Gabriele Amorth racconta...
Padre Gabriele Amorth parla di Padre Pio
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Erano gli anni in cui il monaco fu fatto oggetto di quella che a posteriori appare una persecuzione inspiegabile da parte degli uomini della Chiesa. Ma se applichiamo a questa vicenda una duplice “griglia” di lettura: o quella epica della battaglia fino all’ultima goccia di energia fra il monaco e l’angelo caduto; o quella biblica della prova crudele sostenuta da Giobbe per volontà di un dio fiero della sua fedeltà, anche (questa vicenda) acquista improvvisamente un senso, diventa comprensibile. «Opera diabolica, non c'è dubbio. Il Signore se ne è servito, il Signore si serve di tutto per la sua glorificazione. Questa sua sofferenza immensa... Lui sentiva soprattutto il bisogno delle anime. Uno come lui, che ha la facoltà da Dio e il potere che Dio gli dava di strappare le anime a Satana, e non può farlo... quindi tutto un universo di bene non realizzato; per lui era una sofferenza immensa. Non era una sofferenza personale, diciamo di umiliazione per il fatto di non potere confessare; provava proprio la sofferenza per il bisogno delle anime che rimanevano senza il suo aiuto.
Per tre anni. E certamente è stato un confessore assolutamente straordinario. I carismi che aveva di cognizione delle coscienze, soprattutto proprio la cognizione delle coscienze. Quante volte ha ripetuto che lui sapeva già andando in confessionale chi sarebbe venuto, che cosa gli avrebbe detto, e che cosa lui avrebbe dovuto rispondergli. Tante volte ho visto persone che sono entrate in confessionale e non hanno aperto bocca e sono uscite entusiaste e assolte.
Altre persone, entrate in confessionale, non hanno aperto bocca e sono state sbattute via.
Vattene via! E quando diceva vattene via, non cera niente da fare. Uno per quanto cercasse di rimediare non aveva scampo, se aveva detto qualche cosa a sproposito, del tipo: che cosa hai fatto? “Mah, padre, le solite sciocchezze...” Si sentiva rispondere: “Che sciocchezze! Vattene via".»
In una guerra di trincea si combatte per guadagnare qualche palmo di terra, qualche metro; nel suo confessionale il monaco si batteva per strappare all’Avversario quante più anime poteva. «Era l’altra faccia di questa lotta. Indubbiamente. Diceva: se io non faccio così, queste persone non si convertono. Due miei carissimi amici, Attilio Negrisoli e Nello Castello, due sacerdoti grandi conoscitori di Padre Pio portavano continuamente pellegrinaggi da Padova a San Giovanni Rotondo; e poi ricevevano le confidenze delle persone che si confessavano. Gli raccontavano come era andata la confessione. Quindi avevano una grande esperienza delle confessioni di Padre Pio. E hanno calcolato che un terzo delle persone veniva mandato via senza assoluzione. Perché non erano preparati. O non avevano sufficiente dolore, o pentimento, o decisione a cambiare vita. Padre Pio voleva che la confessione fosse una vera conversione. Che uno fosse deciso veramente a cambiare vita. Ho ricordo di un mio amico di Modena, siamo stati anche compagni di scuola, e dopo tanti anni di lontananza ci siamo ritrovati lì, a San Giovanni Rotondo, e ci siamo fatti una grande festa. Lui era lì da parecchio tempo. E ogni settimana andava a confessarsi. A San Giovanni Rotondo vigeva una regola. Se uno tornava a confessarsi da Padre Pio, doveva aspettare una settimana, perché con tutta la gente che voleva confessarsi era necessario fissare dei turni. Quel mio amico c era già andato varie volte, e tutte le volte Padre Pio l’aveva sbattuto fuori Anche in quell'occasione, si è ripetuto l'episodio. Ero proprio lì mentre si confessava, a due passi da lui, quando è uscito gli sono andato incontro: Ti ha assolto?". “No, non mi ha assolto". Poi ha aggiunto: “Però starò qui fino a che lui non mi assolve". Infine venne la volta in cui Padre Pio l'assolse; e dopo il mio amico ammise: “Ecco, quella volta lì avevo fatto veramente un proposito serio... avevo fatto un proposito con vera serietà di correggermi", e quella volta lì ebbe l'assoluzione “si vede che prima c'era qualche intoppo da cui non riusciva a venir fuori". »
MARCO TOSATTI
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