L‟apertura e la spiegazione dei primi sei sigilli
I. Dopo che San Giovanni per divina rivelazione ha descritto bastevolmente la natura della Chiesa di Cristo, la costituzione universale del suo Regno, e la maestà della sua Chiesa che ne consegue, nei versetti che seguono scende nei particolari, e descrive gli eventi che accadranno alla sua Chiesa fino alla fine dei tempi, ossia le immani persecuzioni, le eresie, i regimi dei tiranni, come pure le consolazioni a tempo debito ecc. cose che tutte sono rivelate con l‟apertura dei sette sigilli. Frattanto occorre a riguardo notare quanto segue: 1) i cavalli e i loro cavalieri che sono descritti in questa parte designano la guerra spirituale tra il Regno di Cristo e quello di questo mondo; 2) essi sono in numero di quattro per simboleggiare che accadranno nelle quattro parti del mondo; 3) che questa guerra sarà duplice: a) contro i pagani e i giudei, b) contro gli eretici e l‟Anticristo, fino alla fine del mondo. L‟apertura dei primi sei sigilli designa la descrizione della lotta coi primi, quella del settimo ed ultimo, invece, la spiegazione dello scontro finale con l‟Anticristo. 4) Le voci dei quattro Evangelisti sono qui aggiunte come testimoni della verità, che doveva essere predicata nelle quattro parti del mondo, e per cui si sarebbe scatenata ogni guerra e persecuzione dei tiranni.
§. I.
L‟apertura del primo, secondo, terzo e quarto sigilli, i quattro cavalli e i loro cavalieri, che furono mostrati a S. Giovanni allo scioglimento dei primi quattro sigilli.
Cap. VI. v. 1-8
I. L‟apertura del primo sigillo è la spedizione militare di Gesù Cristo, con cui venendo in questo mondo mosse guerra a tutto il mondo, volendo rivendicarne con somma giustizia il dominio, sconfiggere tutti i suoi nemici, e sottometterli alla sua servitù ed al giogo della fede. Il suo esercito si compose dei dodici Apostoli e del gruppo degli altri discepoli e fedeli, che inviò in tutto il mondo. Per cui dice:
Vers. 1. E vidi nell‟immaginazione e in ispirito, che l‟Agnello, Cristo, aprì e sciolse uno, ovvero il primo dei sette sigilli, riguardanti la volontà del Padre suo, che inviò il suo Figlio Unigenito fatto Uomo in questo mondo e lo costituì Re di tutte le cose. Poiché, però, i Giudei e i pagani non vollero diventarne i cittadini e i sudditi, si rese necessario che Cristo combattesse contro di loro col suo esercito e così prender possesso del suo reame e della sua gloria. E udii nell‟immaginazione e in spirito uno, ossia il primo dei quattro animali, i quattro Evangelisti, in questo caso S. Matteo, che dice al cap. 10: Ecco io mando voi, come pecore tra i lupi, dove descrive questa terribile e ammirevole guerra intrapresa da Cristo. Poi aggiunge: che diceva con voce di tuono, per la drammaticità di questa guerra, che S. Matteo come primo testimone della verità evangelica prevede accadrà a seguito della predicazione del Vangelo, dicendo: Vieni e vedi, è un modo di dire con cui si vuole attirare l‟attenzione su qualcosa di eccezionale. E vidi, in ispirito e coll‟immaginazione.
Vers. 2. Ed ecco un cavallo bianco, e quello che vi stava sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, e uscì da vincitore, per vincere.
