Gesù prese con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Questi hanno sollecitato il favore di essere agli onori; stanno per essere soddisfatti. Il Re siede sul suo trono e li invita a sedersi presso la Sua maestà: eccolo steso per terra, come morto, bagnato del suo sangue, cosparso di lacrime, senza forza e quasi senza coraggio, vittima pronta per l'olocausto. Ecco cosa devono attendersi i ministri, i preferiti di Gesù: essere testimoni delle Sue umiliazioni, delle Sue sofferenze, prima di essere essi stessi umiliati e sacrificati. Sono dunque in grande errore quelli che, perché servono Gesù, si attendono una ricompensa terrestre. O piuttosto le loro ricompense devono essere le umiliazioni e le sofferenze. Già Nostro Signore aveva detto: "Quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato comandato dite: "siamo servi inutili". Non si ha dunque diritto a nessuna ricompensa quando si è servito, perché vi era obbligato il Divino Maestro. Non è tuttavia per obbligo ma per amore che lo dovremmo servire gratuitamente. Ma quando, a causa dei nostri buoni servigi, ci riserva di essere trattati come Lui, noi servitori, come il Maestro, di mangiare alla sua tavola il pane dell'amarezza che Egli consuma, sì, c'è qui una grande ricompensa giacché non è un nutrimento di animali, ma è il nutrimento stesso di Dio. Bisogna dunque ringraziarlo.
Ma, per questo, bisogna servire fino in fondo: dopo aver sgobbato per il Maestro al di fuori, non bisogna mettersi subito a tavola, poi dormire come hanno fatto gli apostoli; bisogna prima purificarsi, rivestirsi degnamente di virtù interiori, vegliare col Maestro e servirlo finché Egli veglia, poi sedersi, mangiare, riposarsi. Riposarsi soprattutto come? Come Maddalena, ascoltando il Maestro, guardandolo. Di modo che, sorprendendoci la morte, non abbiamo che a continuare in cielo la conversazione cominciata sulla terra. Mio Gesù, Tu soffri? Io Ti amo! É ben poco, il mio piccolo amore, di fronte alla Tua immensa tristezza; ma almeno, Tu sai che non sei solo a gemere sui peccatori, a deplorare il peccato, a domandarne perdono a Dio, a riparare, con la sofferenza e l'amore, il piacere e l'odio. Io accetto di gran cuore i piccoli sacrifici che mi offri; partecipo al Tuo desiderio del regno di Dio; già voglio sottomettermi interamente a Te per Maria mia sovrana: Tu sei il mio Re e, per quel che vale la mia influenza, Tu sei il Re di tutto ciò che dipende da me. Ma Tu soffri anche per causa mia: Tu solo sai il numero e la gravità dei miei peccati, la profondità delle mie ingratitudini, con quanti dolori e sangue hai riscattato la mia anima di dannato per farne una perla sulla corona di Maria, se possibile. Tu hai dunque un diritto assoluto su tutte le mie potenze, e io Te le sottometto col mio amore riconoscente e umilmente compassionevole. Dammi di riparare nella misura del possibile, la pena che ho causato a Te e a Maria, il male che ho fatto. Donami di portarti delle anime più ferventi della povera mia, che sappiano amarti di più e farti amare, servirti e farti servire. Così sia!
meditazioni, ritrovate tra i suoi scritti Fernand Crombette
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