NOTTE OSCURA
1. Nozione
Padre Pio, che sembra smarrirsi, sconvolto dal fragore della tempesta abbattutasi sopra il suo spirito, e non riuscire a muoversi con passo fermo senza il provvidenziale aiuto della direzione spirituale, ha idee chiarissime su questo stato mistico.
In una lettera indirizzata al padre Agostino, che gli chiedeva orientamenti per due anime, che attraversavano la dura prova delle purificazioni dello spirito, espone magistralmente il fenomeno delle purificazioni attive e passive, la necessità, le modalità, le finalità, il comportamento dell'anima durante la prova, ecc. Sono pagine che echeggiano la classica dottrina di san Giovanni della Croce. La lettera, datata 19 dicembre 1913, degna di essere letta tutta, svolge l'argomento come segue.
La notte oscura è uno stato "invidiabile, perché tutto, concorre a disporre ed a preparare il cuore a ricevere in se stesso la forma vera dello spirito, che altro non costituisce che l'unione d'amore". L'anima si convincerà che, non ostante la violenza della prova cui è sottoposta, possiede l'amicizia di Dio, pensando che è sempre disposta a dedicarsi interamente a lui e ad operare esclusivamente per la sua gloria e onore. Né si deve impressionare perché non sente più la dolcezza e soavità che una volta sperimentava nel divino servizio, essendo questa "una accidentalità" che Dio "toglie all'anima di già fortificata nello spirito". Dio vuole sposarsi con l'anima in fede e l'anima si deve preparare "a questo celeste connubio" camminando in pura fede.
Non potrà mai assurgere alla divina unione se prima non è purificata da ogni imperfezione attuale e abituale, e ciò "s'ottiene con la purga dello spirito, colla quale Iddio con una luce altissima penetra tutta l'anima, intimamente la trafigge e tutta la rinnova". Questa luce investe l'anima "in modo penale e desolante", causandole "afflizioni estreme e pene interiori di morte". L'anima non riesce a comprendere questa divina operazione per due motivi: uno proviene dalla natura della luce investitrice e l'altro dalla capacità stessa dell'anima. Da una parte, quella luce sorpassa "siffattamente la capacità dell'anima, da essere causa piuttosto di tenebre e di tormento, che di luce"; dall'altra, la capacità dell'anima è così limitata, che lo splendore abbagliante della luce diventa penoso, afflittivo ed invece di consolarla la riempie "di pene grandi nell'appetito sensitivo, e di gravi angustie e pene orrende nelle potenze spirituali".
La traiettoria del fenomeno è la seguente: sul principio la divina luce investe le anime, ancora indisposte, in modo purgativo; quando sono state purgate, le investe illuminandole ed innalzandole alla vista ed all'unione perfetta con Dio. "Quindi - conclude padre Pio - si rallegrino nel Signore dell'alta dignità a cui le va innalzando e confidino pienamente nello stesso Signore, come faceva il santo Giobbe che posto anch'egli da Dio in tale stato, sperava di veder la luce dopo le tenebre".
La teoria qui esposta con tanta chiarezza, in seguito sarà arricchita con la personale esperienza.
Con non meno chiarezza di concetti e sodezza di principi spiega a padre Benedetto (4 maggio 1914) il fenomeno che ormai si andava sviluppando nella sua anima. Meritano di esser trascritti almeno alcuni squarci, perché sono come l'inquadratura delle molteplici manifestazioni che si leggeranno per esteso nell'epistolario:
"Che debbo dirvi della povera anima mia?! Ahimè, che troppo infedele è stata col suo Dio! [...]. Ci sono dei momenti nei quali nel cielo dell'anima mia si addensano nubi sì oscure e tenebrose, da non lasciare passare neanche debolmente un raggio di luce. E' l'alta notte per l'anima. L'anima viene posta in afflizioni estreme e pene interiori di morte. La divina bontà viene rappresentata all'anima in tal modo, da non poter la poverina godere di tanta bontà con possedimento di amore [...]; l'anima posta in questo stato anela a Dio, fonte di ogni bene, e solo con un profluvio di lacrime palesa la pena delle sue brame.