II. Qui si descrive il supremo Duce di questa guerra, e la sua potenza e forza. Ed ecco un cavallo bianco, che l‟ordine degli Apostoli e dei discepoli di Cristo, che è detto metaforicamente bianco per il candore della purezza, della verità, della semplicità e della santità. Come infatti il cavallo è denominato bianco per la sua bianchezza, così i santi son così per la grazia santificante. Sono assimilati poi ad un cavallo per la forza e la velocità con cui corsero in breve tempo per tutto il mondo a divulgare il Vangelo e il Nome del Signor nostro Gesù Cristo. E quello che vi stava sopra aveva un arco, costui è Cristo Signore, supremo comandante di questa guerra, che cavalca, nel senso che regge i suoi col freno del timor di Dio, e li stimola a compiere la loro corsa cogli speroni della carità di Dio e del prossimo, e del pari con gli ausili della sua santa grazia, di cui abbondarono i Santi di Dio, gli Apostoli e gli altri discepoli e cristiani della Chiesa primitiva. L‟arco designa la potenza e le armi con cui Cristo stava per sconfiggere i suoi nemici, ossia la predicazione della parola e lo splendore dei miracoli. Cristo infatti indirizzava la predicazione degli Apostoli come la freccia vien diretta al bersaglio. Così S. Marco al cap. 16, 20: Quelli poi andarono e predicarono ovunque con l’assistenza del Signore, il quale confermava la loro parola con i miracoli che l’accompagnavano. La lettera agli Ebrei, (4, 12) sottolinea quanto sia efficace, invincibile e insuperabile la Parola di Dio: Poiché viva è la parola di Dio, ed efficace e più tagliente di una spada a due tagli. E gli fu data una corona, ovvero la potestà regale. Poiché a Cristo è stata conferito ogni potere in cielo e sulla terra, è giustamente il Re dei Re, e il Signore dei Signori, e gli è stata data la corona, da suo Padre, la corona del Regno eterno, la corona della vittoria nella risurrezione e nell‟ascensione al di sopra di tutti i Re e tiranni di questo mondo, al di sopra di ogni autorità, anche dell‟inferno. E uscì da vincitore, su questo cavallo bianco per mezzo degli Apostoli e dei suoi discepoli in tutto il mondo, coll‟arco sopra menzionato in primo luogo i suoi nemici in Giudea. Infatti in un solo giorno si convertirono per la predicazione di San Pietro tremila uomini, cfr. Atti, cap. 2, un altro giorno cinquemila, Atti, cap. 4., per vincere in tutto il mondo sottomettendo alla sua signoria e al giogo della fede i colli delle genti, il che accadde. In breve tempo infatti colla predicazione degli Apostoli e degli altri discepoli, grazia all‟assistenza di Cristo, il quale confermava la loro parola con i miracoli, il Vangelo fu predicato e essendo S. Pietro ancora in vita la fede cattolica si diffuse fino ai confini del mondo, come si ricava dai testi storici e dagli Atti degli Apostoli, come previde il Salmo 18, 5: Per tutta la terra si spande il loro suono e sino ai confini del mondo le loro parole.
III. Vers. 3 e 4. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva. Vieni e vedi. E uscì fuori un altro cavallo rosso, e a colui che ci stava sopra fu dato di toglier via la pace dalla terra, sicché gli uomini si sgozzassero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada. Queste parole descrivono il primo crudelissimo nemico, che su istigazione di Satana mosse guerra contro gli Apostoli e l‟esercito di Gesù Cristo, i cristiani, ed è Domizio Nerone, il quale, per rappresentare al vivo l‟incendio di Troia, bruciò per un infame gioco i quartieri più miserabili di gran parte di Roma, ma col pretesto di questo incendiò colpì di durissima persecuzione i cristiani che vivevano nell‟urbe. Questa fu la prima persecuzione contro i cristiani, e Nerone fu il primo che, soprattutto a Roma, incrudelì contro i seguaci di Cristo. Coloro che sono destinati a morire sono fatti oggetti di ludibrio, col morire, ricoperti di pelli di fiere, dilaniati dai cani, o affissi a croci, o coperti di pece, incendiati come luci notturne. Tanto grande fu il numero dei cristiani arsi così che i rivoli del grasso umano nella sabbia dell‟anfiteatro formò un solco. L‟imperatore ordinò per sua crudeltà che S. Petro, S. Paolo, Seneca, suo precettore, la sua stessa madre, la moglie, il fratello e le sorelle fossero messe a morte. Per cui segue giustamente la descrizione di questo tiranno. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva. Costui è S. Luca che qui testi- monia la verità ai santi martiri di Cristo che patirono sotto Nerone. Questo Evangelista infatti è rap- presentato, come sopra si è visto, dal bue, in quanto il suo Vangelo inizia dal sacerdozio. Come i vitelli erano uccisi come sacrificio e vittime gradite al Signore Dio, così infatti venivano sacrificati dagli empi i cristiani e giusti di Dio, il cui sangue e la cui morte era un graditissimo sacrificio a Dio Padre, per mezzo di suo Figlio Gesù, che fu offerto in sacrificio per tutti noi.
