giovedì 18 agosto 2022

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio. 


VISITA DEL DOTT. G. FESTA DI ROMA  

Quando Padre Pio seppe che doveva sottoporsi ad una nuova visita, non protestò e disse: - Sia fatta la volontà di Dio.  

Pregato di togliersi i guanti, Egli eseguì tosto, senza trovare alcuna scusa.  

Il dottor Festa poté così osservare che Egli aveva: «una lesione circolare a margini nettissimi di un diametro poco oltre i due centimetri».  

Notò pure che sul dorso della mano il foro di uscita era più piccolo.  

Anche a Cristo furono conficcati i chiodi con foro di entrata dal palmo e foro di uscita dal dorso.  

Continuando nella sua visita il dottor Festa poté osservare che «le ferite penetravano nel tessuto sottocutaneo e stillavano sangue così da formare una sottile escara, che ricopre le ferite da cui il sangue geme e scintilla continuo e rutilante.  

Quasi tutto il palmo della mano apparve invaso da un grande alone di sangue rosso scuro, che circonda la ferita. Detersa con un pannolino imbevuto di alcool, la pelle appare candida e normale intorno alla ferita, i cui bordi sono bianchi come la cicatrice.  

Ai piedi le identiche ferite, ricoperte di esecra, più vaste al dorso e un po' più piccole alla regione plantare (FOTO d'uscita).  

La pressione assai dolorosa, sui tessuti circostanti, diviene atroce se è esercitata sulle ferite stesse.  

La ferita del costato è a sinistra, al quinto spazio intercostale. Essa si presenta a forma di croce capovolta con asta longitudinale traversata a cinque centimetri da un'altra asta un po' obliqua. Questa figura di croce è superficiale. Le due aste sono nastriformi, con una larghezza di circa due centimetri a contorni nettissimi, tranne all'estremo inferiore dell'asta longitudinale, che va sparendo nei tessuti come una sfumatura».  

Da tali stigmate, ogni giorno esce una certa quantità di sangue e di siero, tanto che ponendo sul costato una pezzuola nuova e bianca, dopo circa dieci ore viene trovata intrisa di tale secrezione.  

Tutto il resto della pelle, così almeno affermano i dottori che l'hanno visitato, è perfettamente normale, né si trova traccia alcuna di arrossamento o di edema.  

In nessun'altra parte del corpo il dottor Festa trovò altre cicatrici, ed escluse che il Padre fosse affetto da tubercolosi, e che avesse altre specie di malattie acquisite o congenite, quindi nessuna forma discrasica o emofiliaca.  

Il dottor Festa, venuto scettico, se ne partì convinto di trovarsi di fronte a fenomeni, che la scienza non era in grado di spiegare.  

Essendo venuto a conoscenza, a Roma, della relazione del prof. Bignami, che non gli avevano mostrato, per non influire sul suo giudizio, trovando le sue resultanze diverse da quelle dell'illustre collega, e temendo che i propri sensi lo avessero tradito, volle nuovamente recarsi a S. Giovanni Rotondo, per fare una nuova visita al Padre (luglio. 1920).  

Scrisse al dott. Romanelli di Barletta, pregandolo di raggiungerlo a S. Giovanni Rotondo, onde insieme procedere ad una nuova e più attenta visita.  

I due dottori, assistiti da un Superiore dell'Ordine, non poterono che constatare quanto avevano già precedentemente osservato, cioè la localizzazione delle stigmate nelle cinque parti del corpo e una continua effusione di sangue.  

Ciò che interessava maggiormente il dotto Festa, erano le stigmate dei piedi, poiché su tale punto il suo giudizio dissentiva da quello del prof. Bignami. La sua seconda relazione parlando delle stigmate planteari, dice così:  

«Tolte le calze insanguinate, anche le escare rosso brune, che avevamo notate nella visita precedente, erano cadute, ed al loro posto osserviamo una cicatrice rosea ben marcata di oltre due centimetri di diametro, che fa strano contrasto con il pallore cereo della cute circostante. Nel centro di questa cicatrice vi è una ferita di strumento acuminato, a margini rosso-bruni rientranti e irregolarmente circolari e penetrante in profondità».  

I risultati di questa seconda visita, eseguita dal dottor Festa nel 1920, furono illustrati in una nuova relazione, che ha questa conclusione.  

«Tutte le cinque lesioni da me osservate nel Padre Pio, debbono essere considerate come vere e proprie lesioni anatomiche dei tessuti, la cui persistenza dopo due anni da che sono comparse, le cui strane caratteristiche anatomo-patologiche, la cui capacità di stillare continuamente sangue sempre rutilante e profumato, la cui sede corrisponde alle parti in cui Nostro Signore si offrì al supremo Olocausto della Croce, potranno costituire un mistero solo per chi, dai veri della natura non sappia assurgere alla sintesi della Religione e della Fede».  

Il dottor Festa tornò a visitare Padre Pio nel settembre del 1925, non come incaricato, né come curioso, ma come figlio spirituale del Padre.  