Tutto l'inferno allora si riversa con i suoi ruggiti cavernosi su di lei; tutta la vita, passata e presente, è spavento per essa [...]. Non è tutto ancora; l'anima stessa sembra che si sia votata a congiurare contro se stessa servendosi a tal fine della fantasia e della immaginazione. I belli giorni passati col dolcissimo Gesù spariscono del tutto dalla mente [...].
Tale stato non dura a lungo in una istessa intensità e né potrebbe, a mio credere, durar più a lungo senza che l'anima uscisse dal corpo. Quello che non si agita punto in questa estrema prova è l'alta punta dello spirito [...].
E' una prova di fuoco, mio carissimo padre, questa, del tutto differente però dal fuoco di questo basso mondo. Tra questi due fuochi vi è però questo di somigliante, cioè che ambedue questi fuochi distruggono e consumano tutto ciò che si oppone al conseguimento del loro fine. Difatti, uscita che è l'anima da questa prova di fuoco, si rende sempre sgravata maggiormente dalle vesti dell'uomo vecchio" (cf. anche 20 4 1914).
Evidentemente queste linee fondamentali si arricchirono successivamente con altri fenomeni ed altre manifestazioni caratteristiche del periodo di purificazione.
Per fortuna padre Pio, durante questo delicato periodo della sua ascesa spirituale, trovò in padre Benedetto una guida dalle idee molto chiare su questo fenomeno e che sapeva esprimerle con vigore ed esattezza, ricordandogli opportunamente nei momenti più critici della prova i principi dei maestri della vita spirituale per orientarlo, incoraggiarlo e sostenerlo nella lotta voluta da Dio per altissimi fini:
"Checché dica e faccia il tentatore, Dio va attuando in te il suo mirabile fine, qual'è di completare la tua piena trasfigurazione in lui. Non credere ai sussurri e alle ombre avverse del nemico e tieni ferma la verità contenuta in questa dichiarazione che fo in piena autorità e sicurezza di coscienza. Temere di perderti tra le braccia della bontà divina è più curioso del timore del bambino stretto fra le braccia materne. Bandisci qualunque dubbio o ansia, che, del resto, sono permessi dalla carità infinita per lo stesso fine suaccennato" (padre Benedetto a padre Pio, 8 4 1918, cf. anche 7 6 1918).
"Non temete che non vi abbandonerò, come neppure vi abbandona Iddio. Temete di perdervi e di aver già perduto Iddio e domandate a me ov'egli si trovi! E' in voi e voi siete in lui. Voi siete simile al viandante che chiuso nella cabina della nave, non vede né la nave né avverte il movimento di essa. Solo è scosso dal suo tremore e impaurito teme là là di naufragare e di calare a picco nell'abisso del mare. Ma in verità quantunque non veda è nella nave, e sebbene gli sembra di star fermo si muove e percorre vari chilometri all'ora. Teme di affondare e che le scosse del movimento siano avvisi di perdizione imminente, mentre la nave galleggia e trema appunto perché rompe l'acqua e si avanza. A lui che si lamenta di star fermo e che va cercando la nave in cui salvarsi, si può rispondere: quando per un momento uscirai all'aperto fuori della cabina, vedrai che sei nella nave, che la nave galleggia e cammina velocissima, e trema per virtù della sua stessa forza con cui affronta i flutti e li fende.
Non temete, no, di naufragare e neppur chiedete dov'è il Signore, perché in lui e sulle sue braccia non si è soggetti a iattura di sorta [...]. So bene che aderite all'ubbidienza e alla direzione e che vi pare di non aderire, ma... pare, e il parere non è l'essere. Le assicurazioni annegano nella furia delle ansie e dei tormenti perché colui che è onnipotente sa distruggere la luce e le impressioni del conforto appunto perché l'anima deve stare in tormento e dopo la stilla del miele, deve continuare a sorbire il calice del Getsemani. Consolatevi e non temete" (padre Benedetto a padre Pio, 22 6 1918).
PADRE PIO DA PIETRELCINA
Nessun commento:
Posta un commento