Vers. 4. Vieni e vedi. E uscì fuori un altro cavallo rosso, contrario a quello precedente, ovvero un persecutore evidente e sanguinario. Questo cavallo è il popolo romano sotto Domizio Nerone, il quale è detto rosso per l‟incendio della città di Roma e perché vi furono arsi vivi così tanti cristiani, pure poi per l‟effusione del loro sangue, come detto sopra. E a colui che ci stava sopra, è l‟Imperatore Nerone che regnava in Roma e ne aveva il dominio fin dall‟anno 53. Fu dato il permesso da Dio. Così parla Cristo Signore a Pilato in S. Giovanni al cap. 19, 11: Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Di toglier via la pace dalla terra, 1) in quanto faceva perseguitare e perturbare dai suoi i cristiani che erano a Roma e altrove; 2) in quanto l‟Impero stesso fu sovvertito dalle pessime azioni, crudeltà, stragi e tirannia di Nerone. In quel medesimo tempo dall‟impero si staccò la provincia di Armenia. Per cui a ragione si dice che quello tolse dalla terra la pace che Ottaviano Augusto aveva concesso al tutto il mondo, sicché gli uomini si sgozzassero gli uni gli altri, il che accadde per motivo della sua perfidia, essendo alla fine egli pure stato assassinato, il senatore Sergio Galba si usurpò l‟Impero, adottando (alla maniera antica) come suo figlio e successore il giovane Pisone, ma anche Galba venne ucciso nel foro di Roma dai soldati della fazione di Otone, il quale, dopo tre mesi, fu vinto dall‟esercito di Vitellio. Questi, dopo neppure un anno di Impero, sconfitto tre volte in battaglia, nella stessa Roma dai soldati che sostenevano Vespasiano, trascinato per l‟urbe, nudo, fu alla fine strangolato e gettato nel Tevere. E gli fu data una grande spada, ovvero il potere di uccidere i cristiani. Egli infatti, fu il primo degli Imperatori a scatenare la prima persecuzione contro la Chiesa, e uccise i principi degli Apostoli Pietro e Paolo, e moltissimi altri cristiani, sia in Roma che nel resto dell‟Impero.
IV. Vers. 5. E quando ebbe aperto il terzo sigillo udii il terzo animale che diceva: Vieni e vedi. Ed ecco un cavallo nero, e quello che vi stava sopra aveva una bilancia nella sua mano.
