23 maggio 1946, S. Desiderio.
I discepoli dormivano, accasciati dalla tristezza. Non è la tristezza, a dire il vero, che fa dormire, essa abbatte e toglie le forze. Ma è piuttosto il sonno che fa dimenticare la tristezza. Si dorme, perché dormendo si dimenticano le pene: mentre si dorme, non si soffre. Ma Gesù, Lui, non può dormire, la sua pena non è di quelle che si eludono; e tuttavia ne è oppresso, e ben più dei suoi apostoli; la sua pena l'ha gettato a terra, senza forza e gemente; fra poco, gli causerà un sudore di sangue. La sua pena è di quelle che uccidono; il suo sonno, è la morte. Non è nascondendola che si fa passare; è spingendosi fino in fondo, soccombendovi. Il sonno, d'altronde, che fa dimenticare temporaneamente la pena, non prepara affatto a sopportarla, a farvi fronte. É la preghiera, la meditazione, la rassegnazione, è l'amor di Dio che fortificano contro la pena. L'oblìo che si vuole averne è una debolezza, una fuga, un tirarsi indietro. La vera attitudine degna, è quella dell'umile coscienza della propria debolezza, che tuttavia aspetta il nemico con piede fermo, appoggiato sulla forza di Dio. C'è tuttavia un sonno che è possibile anche nelle circostanze penose quando non sono estenuanti come quelle del Salvatore agonizzante, è quello che viene dalla quiete che la fiducia in Dio mette nell'anima fedele e orante.
La certezza che la nostra pena è voluta e permessa da Dio deve darci una sicurezza, quella che la pena, di qualsivoglia causa, non supererà il limite delle nostre forze, che contribuirà all'espiazione dei nostri peccati, alla salvezza del prossimo, all'opera Divina, che ci associa all'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi. Non siamo soli; Dio ci vede, i nostri angeli ci attorniano, il cielo ci contempla, il purgatorio ci implora. Coraggio dunque, la prova, per quanto lunga e dura, non sarà eterna. Quelli che si preparano così a soffrire hanno delle probabilità di essere forti. Quanto a quelli che dormono, giunto il momento del penoso risveglio, sono senza energie e pronti ad ogni smarrimento. Nostro Signore, che conosceva la debolezza della nostra volontà, della nostra carne, ce l'ha detto a più riprese "Vegliate, perché non sapete il giorno e l'ora". Ad ogni istante il dolore ci può raggiungere, non ci deve trovare distratti e senza forze, addormentati nei piaceri, in una falsa sicurezza, nel sonno... Pur gioendo dei momenti felici che Dio ci accorda, bisogna essere pronti sia a rendergli il bene che ci ha fatto, sia ad accettare i mali che ci presenta. Come dice S. Paolo, "bisogna usare del mondo come se non ne usassimo, giacché la figura di questo mondo passa", mentre la grande figura di Gesù resta.
Signore, rivolgi verso di noi il Tuo volto; Mostraci il Tuo Santo volto e noi saremo forti, e noi saremo salvati. Il Tuo Volto bagnato di sudore di sangue, il Tuo Volto agonizzante, ecco il segreto della nostra forza. Così sia!
meditazioni, ritrovate tra i suoi scritti Fernand Crombette
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