sabato 1 agosto 2020

LEGGENDA PERUGINA



( COMPILAZIONE DI ASSISI )


LA CETRA ANGELICA

24. All’epoca in cui Francesco era presso Rieti, alloggiando per alcuni giorni in una  camera dl Tebaldo Saraceno per motivo del suo male d’occhi, disse una volta a uno dei  compagni che nel mondo aveva imparato a suonare la cetra: «Fratello, i figli di questo  secolo non sono sensibili alle cose divine. Usano gli strumenti musicali, come cetre,  arpe a dieci corde e altri, per la vanità e il peccato, contro il volere di Dio, mentre nei  tempi antichi gli uomini li utilizzavano per la lode di Dio e il sollievo dello spirito. Io  vorrei che tu acquistassi di nascosto una cetra da qualche onesto uomo, e facessi per me  una canzone devota. Ne approfitteremmo per accompagnare le parole e le lodi del  Signore. Il mio corpo è afflitto da una grande infermità e sofferenza; così, per mezzo  della cetra bramerei alleviare il dolore fisico, trasformandolo in letizia e consolazione  dello spirito».

Francesco di fatti aveva composto alcune laudi al Signore durante la sua malattia e le  faceva talora cantare dai compagni a gloria di Dio e a conforto della sua anima, nonché  allo scopo di edificare il prossimo

Il fratello gli rispose: «Padre, mi vergogno di andare a chiedere una cetra, perché la  gente di questa città sa che io nel secolo sonavo la cetra, e temo che mi sospettino  ripreso dalla tentazione di suonare». Francesco concluse: «Bene, fratello, lasciamo  andare».

La notte seguente il Santo stava sveglio. Ed ecco sulla mezzanotte, fremere intorno alla  casa dove giaceva il suono di una cetra: era il canto più bello e dilettoso che avesse  udito in vita sua. L’ignoto musicista si scostava tanto lontano, quanto potesse farsi sentire, e poi si riavvicinava, sempre pizzicando lo strumento. Per una grande ora durò  quella musica. Francesco, intuendo che quella era opera di Dio e non di un uomo, fu  ricolmo di intensa gioia, e con il cuore esultante e traboccante di affetto lodò il Signore  che lo aveva voluto deliziare con una consolazione così soave e grande.

Al mattino, alzandosi, disse al compagno: «Ti avevo pregato, fratello, e tu non mi hai  esaudito. Ma il Signore che consola i suoi amici posti nella tribolazione, questa notte si  è degnato di consolarmi». E narrò l’esperienza avuta. Stupirono i fratelli, comprendendo  che si trattava di un grande miracolo, e conclusero che Dio stesso era intervenuto a  portare gioia a Francesco.

In effetti, non solo a mezzanotte, ma anche al terzo rintocco della campana, per ordine  del podestà, nessuno poteva circolare per la città. D’altronde, come Francesco riferì, la  cetra sonante andava e tornava nel silenzio, senza parole di bocca umana, e ciò per una  grande ora, a sollievo del suo spirito.

Traduzione di VERGILIO GAMBOSO

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