Vers. 6. E udii come una voce in mezzo ai quattro animali, che diceva: Una bilibbra di frumento ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino. Si contiene in queste parole la distruzione della città di Gerusalemme e la strage della Sinagoga del popolo giudaico, come predetto di Cristo in S. Matteo, al cap. 23, e in S. Luca, al cap. 13. E quando ebbe aperto il terzo sigillo udii il terzo animale che diceva: questo terzo animale simboleggia l‟Evangelista S. Marco, equiparato al Leone per significare la predicazione alla penitenza fatta ai Giudei da S, Giovanni Battista. Poiché però essi la disprezzarono, come pure disprezzarono Cristo stesso, così per conseguenza viene qui intimata a S. Giovanni la pena e la strage dovuti a causa della durezza del cuore al popolo e alla Sinagoga giudaica. Vieni e vedi. Ed ecco un cavallo nero, questo cavallo nero è Gerusalemme e il suo popolo. È detto nero, 1) perché per le tenebre della sua cecità, in cui era immerso il popolo e la Sinagoga giudaica, assassinò Cristo Signore, non credendogli neppure dopo la sua Resurrezione e l‟aperta verità della sua divinità, me resistette allo Spirito Santo. 2) E‟ detto nero per l‟inaudita carestia, a memoria d‟uomo, che costò la vita, al dire dello storico ebreo Giuseppe Flavio, di 1.100.000 uomini. Tito, figlio di Vespasiano, infatti, li aveva circondati con un muro attorno alla città di quaranta stadi, nel quale all‟esterno erano tredici castelli, il cui perimetro era di dieci stadi, in modo di prenderli per fame più rapidamente. L‟intera opera fu compiuta con una velocità più che umana in soli tre giorni. Così si adempirono le parole di Cristo in S. Luca, cap. 19, 43-44: Poiché verranno per te giorni, nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti circonderanno ecc. e non lasceranno in te pietra su pietra. Così infatti avvenne. Tito distrusse dalle fondamenta la città di Gerusalemme, quando la conquistò. E quello che vi stava sopra, Flavio Ve- spasiano, il quale nell‟anno 69 ottenne il governo dell‟Impero, mentre suo figlio nel 70, dopo aver assediato Gerusalemme, la prese e assoggettò il popolo giudaico. Aveva una bilancia nella sua mano, ovvero la divina giustizia, di cui eseguiva l‟opera. Per ordine della divina giustizia in vero seguì che il figlio fece perire miseramente il popolo giudaico, per fame, spada, e schiavitù, in vendetta della morte di Cristo e della sua inaudita malizia e crudeltà (cfr. S. Luca cap. 19). Il che avvenne tuttavia, oltre l‟intenzione di Tito e del suo esercito, che aveva mosso guerra ai Giudei per un altro motivo, ossia per sedare la loro ribellione contro l‟Impero romano (come spiega lo storico Giuseppe Flavio nell‟opera La guerra giudaica). Perciò si legge: Aveva una bilancia nella sua mano, ma non nella mente. Si eseguiva così l‟opera della giustizia divina. Il vocabolo „mano‟, infatti, indica siffatta opera, che venne compiuta per mezzo di quella. E udii come una voce in mezzo ai quattro animali, che diceva: segue in queste parole la sentenza di condanna della giustizia divina che infligge una pena speciale per il delitto speciale commesso dagli ebrei. E udii come una voce, quella della giustizia divina, in mezzo ai quattro animali, dal trono di Dio, attorno al quale è detto che stanno i quattro animali, sia nel regno militante di Cristo, sia in quello trionfante, che diceva, in quanto i quattro animali pronunciavano detta sentenza della divina giustizia, in qualità di Arcicancellieri del Regno di Cristo. si conferma quindi che l‟azione di Tito contro i Giudei avvenne per ordine di Dio. Solo da Dio infatti proviene il male della pena, come in Amos, 3, 6: E ci sarà nella città sciagura, ove non sia il Signore che operi? Una bilibbra di frumento ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino. Per comprendere queste parole occorre notare 1) lo storico Ugone di Flory, scrivendo della fine della guerra dei Romani contro gli Ebrei, dice così: Stanchi, infine, i Romani per le numerose uccisioni, cercavano chi potesse acquistare gli schiavi catturati, ma poiché molta era l’offerta e pochi i compratori, avvenne che trenta schiavi si compravano al prezzo di un denaro. Come, infatti, essi avevano comprato il Signore per trenta denari, così ora, al contrario, con un denaro si acquistavano trenta schiavi giudei. 2) Occorre pure notare che il vocabolo „bilibbre‟ è un nome composto da „bis‟ e „libbra‟, per indicare una misura capace di due libbre; 3) cinque ebrei sono simboleggiati da una libbra, nel senso che i cinque libri di Mose, il Pentateuco, è accettato da tutti. Gli altri libri della Bibbia, invece, non sono accettati dagli ebrei, detti Sadducei. 4) Il grano indica i più forti, abili e nobili ebrei, mentre l‟orzo, che è un cereale di minor pregio rispetto al grano, la feccia e la plebaglia. 5) Il vino e l‟olio designano i cristiani, che non furono oppressi dall‟esercito di Tito. Prima del suo arrivo, infatti, un Angelo avvertì i cristiani che abitavano in Gerusalemme ed in Giudea di andare oltre il Giordano nella città di Pella, appartenete al regno di Agrippa, confederato ai Romani. Il vino significa infatti metaforicamente la carità verso Dio, mente l‟olio quella verso il prossimo. Per cui l‟espressione: Una bilibbra di frumento, ovvero dieci ebrei dell‟aristocrazia, ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo, trenta ebrei della plebe si vendevano a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino, ossia i cristiani erano risparmiati.
