Come i primi cristiani
Gaspare era da pochi mesi nel carcere di Bologna, quando apprese la ferale notizia della morte della sua carissima Mamma., Madre e figlio, nella rara corrispondenza, che avevano potuto scambiarsi, si celavano amorevolmente a vicenda le tristi condizioni di salute e le pene del cuore. Tuttavia, per quelle misteriose vie, che coloro che si amano sanno trovare, Annunziata aveva saputo della grave malattia del figlio e Gaspare delle precarie condizioni della mamma. Notizie gravi da ambo le parti, anche se addolcite e ridimensionate dalla pietà di chi le portava. Annunziata, dalla partenza del figlio, non si era ripresa più e «andava bevendo la morte a sorsi». Sul letto di morte, quasi col sorriso sulle labbra, mormorò: «Sia fatta la volontà di Dio; rivedrò mio figlio in Paradiso». E s'addormentò nel Signore il 20 ottobre 1811.
L'Albertini si assunse il delicato e penoso compito di comunicare a Gaspare la dolorosa notizia. Egli ne rimase impietrito! Sulle prime si sforzò quasi di non credervi e riuscì a trattenere le lacrime, poi prevalse la legge del cuore e scoppiò in pianto dirotto. Ecco come scrisse a Sr. Tamini: «Fra le altri tribolazioni, colle quali piace al Signore di visitarmi, si è aggiunta quella, fra tutte la più pesante, della perdita, cioè, della mia santa ed incomparabile genitrice. L'uniformità ai divini voleri non esclude nella mia umanità, il peso grande che risento per tale mancanza. Non mi trattengo molto su questo per ora, perché troppo viva è la ferita... Sono stordito! Il dolore per mia madre è inesprimibile!».
Con il cuore straziato e le membra intirizzite dal gelo, Gaspare, con otto sacerdoti, viene trasferito dal carcere di Bologna a quello di Imola. L'amorevole gara dei cittadini bolognesi e imolesi nel dar loro aiuto e conforto irritò il Governo, che ne ordinò il trasloco alla Fortezza, dove 1' inasprimento della pena fu di tutt'altro genere. Più umano il vitto e l'alloggio, ma rigoroso divieto di qualsiasi contatto anche epistolare con 1' esterno, e severa proibizione di celebrare Messa. Era l'apice della persecuzione, la catacomba. Il massimo dei patimenti per un sacerdote.
La fama di quei prigionieri, e di Gaspare in particolare, li aveva preceduti. Gli Imolesi sapevano tutto della fierezza di quel giovane prete romano, della sua santità e dottrina e della sua abnegazione a favore dei compagni di sventura. Ecco perché, al momento del loro trasloco, il popolo era tutto li a fiancheggiare la carrozza che li portava alla Fortezza per applaudirli. Gli Imolesi, poi, avendo saputo del divieto di celebrar Messa, cercarono in un primo tempo di fargli pervenire per vie misteriose, l'Eucarestia, proprio come al tempo dei primi cristiani - ricordate S. Tarcisio? - poi, con la complicità dello stesso personale di custodia, anche l'occorrente per dir Messa. Così nella notte quella severa fortezza splendeva di luce agli occhi dei cittadini, come un faro. Lì, otto sacerdoti, tra i quali un santo - Gaspare Del Bufalo - levavano al Cielo per sé e per loro 1' Ostia consacrata e il Calice del Sangue di Cristo!
Intanto Napoleone era riuscito a strappare a Pio VII, prigioniero a Fontainebleau, un concordato, ovviamente tutto a proprio vantaggio, e se ne servi subito per convincere i sacerdoti prigionieri che il giuramento era voluto proprio dal Papa. Due dei compagni di Gaspare, nonostante egli li scongiurasse, caddero nel trabocchetto, mentre gli altri, più che mai fermi nel diniego, furono rinchiusi nella Fortezza di Lugo, dove vennero sottoposti ad un trattamento ancor più duro ed iniquo. Affidati alla sorveglianza d'un terribile custode soprannominato lupo, questi non smentì la triste fama del suo nome. Fu un vero aguzzino! Ne chiuse quindici in tre anguste celle. Ben presto si sacrificarono in quattordici in due sole di esse, per lasciarne una interamente a disposizione di un compagno in fin di vita per etisia, che così avrebbe potuto almeno godere d'un po' di aria. L'aguzzino dimezzò il già magro e rivoltante cibo, sequestrò libri e corrispondenza e rubò i loro pochi oggetti. Infine vietò la celebrazione della S. Messa e di ricevere la Comunione.
Un mattino però giunse una lieta notizia: il Commissario aveva lasciato Lugo; le cose per Napoleone stavano prendendo una cattiva piega. La libertà era dunque imminente.
Quel drappello di eroi fu portato a Bologna con l'intenzione di farli proseguire per la Corsica. Essi però, approfittando della confusione, se ne partirono per Roma. Gaspare, invece, dopo aver salutato e ringraziato gli amici bolognesi, fece sosta a Firenze, dove si fermò a lungo a diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue.
Perché tanta fretta? A Roma, ormai, non c'era più la cara mamma che l'aspettava con ansia!
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