venerdì 4 settembre 2020

Un comunicato approssimativo



Accade nell’Arcidiocesi di Palermo, retta da Mons. Corrado Lorefice, già fattosi notare per i suoi giri in bicicletta nel presbiterio della Cattedrale.


La vicina cittadella di Villabate era salita alla ribalta per il rifiuto del parroco, don  Leonardo Ricotta (vedi foto in alto), di distribuire la Comunione con i guanti: gesto sacrilego, aveva denunciato il parroco. La notizia era stata diffusa il 16 maggio. Il 23 maggio, l’ufficio stampa dell’Arcidiocesi ha emesso un comunicato in cui rende noto che il parroco avrebbe dato le dimissioni a partire dal 21 maggio.

Non è vero che il parroco sarebbe stato rimosso dall’Arcivescovo, precisa il comunicato. Cosa che sembra inverosimile. Il sospetto è che il comunicato non dica cose esatte, sospetto che diventa quasi certezza quando si legge il seguito dello stesso comunicato.

Il comunicato non dice una parola sull’uso dei guanti di lattice che deve indossare il celebrante per distribuire la Comunione sulla mano ai fedeli, in base al “protocollo” firmato da Cardinale Bassetti, Presidente della CEI, e dal Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, controfirmato dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Dice invece che “la prassi di distribuire la comunione nelle mani è in conformità alle norme emanate dal Magistero della Chiesa”. E dice quindi una cosa inesatta, poiché non c’è un documento del Magistero in merito a tale “prassi”.
Lo stesso comunicato, per giustificare la sua inesattezza, ricorda che l’Istruzione Redemptionis Sacramentum [della Congregazione per il Culto Divino] afferma: “Se un comunicando, … vuole ricevere il sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia”.
Ma questa non è una “norma” del Magistero, è piuttosto la concessione di una deroga, per lo più condizionata dalla espressa richiesta del fedele; deroga che afferma implicitamente che la “norma” non è distribuire la Comunione sulla mano, ma sulla lingua. Il comunicato si sbaglia, quindi. E a nulla vale che ricordi che un’istruzione della CEI: “ammette la comunione nelle mani”; perché neanche questa è una “norma” del Magistero; sia perché la CEI non fa Magistero, sia perché si dice “ammette”, non “ordina” o “dispone”.
Chi ha scritto il comunicato è alquanto approssimativo.

Il comunicato prosegue, inoltre, facendo una precisazione circa la celebrazione secondo il Messale del 1962. E anche qui è impreciso e approssimativo. Tale celebrazione era stata preferita dal parroco Don Ricotta, perché prevede la distribuzione della Comunione sulla lingua, e senza guanti.
Scrive il comunicato: “celebrare … esclusivamente col Rito Romano … del 1962, escluderebbe dalla partecipazione alla Messa la porzione di popolo di Dio che desidera prendervi parte attivamente secondo la forma ordinaria del Messale di Paolo VI, attualmente in uso”.

Questa affermazione è ancora più imprecisa e confusa.
Innanzi tutto, nel Messale di Paolo VI non vi è un modo speciale di “prendere parte attivamente” alla celebrazione della Messa. Da questo punto di vista, assistere alla Santa Messa celebrata secondo i due riti non muta la partecipazione dei fedeli, neanche per quanto riguarda la distribuzione della Comunione.

Il comunicato, però, sottolinea “prendere parte attivamente”; come se questo fosse possibile solo con l’uso del Messale di Paolo VI. La suggestione non è fondata sulla realtà, ma su un pregiudizio: infatti, né l’uso del latino, né l’orientamento del celebrante, né tampoco la distribuzione della Comunione esclusivamente per mano del celebrante, diminuiscono la partecipazione “attiva” dei fedeli alla celebrazione. Semmai il comunicato sottintende che la “prassi” seguita comunemente nelle celebrazioni odierne è diversa da quella antica; la “prassi”, però, non la “norma“. Non si possono confondere le due cose.

Ne deriva che la precisazione presente nel comunicato: “Personali convincimenti, dunque, presentati da singoli come dottrina autentica, non possono essere imposti ai fedeli”; è una precisazione che riguarda in primis lo stesso estensore del comunicato; il quale, prima di scrivere avrebbe fatto bene a ripassarsi le “norme” relative alla celebrazione della Messa.
Né il richiamo alla potestà del vescovo della diocesi in materia liturgica può chiarire la questione: sia perché qui non si specifica alcuna disposizione emanata dal vescovo, sia perché lo stesso vescovo non potrebbe imporre una qualche pratica sacrilega come l’uso dei guanti di lattice per prendere in mano l’Ostia consacrata.

Quello che viene fuori da questo comunicato è semplicemente un pasticcio, che si vorrebbe far passare per cosa normale e soprattutto esplicativa.
Come dovrebbero regolarsi i fedeli? Non certo risolvendo i pasticci della curia arcivescovile. Piuttosto saranno portati a seguire l’iniziativa chiara e ancorata alla pratica della fede messa in atto dal parroco.
Ma il parroco non è più tale! E allora è meglio che seguano il parroco, comunque, piuttosto che seguire i confusi funzionari di curia e in ultima analisi lo stesso vescovo che li avalla.



di Belvecchio maggio 2020

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