martedì 7 aprile 2020

Santi Martiri del I – II e III Secolo



Dalla Gerarchia Cardinalizia di  Carlo Bartolomeo Piazza 
e dalle Rivelazioni Private della mistica 
 Maria Valtorta 


Il martirio dei SS. Pietro e Paolo. 

Ed acciòcche si tolga ogni  ombra (663) di dubbio eccitato da’ Novatori delle cose, dell'identità,  del luogo, della crocifissione di S.  Pietro sù questo Monte, piacemi  quivi di succintamente riferire ciò,  che con Istorica fedeltà ne  scrissero su’l fondamento di  questa incontrastabile verità diversi  gravi Autori. Vien riferito come  cosa certa, ed auvalorata  dell'antiche memorie di Roma  Ecclesiastica, che sopra questo  monte apparissero nel Martirio di  S. Pietro due Angeli con corone di  Gigli e Rose consolandolo mentre  stava pendente in Croce, restandovi la forma de’ piedi di uno di  essi miracolosamente nel marmo,  che fino al giorno di oggi vedesi appresso l’altar Maggiore dell'antichissima Chiesa di S.  Dorotea, e Silvestro in Trastevere,  e per memoria, e confermazione  di questo divoto auvenimento, fù  nel sodetto Monte fabbricata una Chiesa in onor degli Angeli; e  chiamavasi S. Angelo in Ianiculo,  demolita poi per ampliare la stessa  Chiesa di S. Pietro, restandone  però in una nicchia nell'ascendere  il Monte una pittura moderna,  cavata fedelmente dall'antica  dell'Angelo in piedi che stà davanti  a S. Pietro in Croce. Questa pietra  fu poi trasferita alla suddetta di S.  Dorotea, come si è detto; dove in  un marmo si legge : Lapis hic  super quo visi sunt Angeli  genuflexi in Martyrio S. Petri de  ruinis S. Angeli in Janiculo erutus  à Juliano de Datis loci hujus  Autistite pietati vestræ expositus  Anno Jubilæi MD. e sopra vi stà  scritto, vestigia Angelorum, qui apparuerunt in martyrio S. Petri .  In una visita Apostolica di questa  Chiesa di Santa Dorotea si legge:  A Latere Epistolæ adest lapis cum  inscriptione, per quam significatur,  in eo Angelos genibus flexis  extitisse, dum Apostulorum Princeps in Monte Aureo gloriosum Martyrium absolvit.  
Nell'Archivio di S. Pietro in un  Censuale si nomina, Parochia S.  Angeli in Genocelo ( in vece di  dire in Janiculo) de Regione  Transtyberim: chiamata ancora nel  Diario di Cencio Camerario, la  Chiesa di S. Angelo in Ginocchia.  Un codice antichissimo di sopra  mille anni in carta pergamena  nella libreria Vaticana, si legge:  Aperuit oculos Dominus illorum,  qui lacrymas fundebant in passione S. Petri et viderunt Angelos  stantes cum coronis de floribus  rosarum et liliorum, etc.  statimque, ut plebs respondisset  Amen, etc. Petrus reddidit spiritum .  
Nè deve tralasciarsi, come  degna di riflessione divota; e forse  molto propria d'esporsi quivi alla pubblica divozione, dove fù con la  sua lingua all'hor trionfante della  terra, l'Orazione affettuosa, che in  questo luogo sù l'olocausto della  Croce pendente, fece il gloriosissimo Apostolo, registrata nell'Istoria Apostolica, di Abdia Vescovo  di Babilonia, rimasta in questa  parte non censurata nè rifiutata. 
O ineffabile, ac profundum mysterium Crucis; o inseparabile  vinculum Charitatis. Istud est  lignum vitæ, in quo Dominus  Jesus axaltatus, omnia traxit ad se.  Istud est lignum Vitæ, in quo crucifixum est corpus Domini  Salvatoris: at in eo confixa est  mors, et mundus totus æternæ  mortis est vinculis absolutus. O  gratia incomparabilis, et amor  Crucis inrecessibilis. Gratias itaque  tibi Domine Jesu Fili Dei vivi, non  solùm voce et corde, sed etiam  spiritu, quo te diligo, quo te  loquor, quo te interpello, quo te  teneo, quo te intelligo, quo te  video. Tu mihi omnia, et in  omnibus, tu mihi totum et mihil,  mihi aliud præter te solum, qui es  bonus et verus Dei Filius, et Deus  cum æterno Patre, et Spiritu  Sancto honor, et gloria est in  cuncta semper sæcula sæculorum.  
E poi soggiunse il medesimo prelato: Et cum magna voce  omnis populus respondisset,  Amen; Emisit spiritum, cujus  corpus Marcellus, unus ex  Discipulis ejus nullius expectans  sententiam, propriis manibus de Cruce deposuit et preciosissimis  aromatibus conditum in suo  sarcophago collocavitit in loco, qui  dicitur Vaticanus juxtà Viam  triunphalem, ubi totius Urbis  veneratione veneratur in pace.  
