Che le quattro modalità di peccato sopra elencate sono contro natura
"Nessuno si illuda di non essere caduto in un altro se, masturbandosi, si è contaminato cedendo al fascino della lussuria". Questo è ciò che impariamo dallo sfortunato eremita che, in punto di morte, fu consegnato ai demoni. Non aveva inquinato nessuno, ma aveva dannato se stesso con l'immoralità. Come (171) da una sola vite spuntano vari tralci, dalla sola sporcizia sodomitica, alla maniera di una radice velenosa, nascono quattro rami che abbiamo enumerato sopra. (183A) Se qualcuno coglie uno di questi grappoli pestilenziali, viene immediatamente infettato dal veleno e muore apparentemente senza motivo. La loro vite proviene dalla vigna di Sodoma e la loro talea da Gomorra. "Il loro grappolo, un grappolo di fiele, è per loro un grappolo di amarezza". (Deut. XXX11) Questo serpente che stiamo cercando di trafiggere con il giavellotto del nostro avvertimento è una vite con quattro tralci. Qualunque sia il dente della vite con cui muore, infonde tutto il virus della sua malizia.
Così, se qualcuno inquina se stesso, o in qualche modo inquina un altro, anche discretamente, non c'è dubbio che sarà condannato per aver commesso il crimine di sodoma. Infatti, nella Bibbia non leggiamo che gli abitanti di Sodoma si limitavano a corrompere gli altri consumando l'atto. Ma piuttosto dobbiamo pensare che, a causa dello scatenamento (0183B) della sensualità sfrenata, hanno perpetrato la turpitudine su se stessi o sugli altri in molti modi. Se si potesse trovare una possibilità di perdono nella rovina che questo vizio porta, a chi sarebbe meglio mostrare indulgenza se non a questo eremita che ha peccato senza saperlo, che è caduto come un sempliciotto per inesperienza, che lo ha visto solo come un fenomeno naturale? Che questi sventurati imparino a immunizzarsi contro la piaga di questo vizio detestabile, a superare virilmente la seduzione del piacere sessuale, a dominare gli impulsi incendiari della carne, a temere il giudizio della terribile sanzione divina!
Ricordate sempre l'avvertimento apostolico: "È una cosa terribile cadere nelle mani del Dio vivente" (Lettera agli Ebrei, 10). Ricordate sempre e tremate per la minaccia profetica (0183C): "Perché nel fuoco dell'indignazione del Signore sarà divorata tutta la terra, e dalla sua spada tutta la terra" (Zefania 1). (Se gli uomini carnali saranno divorati dalla spada divina, perché allora amano la loro luce con un amore condannabile? Perché si abbandonano febbrilmente ai piaceri della carne? Questa spada è quella che il Signore, attraverso Mosè, ha riservato ai peccatori, dicendo: "Estrarrò la mia spada come un tuono dal fodero" (Deut. 32). (Deut. 32) E ancora: "La mia spada divorerà la carne". (Cioè, la mia furia divorerà i vivi cibandosi della loro carne". Chi combatte contro i mostri del vizio beneficia dell'aiuto della virtù celeste. Ma, d'altra parte, a coloro che si abbandonano alle sozzure della carne è riservato il giudizio del castigo divino. San Pietro dice a questo proposito: "Dio sa come liberare i pii dalla tentazione. (0183D) Ma ai peccatori riserva il castigo nel giorno del giudizio. Quelli che corrono dietro alla carne, spinti dalla concupiscenza dell'immoralità, saranno puniti ancora di più". (1a lettera di San Pietro, 11) Sono loro che egli condanna più avanti, quando dice: "Considerano i piaceri del giorno come delizie, uomini contaminati e inariditi; si compiacciono di ingannarvi, di divertirsi con voi. I loro occhi sono pieni di adulterio e insaziabili di peccato". (ibidem)
Coloro che ricoprono le alte cariche del clero non si gonfino la testa, perché quanto più eminente è la loro posizione quando sono in piedi, tanto più profonda sarà la loro caduta quando crolleranno. E poiché ora è loro dovere precedere gli altri nel cammino della santa conversione, allora dovranno sopportare i tormenti più atroci, secondo le parole di Pietro: "Dio non ha risparmiato neppure gli angeli che avevano peccato, ma li ha messi nel Tartaro e li ha consegnati all'abisso delle tenebre, dove sono riservati per il giudizio" (0184A). (0184A) E come esempio per gli empi a venire, bruciò Sodoma e Gomorra e le condannò alla distruzione". (11 Pt 11)
Perché il beato apostolo, dopo aver ricordato l'abisso della dannazione dei demoni, ricorre al cataclisma di Sodoma e Gomorra, se non per mostrarci che coloro che si abbandonano al vizio dell'immoralità devono essere condannati alla stessa pena degli spiriti immondi. E che coloro che ora sono eccitati dall'ardore della passione sessuale sodomitica bruceranno, con l'autore dell'iniquità, nella fiamma della combustione perpetua. L'apostolo Giuda approva le mie parole quando dice: "Quanto agli angeli che non hanno conservato il loro primato, ma hanno lasciato la loro dimora, è per il giudizio del gran giorno che li ha tenuti in vincoli eterni, nel profondo delle tenebre. (0184B) Così Sodoma, Gomorra e le città vicine che si prostituirono allo stesso modo e corsero dietro a una carne diversa, sono proposte come esempio, subendo la punizione del fuoco eterno". (Giuda 1) È chiaro, dunque, che così come gli angeli disobbedienti meritarono il tormento delle tenebre del Tartaro, coloro che, dall'alto della dignità dell'ordine sacro, cadono nell'abisso del vizio carnale, sono immersi, in tutta giustizia, nella fornace della dannazione perpetua.
E, per concludere in poche parole, chi si contamina con il contagio di questa turpitudine infame, in uno dei quattro modi che abbiamo indicato sopra, a meno che come soddisfazione non si purifichi con una fruttuosa penitenza, non potrà mai avere la grazia di Dio. Non sarà mai degno del corpo e del sangue di Cristo e non varcherà mai la soglia della patria celeste. Questo è ciò che l'apostolo Giovanni chiarisce nella sua Apocalisse quando parla della gloria della città celeste. Con le sue stesse parole, dice: "Chi si è contaminato e ha commesso abominio non vi entrerà". (Apocalisse 21)
San Pier Damiani
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