venerdì 21 ottobre 2022

NOTTE OSCURA

 


NOTTE OSCURA 


1.   Nozione  

Padre Pio, che sembra smarrirsi, sconvolto dal fragore della tempesta  abbattutasi sopra il suo spirito, e non riuscire a muoversi con passo fermo senza il provvidenziale aiuto della direzione spirituale, ha idee chiarissime su  questo stato mistico. 

In una lettera indirizzata al padre Agostino, che gli chiedeva orientamenti per  due anime, che attraversavano la dura prova delle purificazioni dello spirito,  espone magistralmente il fenomeno delle purificazioni attive e passive, la  necessità, le modalità, le finalità, il comportamento dell'anima durante la  prova, ecc. Sono pagine che echeggiano la classica dottrina di san Giovanni  della Croce. La lettera, datata 19 dicembre 1913, degna di essere letta tutta,  svolge l'argomento come segue.  

La notte oscura è uno stato "invidiabile, perché tutto, concorre a disporre ed a  preparare il cuore a ricevere in se stesso la forma vera dello spirito, che  altro non costituisce che l'unione d'amore". L'anima si convincerà che, non  ostante la violenza della prova cui è sottoposta, possiede l'amicizia di Dio,  pensando che è sempre disposta a dedicarsi interamente a lui e ad operare  esclusivamente per la sua gloria e onore. Né si deve impressionare perché non  sente più la dolcezza e soavità che una volta sperimentava nel divino servizio,  essendo questa "una accidentalità" che Dio "toglie all'anima di già fortificata  nello spirito". Dio vuole sposarsi con l'anima in fede e l'anima si deve  preparare "a questo celeste connubio" camminando in pura fede.  

Non potrà mai assurgere alla divina unione se prima non è purificata da ogni  imperfezione attuale e abituale, e ciò "s'ottiene con la purga dello spirito,  colla quale Iddio con una luce altissima penetra tutta l'anima, intimamente la  trafigge e tutta la rinnova". Questa luce investe l'anima "in modo penale e  desolante", causandole "afflizioni estreme e pene interiori di morte". L'anima  non riesce a comprendere questa divina operazione per due motivi: uno proviene  dalla natura della luce investitrice e l'altro dalla capacità stessa dell'anima.  Da una parte, quella luce sorpassa "siffattamente la capacità dell'anima, da  essere causa piuttosto di tenebre e di tormento, che di luce"; dall'altra, la  capacità dell'anima è così limitata, che lo splendore abbagliante della luce  diventa penoso, afflittivo ed invece di consolarla la riempie  "di pene grandi nell'appetito sensitivo, e di gravi angustie e pene orrende  nelle potenze spirituali".  

La traiettoria del fenomeno è la seguente: sul principio la divina luce investe  le anime, ancora indisposte, in modo purgativo; quando sono state purgate, le  investe illuminandole ed innalzandole alla vista ed all'unione perfetta con Dio.  "Quindi - conclude padre Pio - si rallegrino nel Signore dell'alta dignità a cui  le va innalzando e confidino pienamente nello stesso Signore, come faceva il santo Giobbe che posto anch'egli da Dio in tale stato, sperava di veder la luce  dopo le tenebre".  

La teoria qui esposta con tanta chiarezza, in seguito sarà arricchita con la  personale esperienza. 

Con non meno chiarezza di concetti e sodezza di principi spiega a padre  Benedetto (4 maggio 1914) il fenomeno che ormai si andava sviluppando nella sua  anima. Meritano di esser trascritti almeno alcuni squarci, perché sono come  l'inquadratura delle molteplici manifestazioni che si leggeranno per esteso  nell'epistolario:  

"Che debbo dirvi della povera anima mia?! Ahimè, che troppo infedele è stata col  suo Dio! [...]. Ci sono dei momenti nei quali nel cielo dell'anima mia si  addensano nubi sì oscure e tenebrose, da non lasciare passare neanche debolmente  un raggio di luce. E' l'alta notte per l'anima. L'anima viene posta in  afflizioni estreme e pene interiori di morte. La divina bontà viene  rappresentata all'anima in tal modo, da non poter la poverina godere di tanta  bontà con possedimento di amore [...]; l'anima posta in questo stato anela a  Dio, fonte di ogni bene, e solo con un profluvio di lacrime palesa la pena delle  sue brame.  