Il Masuccio nella vita di S.  Paolo autentica questa verità,  dicendo: Petrus ductus ad Janiculi  collem, qui Mons Aureus  appellatur, ubi frequentiores tunc  erant Iudæi, optato salutiferæ Crucis suppliciopositus est.  
Valerio Dorico così dice:   Dov'è quella cappella rotonda  fuori di detta Chiesa di S. Pietro  Montorio, è il luogo, dove fu  posto in Croce S. Pietro; Paolo III  vi concesse molte indulgenze, cioè  la Plenaria dalla Domenica di  Passione fino all'Ottava di Pasqua,  e l'Altare lo fece perpetuamente  privilegiato per i Defonti.  
Andrea Fulvio esatto scrutatore  dell'Antichità di Roma cantò sopra  la ristorazione di questa venerabil  Cappella:  Hic ubi supplicio Petrus est  affectus in album Elatis pedibus  ligno, et cervice deorsum, Rex  Fernandus ubi de stemmate Gentis Iberæ (664) Montis adæquato instauravit vertice Templu E  regione Aræ longo discrimine Cœli. 
Dal Breviario romano chiaramente si cava, che S. Pietro sia  stato sepolto, dov'è la sua Confessione; ma non già Crocifisso;  peròche dice:  Locum Principis Apostolorum Sepulchro consecratum,  non dice Martirio consecratum. […] 
In oltre Maffeo Vegio, che fù  Datario di Martino V. cosi scrive:  Illud non negaverim B. Petrum  in Monte Aureo crucifixum fuisse.  Quod fatis comprobare videtur  auctoritas Caii cujusdam antiqui  Scriptoris.  
Ego (inquit) habeo Trophæa  Apostolorum, quæ ostendam. Si  enim procedas Via Regali, quæ  ad Vaticanum ducit, aut Via  Ostiensi, invenies Trophæa,  quibus ex utraque parte Romana  communitur Ecclesia. Est enim  Mons aureus, in quo Crucifìxum B. Petrum diximus; sicut recte  ipsa via Regali, qua ad Vaticanum ducit.”  
Aggiungendo il Fulvio, che  quando il Santo Apostolo fù  condotto su'l Gianicolo ad esser  crocifisso, passò per il Ponte  Sublizio, che era dirimpetto a questo Monte, e passando ancora  per tutta la Regione di Trastevere  fù da' Giudei suoi Nazionali per  tutta la via oltraggiato, con gran  pazienza del S. Apostolo; lo stesso  affermano il Panciroli, ed il  Severano, con altri. 
Ma la prova irrefragabile della  santità, e venerazione di questo  luogo santificato con così glorioso  auvenimento, ella è, l'essere stata  questa Chiesa vicina fabbricata da  Costantino il Magno, ad istanza di  S. Silvestro sotto nome di S.  Maria, e di S. Pietro Prencipe  degli Apostoli, come pure  asserisce la Visita di Urbano VIII, Ecclesiam Constantinus dicendo: Magnus S. Silvestri opera,  edificavit, sub nomine Deiparæ  Virginis, et S. Petri Principis  Apostolorum in Monte Janiculo;  deinde Monte Aureo nuncupato.  Est Sacellum sub invocatione  Principis Apostolorum excitatum à  Ferdinando, et Elisabetha HispaniæRegibus eo loco, ubi Aposto-lorum Princeps gloriosum Martyrii agonem consumasse fertur. 
Né trovasi, che questo piissimo  Imperatore fabbricasse Chiese se  non dove fosse seguita qualche  cosa memorabile spettante alla  santa Religione Cristiana. Fù  questa una delle 20 Badie  privilegiate delli Monaci; il cui  Abate assisteva al Romano  Pontefice nelle fonzioni Pontificali; ma havendola questi  abbandonata, alcuni Francesi per  divozione di questo luogo santo  ristorarono il Monastero.  
Sisto IV nell'anno 1471 mosso  dalla Santità del B. Amadeo  dell'Ordine Francescano, lo volle  per suo Confessore; chiamandolo  da Portogallo a Roma; e gli diede  quella Chiesa, e Convento; nel cui mezzo stà un marmo , sopra cui il  Servo di Dio stava inginocchio  orando, ed era questo luogo  perciò ridotto ad essere  frequentato da molto concorso di  popolo: sino a tanto, che  Ferdinando Rè di Spagna no  havendo Prole da Elisabetta sua  moglie; il B. Amadeo gli promise,  che Dio gli darebbe un figlio  maschio, se compivano la  Fabbrica di questo Convento, e  ristoravano la Chiesa. Verificossi la  predizzione; ond'essi vi fecero con  una nobile Fabbrica spiccare la  loro pia liberalità, massimamente  nel luogo della crocifissione di S.  Pietro, ricca, e splendidamente in  forma rotonda, come habbiamo  detto fabbricata. […] 

A cura di Mario Ignoffo

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