Vers. 7. E quando ebbe aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni e vedi.
Vers. 8. Ed ecco un cavallo pallido e colui che ci stava sopra, il suo nome è morte e l‟inferno lo accompagnava. E fu dato loro il potere sulla quarta parte della terra, per uccider con spada e con fame e con morte e per mezzo delle fiere della terra.
Sconfitta e distrutto il popolo giudaico, crudelissimo nemico di Gesù Cristo e di tutti i cristiani, segue la seconda persecuzione principale e la guerra immane promossa contro la Cristianità dall‟Imperatore Domiziano. E quando ebbe aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni e vedi. Si tratta della stessa persona di S. Giovanni Evangelista, considerata in astratto, in quanto nel Regno militante di Cristo ed in quello trionfante, tiene il quarto posto per dignità e con la sua testimonianza avvalora la verità del Vangelo.
Ed ecco un cavallo pallido , che è il popolo romano, pallido per il terrore della tirannide di Domiziano, principe crudele ed avido. Costui giunse a tal punto di follia da ordinare di essere chiamato Dio, per cui mandò in esilio e mise a morte gran parte del Senato e della nobiltà, accusandoli falsamente di vari crimini, per sequestrare i loro beni. Gli altri Romani e gli abitanti dell‟Impero erano così in gran timore che potesse avvenire loro la stessa sorte. Poiché la paura rende le membre esteriori – e soprattutto il viso - pallidi, l‟Impero Romano di quel tempo vien detto e descritto come un cavallo pallido. E colui che ci stava sopra, è l‟Imperatore Domiziano che salì al trono nell‟anno 81 d.C. Il suo nome è morte, 1) attivamente, visto che, come si è detto, mandò a morte moltissimi innocenti, soprattutto cristiani, contro dei quali scatenò la seconda persecuzione generale, vero erede e successore della crudeltà di un Nerone; 2) passivamente, nel senso che anch‟egli alla fine venne assassinato dalla congiura del liberto Clemente Console, che in precedenza era stato da lui condannato col pretesto d‟empietà, e così il suo ricordo venne cancellato. E l‟inferno lo accompagnava, poiché morendo, a seguito di questa improvvisa circostanza, in stato d‟empietà, fu subito precipitato il misero a patire la pena dell‟inferno. E fu dato loro il potere sulla quarta parte della terra, tanto si era esteso allora l‟Impero Romano, per uccider con spada e con fame e con morte e per mezzo delle fiere della terra : queste parole indicano la crudeltà di questa persecuzione, per la varietà dei tormenti e diversi generi di morte. 1) per uccider con spada: in ogni parte dell‟Impero, infatti, i cristiani erano assassinati con la spada, per ordine e mandato di Domiziano; 2) e con fame, molti morirono nelle carceri tormentati dalla fame; 3) e con morte, indica in generale i versi modi con cui vennero vessati e uccisi i cristiani, ossia l‟impiccagione, il affogamento, il rogo, il soffocamento ecc.; 4) e per mezzo delle fiere della terra, si accenna in queste parole alla raffinata crudeltà, per cui ci si compiaceva di esporre moltissimi cristiani ad essere divorati dalle bestie a mo‟ di ludibrio e scherno. Basta leggere la storia ecclesiastica, i martirologi e le vite dei santi per trovar facile conferma.
Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser
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