sabato 18 gennaio 2020

La Stolta Superbia e Soave Umiltà



I  MODERNI

“Il mondo chiama grandi coloro che, con mezzi quasi sempre illeciti, sanno prendere i posti migliori, e per arrivarci, fanno del prossimo uno sgabello sul quale salgono, schiacciandolo. Chiama “Grandi” coloro che sanno uccidere moralmente e materialmente per regnare, estorcono posti e paesi, svenando gli altri delle loro ricchezze singole e collettive per impinguarsene. Spesso il mondo chiama “grandi” i delinquenti. La vera grandezza non sta nella delinquenza, ma nella bontà, nell’onestà, nell’amore, nella giustizia” (Poema 1°, p. 247).
Elevate monumenti a grandi prepotenti e non agli umili, nascosti, (eroici) benefattori dell’Umanità!
“Uomo” dovrebbe dire: figlio di Dio, fatto a immagine e somiglianza del Padre nei pensieri, desideri, e affetti. 
Il vero figlio è così. 
Attualmente invece l’uomo è figlio di Dio? Il mondo nega Satana, perché lo ha tanto in sé da non accorgersene più. Lo ha tanto aspirato e assorbito che è diventato parte di se stesso. Chi, fra voi, non ha un culto o più culti segreti? Uno ha, come idolo, la bellezza e l’eleganza; l’altro, l’orgoglio del suo sapere, un altro incensa la speranza di diventare umanamente grande. Chi adora la femmina, chi il danaro e così via. In verità, vi dico, non c’è uomo che non sia intinto di idolatria! Come allora sdegnare i pagani per sventura, quando, pur essendo del vero Dio, pagani si rimane di volontà” (Poema 2°, p. 497). Poi, “cos’è la possessione diabolica, se non una malattia dello spirito contagiato da Satana? Come spiegare altrimenti certe perversioni negli uomini? Perversioni che rendono l’uomo molto peggiore delle belve in ferocia, delle scimmie in lussuria, facendone un ibrido di uomo, di animale e di demonio. Questa è la spiegazione di ciò che ci stupisce nell’inspiegabile mostruosità di tante creature” (Poema 2°, p. 476).
“Cerchiamo di strappare questi infelici alla loro triste sorte. Non c’è che l’amore che possa ciò che nient’altro riesce a fare. Ma per quanto l’amore sia forte, viene spesso reso impotente, perché urta contro una superbia tetragona ad ogni assalto del bene. Si credono dèi, perché hanno sulle labbra il mordente del frutto dell’umano sapore. Adamo non muore, l’Adamo che si è perduto per volere conoscere, e conoscere per divenire dio, rinasce con le sue passioni in ogni uomo” (Quad. ‘44, p. 697).
“Le opere del genio e dell’ingegno umano, doni miei e di cui andate tanto superbi, vanno in polvere per ricordarvi che Io solo sono Dio. Quello che è mio resta. Né l’uomo, né il demonio lo possono distruggere. Il cielo e le stelle sono intoccabili come Me. I fiori dei colli e le verdi foreste risorgono da ogni labile morte portata dall’uomo, come Io sono risorto dalla breve morte che l’uomo mi aveva inflitta. Le piante stroncate, le erbe calpestate dalla guerra torneranno a riprodursi come le avevo fatte il primo giorno. Le vostre opere, no! Non torneranno mai più a rivivere le opere di arte, chiese e cupole, palazzi e monumenti dei quali vi gloriate, fatti nei secoli passati e periti in un attimo per il vostro castigo!
Le opere del progresso cadono lo stesso in briciole insieme col vostro stolto orgoglio che si crede un dio perché le inventò. Anzi, vi si rivoltano contro, aumentando la distruzione e il dolore. La mia Creazione resta e più bella, perché la sua immutabilità che nessun ordigno scalfisce, parla di Me ancora più forte, mentre tutto ciò che è vostro perisce. Ma è meglio per voi rimanere senza nulla, avendo Me, che vivere tra i fastigi dell’arte e del progresso, senza di Me. Una cosa sola è necessaria: il regno dello spirito dove sono Re” (Quad. ‘43, p. 100).
Un’altra forma di superbia per i così detti “Grandi” è la sete di popolarità, di applausi così deludenti per la volubilità delle folle. “Che la folla sia volubile, non è cosa nuova! E’ la belva che lecca la mano del domatore se è armata dallo scudiscio o se offre un pezzo di carne alla sua fame. Ma basta che il domatore cada e non possa usare lo scudiscio, oppure che non abbia più prede per la sua fame che la bestia si avventa contro e lo sbrana. Basta essere buono e dire la verità per essere odiato dalla folla dopo il primo momento di entusiasmo. La verità è monito e rimprovero. La bontà che si priva dello scudiscio fa sì che i non buoni non temano più. Quindi:
