediata dei tormenti sopra citati: nella Comunione la dolcezza della vita nuova, del bene”. 

FRATELLO ESORCISTA

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