Io che scrivo, mi meraviglio come il dott. Festa abbia potuto starsene lontano da Lui per 5 anni, quando io, dopo soli tre mesi, ho sentito prepotente il bisogno di rivederlo, di baciargli le mani, di aspirare il suo profumo delizioso, di potere insomma stargli vicino.  

Il dottor Festa quindi nel settembre del 1925 ritornò a S. Giovanni.  

Un giorno Padre Pio gli disse:  

- Dottore, da sette anni ho un'ernia inguinale che mi procura delle noie.  

Il dottor Festa volle visitarlo e gli consigliò di farsi operare, poiché la sua diagnosi era questa: aderenze multiple in ernia inguino-scrotale destra conseguenti a peritonite recidivante del sacco erniario.  

- Sta bene, - rispose Padre Pio, - prima, si metta d'accordo col Padre Guardiano, poi Lei mi farà l'operazione.  

Fu stabilito di fare l'operazione il giorno 5 ottobre, però pose come condizione tassativa che non gli venisse usato né cloroformio, né alcun altro anestetico.  

Il giorno stabilito, al mattino, Padre Pio, disse la Messa, come al solito, poi si ritirò coi pochi intimi.  

Il dottor Festa, in fretta e furia aveva fatto una scappata a Roma per procurarsi i ferri operatori. Venne coadiuvato dal dottor Angelo Maria Merla di S. Giovanni Rotondo e da tre assistenti.  

Alle dieci tutto era pronto. I dottori nei loro camici bianchi, il Padre pure con una veste bianca, che aveva sostituito al suo abito comune.  

- Sono pronto - disse il Padre al dottore.  

- Io no, - rispose il dottore - abbiate pazienza.  

A mezzogiorno finalmente ogni cosa fu pronta, il dottor Festa era un po' titubante: il convento o meglio, una cella, non gli sembrava un luogo adatto per fare un'operazione di quella sorte, ma conscio della responsabilità che si assumeva, volle offrire al Padre un bicchierino di benedettino, che il Padre bevve, ma insistendo, il dottore, affinché ne bevesse un altro poco, argutamente il Padre rispose:  

- No, basta liquore, non vorrei che fra il benedettino e il cappuccino, si finisse per non andare d'accordo.  

E così dicendo, si diresse verso la sala operatoria improvvisata.  

Incontrato il dottor Leandro Giuva, gli disse scherzando:  

- Dopo di me, cioè fino a che i ferri sono caldi, falla tu pure l'operazione. Tante volte hai detto di farla e mai ti decidi, coraggio.  

Entrò nella stanza.  

La Croce, il simbolo sacro della passione di Cristo, era ritta fra due candele. Era un simbolo ... il simbolo del dolore e della sofferenza.  

Padre Pio la guardò, inviò a Lei la sua muta preghiera, chiamò l'Invisibile sempre presente, e «sia fatta la volontà di Dio» ripeté in cuor suo.  

Si stese sul tavolo operatorio, ponendo sotto la testa le mani coperte dalle manopole e sveglio attese l'opera dei dottori.  

Gli furono levate le scarpe, e tutti i presenti poterono scorgere le bianche calze, rosse di sangue emanante dalle stigmate planteari.  

Gli furono praticate 5 (sempre 5) iniezioni di novocaina, la sola anestesia accettata da Padre Pio, e il dottor Festa, il medico operante, cominciò a tagliare.  

L'anestesia, puramente cutanea, nulla valse quando a Padre Pio fu intaccato il tessuto connettivo.  

Non cacciò un urlo, non gridò, non pianse, non si lagnò ... pregava il suo Dio.  

I klemmer luccicavano fra il sangue, il chirurgo liberò il sacco erniario dalle aderenze, che erano numerose. Dopo un'ora l'operazione non era ancora finita, lo strazio al peritoneo, molto innervato, procurava al Padre dolori immensi.  

Sveglio sempre, non potendo più reggere, disse:  

- Dottore, fate presto, per carità, non ne posso più.  

Ogni tanto volgeva l'occhio verso la porta ove stavano gli amici in attesa, e verso il Crocifisso, da questo e da quelli, traeva nuova forza per resistere al dolore che era immenso.  

Ripeté ancora una volta la preghiera di fare presto, poi tacque. Gli videro gli occhi pieni di lagrime.  

Credendo che egli non potesse più sopportare il dolore, fecero per confortarlo, ma udirono queste parole: «Dio, Dio mio, perdonami, perdonami; Nulla mai Ti ho offerto nella mia vita, ed ora per questo poco che io soffro, per questa inezia a paragone di quanto Tu hai sofferto sulla Croce, io mi lagno ingiustamente».  

Tutti ammutolirono.  

Cristo dalla croce tutto vedeva, tutto sentiva.  

Il Padre era un vero suo figlio.  

Il dottore, intanto, aveva tagliato il sacco, e, mostratolo a Padre Pio:  

- Ecco, - disse - abbiamo arrestato il delinquente.  

Padre Pio credette che l'operazione fosse finita, e rivolto al dottor Giuva disse sorridendo:  

- Leandrino, Leandrino, sotto, ora tocca a te.  

