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Una cosa comunque è chiara: dopo l’assunzione indebita dei valori di due secoli liberali, l’attuale Gerarchia “riabilita”, uno dopo l’altro, i modernisti, i liberali, gli eresiarchi tipo Lutero (definito da Giovanni Paolo II nientemeno che un uomo di “profonda religiosità”14; gli Ebrei tuttora ostinati rinnegatori di Gesù Cristo (ma per Giovanni Paolo II diventati all’improvviso, chissà come, nostri “fratelli maggiori”15); gli “ideali” di libertà-uguaglianzafraternità dell’anticristiana Rivoluzione Francese (ragion per cui Giovanni Paolo II si è appunto augurato che la Francia “contribuisca a far progredire incessantemente gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità che essa ha saputo presentare al mondo”16), ecc.
Al contrario, ma anche qui con logica ferrea mutuata dalla prassi della stessa Rivoluzione del 1789, ora introdotta nella Chiesa - quella, per intenderci, del “nessuna libertà per i nemici della Libertà” - ecco che la Gerarchia di cui sopra, pur non perdendo occasione per dichiararsi ormai ultraliberale e ipertollerante verso tutto e verso tutti, tra gli applausi entusiasti di massoni, comunisti e di tutti i media laicisti, “scomunica” inesorabilmente, ma anche del tutto invalidamente, Vescovi fedeli e benemeriti, come un Mons Marcel Lefebvre e un Mons Antonio De Castro-Mayer, rei di non aver voluto allinearsi, almeno con un complice silenzio, alle “novità” filomassoniche e filomoderniste del Concilio Vaticano II e alla loro diffusione nell’indifeso ed ignaro “popolo di Dio”.
Perché questa, anche se più o meno maldestramente mascherata, è la vera motivazione di quella pseudoscomunica, al di là del pretesto disciplinare di un inesistente “atto scismatico” attribuito a quei due Prelati.
A questo proposito, anzi, già diversi anni prima, il medesimo Mons. Marcel Lefebvre aveva ricordato: “Non ho fatto che ciò che tutti i vescovi hanno fatto per secoli e secoli. Non ho fatto altra cosa che ciò che ho fatto durante i 30 anni della mia vita sacerdotale e che mi ha valso d’essere eletto vescovo, Delegato Apostolico in Africa, membro della Commissione centrale preconciliare, Assistente al Trono Pontificio. Che potevo desiderare di più come prova che Roma stimasse che il mio apostolato fosse fecondo per la Chiesa e il bene delle anime? Ed ecco che, allorché compio un’opera in tutto simile a quella che ho realizzato per 30 anni, all’improvviso sono sospeso “a divinis” e forse presto scomunicato, separato dalla Chiesa, rinnegato e che altro ancora?
È possibile? Dunque, pure ciò che ho fatto per 30 anni era suscettibile di una sospensione “a divinis”? Penso al contrario che se allora avessi formato i seminaristi come sono formati ora nei nuovi seminari, sarei stato scomunicato; se avessi allora insegnato il catechismo che si insegna oggi, sarei stato definito eretico. E se avessi detto la Messa come la si dice ora, sarei stato sospettato di eresia, sarei stato anche dichiarato fuori della Chiesa. A questo punto, non capisco più. Qualcosa è cambiato nella Chiesa, ed è a questo che voglio arrivare”. (Dall’omelia tenuta a Lille, in Francia, il 29 agosto 1976 e riportata da “La Tradizione Cattolica” n. 37, anno 1998, pp. 9-17).
Di fronte a tutto questo, dunque, e a molto altro ancora, non pochi cattolici si chiedono sconcertati che cosa stia accadendo, senza però riuscire, in genere, a comprendere le cause profonde di questa vera e propria Rivoluzione, dato che la disinformazione dei fedeli e dei sacerdoti più giovani, riguardo ai reali avvenimenti ecclesiali degli ultimi decenni, è praticamente totale.
Disinformazione che si estende, evidentemente, anche all’ambito dell’ideologia del modernismo e del neomodernismo della cosiddetta nouvelle théologie, oggi imperante nella Chiesa a livello ufficiale, ma anche già solennemente condannata dai Sommi Pontefici “preconciliari”.
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sac. Andrea Mancinella
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