“Crocifigge”, dopo avere detto: “Osanna”. La vita del Divino Maestro è piena di queste due voci; e l’ultima è stata: “Crocifigge!”. L’“Osanna” è come il respiro che prende il cantore per avere fiato nel fare l’acuto” (Poema 2°, p. 400).
Vi sono creature già adoratrici di Satana perché hanno il culto della superbia. Pur d’imporsi agli altri vendono se stesse al Tenebroso per averlo amico. L’uomo può fare i contratti con spiriti tenebrosi, non con monete, ma con la scelta, l’adesione al male, la donazione di sé al Maligno pur di avere un’ora di trionfo. Coloro che si vendono al Maledetto per riuscire in un loro scopo, sono più numerosi di quanto si creda e riescono ad ottenere qualcosa, non tutto. Il demonio è potente, ma non può niente se l’uomo è santo. Spesso l’uomo è di suo un demonio. Con l’esorcismo, si combattono le possessioni rumorose, vistose di cui si accorgono, con  forme materiali, poco simpatiche per i familiari. L’uomo è sempre colpito da ciò che urta i suoi sensi. Ma ciò che è immateriale, percettibile solo dallo spirito, egli non lo avverte, e se pure lo avverte, non se ne cura, specialmente se non gli nuoce. Queste possessioni occulte sfuggono al potere dell’esorcista, e sono le più dannose, perché agiscono nella parte più eletta dell’uomo, cioè da spirito a spirito, da ragione a ragione. Sono come miasmi corruttori, inavvertibili finchè la febbre della malattia non avvisi il malato di esserne colpito. Satana aiuta per asservire completamente l’uomo. Dio lo lascia fare, perché da questa lotta tra il bene e il male emerge il volere e il valore della creatura. Perciò lo lascerà sempre fare” (Poema 7°, p. 1735).
“Le colpe dei popoli sono tali e tante che se non fosse infinita la benignità e la pazienza di Dio, da tempo questo mondo, orrore dell’Universo, sarebbe distrutto. E’ un orrore che va tolto, perché nella Creazione perfetta, non devono sussistere cose obbrobriose come questa. Ma nel mondo che ormai è veramente il vestibolo dell’Inferno e il feudo di Satana, vi sono sempre dei giusti, rari come stelle in una notte di tempesta, come palme nella vastità arida del deserto. Ce lo insegna l’episodio di Abramo: Dio è pronto a usare misericordia verso i peccatori, a salvarli dalle sventure sia materiali sia morali durante la loro vita, se fra di loro vi sono giusti che pregano. Ma non a salvarli dopo morti, se hanno meritato castigo. Allora non servono più le intercessioni dei giusti. La giustizia vuole il suo corso: “Avete goduto nella breve vita presente, ora soffrirete per sempre, poiché così avete deciso”, loro dirà il Giudice” (Libro di Az. p. 321).
“Non cercate Dio tra i superbi, là non c’è! Non cercatelo tra i duri di cuore, là non c’è! Non cercatelo tra gli impenitenti, là non c’è! Egli sta nei semplici, nei puri, nei misericordiosi, nei poveri di spirito, nei miti, in quelli che piangono senza imprecare, nei cercatori di giustizia, nei perseguitati, nei pacifici, là c’è Dio! Sta in coloro che si pentono, vogliono perdono, desiderano espiazione. Tutti questi non fanno offerte e sacrifici per essere applauditi, notati, per superbia di apparire perfetti, ma fanno il sacrificio del loro cuore contrito e umiliato, se peccatori; del loro cuore ubbidiente fino all’eroismo, se giusti. Ecco ciò che il Signore gradisce e per le quali offerte si dona con i suoi ineffabili tesori di amore e di delizie soprannaturali. Agli altri non si dona. Hanno già le loro povere delizie nelle abominazioni. E’ inutile che Dio li chiami per le sue vie, poichè hanno già scelto la loro via. Loro manderà soltanto abbandono, spavento e castigo, perché non hanno risposto, né ubbidito al Signore, ma hanno fatto il male sotto i suoi occhi con scherno e malizia” (Poema 6°, p. 678).

René Vuilleumier

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