Invece dovette sopportare, sempre sveglio, un'altra ora di martirio, prima che il chirurgo potesse riunire i tessuti e ricucirli.  

Ad un tratto il polso di Padre Pio parve che non pulsasse più. Agli astanti, il Padre, parve fosse per venir meno. Due iniezioni di canfora lo sollevarono, quando si udì, per la stanza, un ronzio come di una mosca.  

Tutti si affannarono per trovarla, affinché non andasse sulle sue vive carni, ma questi che aveva udita la frase e si era accorto che essi la cercavano inutilmente, disse:  

- Ma no, ma no, non è una mosca, è un moscerino, guardate vicino alla finestra.  

La sua percezione delle cose era esatta, egli tutto sentiva, tutto vedeva, quindi se i suoi sensi erano svegli, immaginiamoci come doveva soffrire.  

Due ore dopo l'operazione era finita.  

Prima di portarlo nella sua cella, sfinito, i medici poterono constatare la sua stigmata del costato che più non aveva mostrato ad alcuno.  

Il dottor Angelo Maria Meda, di S. Giovanni Rotondo, nella mia visita a lui fatta nel febbraio del 1931, mi assicurò di avere «de visu» osservata la stigmata di sette centimetri di lunghezza, per cinque di larghezza, e avente la forma di una croce capovolta.  

Rimasto solo, il Padre con un suo intimo, gli fece cenno di avvicinarsi alla sua bocca, e gli chiese con un filo di voce:  

- Credi tu che il Signore abbia accettato il mio sacrificio per la salute di ...?  

- Oh, Padre mio, - rispose - e quando mai il Signore non accettò i tuoi sacrifici?  

Egli mosse un poco il capo, dissentendo:  

- Tu non sei buon giudice, siedi ....  

Nella notte egli ricostruì per filo e per segno tutta la operazione, rivivendone per due ore tutti gli spasimi. La guarigione seguì il suo corso normale e regolare come un paziente qualsiasi.  

Quindici giorni dopo, ridiscese le scale, e dopo poco ritornò a dire nuovamente la S. Messa e a compiere tutte le funzioni.  

Prendendo in mano l'Ostensorio sacro, dopo tanto tempo, si sentì più felice. «Dio, Dio - dovrà aver detto - ho fatto la tua volontà».  

Quante volte il dottor Festa sia andato ancora a trovare il Padre, io non lo so di preciso, poiché non ho ancora avuto il piacere di vedere tale Dottore, il quale, sapendo tante cose del Padre, farebbe bene a pubblicarle, specialmente lui che più e più volte poté visitarlo e raccogliere preziose osservazioni.  

Il dottor Festa in una lettera ad un caro figlio spirituale del Padre di Bologna, un protestante convertito, scrisse in data 6 settembre 1929:  

«Egregio Signor Abresch.,  

La ringrazio di tutto cuore delle magnifiche fotografie che mi ha favorito! Mi sono giunte proprio nel momento nel quale io avevo terminato di scrivere un capitolo del mio libro intorno alle impressioni, che lo spirito riceve assistendo alla Messa del Padre Pio! ... Quasi come conferma, come sintesi fotografica, della realtà delle impressioni che io avevo cercato di imprimere nello scritto. È una coincidenza l’arrivo di queste sue fotografie in quel momento, ed una coincidenza veramente preziosa.  

Io le sarò grato se, a conferma dei pensieri che in questo punto io ho scritto, vorrà permettermi di far figurare nel libro, che pubblicherà, almeno una di queste sue così belle fotografie. Frattanto, se altre interessanti ella ha potuto riprendere e me ne favorisse copia, io gliene sarei riconoscentissimo.  

Quanto alle stigmate in generale, Ella potrà leggere un giorno, se a Dio piacerà che io lo conduca bene a termine, nel libro che pubblicherà, uno studio completo, sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista storico, che da quello psicologico; e vedrà allora dimostrato in modo palmare che solo per gli ignoranti e per gli scienziati che non sono tali, le stigmate possono essere il frutto dell'isteria e della suggestione». Le stigmate sono invece un fenomeno assolutamente inesplicabile, se per stigmate si deve intendere la riproduzione nel corpo umano dei segni della Crocifissione; e come tale né la storia, né la scienza, né la psicologia potranno mai apporre alcun argomento dimostrativo contrario.  

Gli ignoranti e coloro che presumono di tutto sapere, mentre nulla sanno, potranno sempre dire quello che vogliono, ma non avranno mai in loro potere un argomento solo, per dimostrare il valore della tesi che affermano.  

Quanto al caso del nostro buon Padre, il fenomeno sorpassa potentemente i limiti. di ogni più elevata discussione, e per il tempo da che le porta (circa 11 anni) e per le caratteristiche anatomiche, speciali e costanti, che presentano.  

Con questo breve accenno ai miei studi, spero di averla pel momento contentato.  

In attesa del suo consenso per poter riprodurre qualcuna delle belle fotografie che ora mi ha inviate, e nella speranza di averne ancora delle altre, Le stringo cordialmente la mano.  

Suo aff.mo  

Dott. G. FESTA  

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