Tutto l'inferno allora si riversa con i suoi ruggiti cavernosi su di lei; tutta  la vita, passata e presente, è spavento per essa [...]. Non è tutto ancora;  l'anima stessa sembra che si sia votata a congiurare contro se stessa servendosi  a tal fine della fantasia e della immaginazione. I belli giorni passati col  dolcissimo Gesù spariscono del tutto dalla mente [...]. 

Tale stato non dura a lungo in una istessa intensità e né potrebbe, a mio  credere, durar più a lungo senza che l'anima uscisse dal corpo. Quello che non  si agita punto in questa estrema prova è l'alta punta dello spirito [...].  

E' una prova di fuoco, mio carissimo padre, questa, del tutto differente però  dal fuoco di questo basso mondo. Tra questi due fuochi vi è però questo di  somigliante, cioè che ambedue questi fuochi distruggono e consumano tutto ciò  che si oppone al conseguimento del loro fine. Difatti, uscita che è l'anima da  questa prova di fuoco, si rende sempre sgravata maggiormente dalle vesti  dell'uomo vecchio" (cf. anche 20 4 1914). 

Evidentemente queste linee fondamentali si arricchirono successivamente con  altri fenomeni ed altre manifestazioni caratteristiche del periodo di  purificazione.  

Per fortuna padre Pio, durante questo delicato periodo della sua ascesa  spirituale, trovò in padre Benedetto una guida dalle idee molto chiare su questo  fenomeno e che sapeva esprimerle con vigore ed esattezza, ricordandogli  opportunamente nei momenti più critici della prova i principi dei maestri della  vita spirituale per orientarlo, incoraggiarlo e sostenerlo nella lotta voluta da  Dio per altissimi fini:  

"Checché dica e faccia il tentatore, Dio va attuando in te il suo mirabile fine,  qual'è di completare la tua piena trasfigurazione in lui. Non credere ai  sussurri e alle ombre avverse del nemico e tieni ferma la verità contenuta in  questa dichiarazione che fo in piena autorità e sicurezza di coscienza. Temere  di perderti tra le braccia della bontà divina è più curioso del timore del  bambino stretto fra le braccia materne. Bandisci qualunque dubbio o ansia, che,  del resto, sono permessi dalla carità infinita per lo stesso fine suaccennato"  (padre Benedetto a padre Pio, 8 4 1918, cf. anche 7 6 1918).  

"Non temete che non vi abbandonerò, come neppure vi abbandona Iddio. Temete di  perdervi e di aver già perduto Iddio e domandate a me ov'egli si trovi! E' in  voi e voi siete in lui. Voi siete simile al viandante che chiuso nella cabina  della nave, non vede né la nave né avverte il movimento di essa. Solo è scosso  dal suo tremore e impaurito teme là là di naufragare e di calare a picco  nell'abisso del mare. Ma in verità quantunque non veda è nella nave, e sebbene  gli sembra di star fermo si muove e percorre vari chilometri all'ora. Teme di  affondare e che le scosse del movimento siano avvisi di perdizione imminente,  mentre la nave galleggia e trema appunto perché rompe l'acqua e si avanza. A lui  che si lamenta di star fermo e che va cercando la nave in cui salvarsi, si può  rispondere: quando per un momento uscirai all'aperto fuori della cabina, vedrai  che sei nella nave, che la nave galleggia e cammina velocissima, e trema per  virtù della sua stessa forza con cui affronta i flutti e li fende. 

Non temete, no, di naufragare e neppur chiedete dov'è il Signore, perché in lui  e sulle sue braccia non si è soggetti a iattura di sorta [...]. So bene che  aderite all'ubbidienza e alla direzione e che vi pare di non aderire, ma...  pare, e il parere non è l'essere. Le assicurazioni annegano nella furia delle  ansie e dei tormenti perché colui che è onnipotente sa distruggere la luce e le  impressioni del conforto appunto perché l'anima deve stare in tormento e dopo la  stilla del miele, deve continuare a sorbire il calice del Getsemani. Consolatevi  e non temete" (padre Benedetto a padre Pio, 22 6 1918). 

PADRE PIO DA PIETRELCINA 


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