Non già che dobbiamo desiderare di essere gli ultimi nell'amore di Dio, o i più negligenti nel progredire nella perfezione; nè che dobbiamo dire come certe
anime vili: « Purchè mettiamo piede in Paradiso; questo ci basta », nè si curano di essere più sante; questo sarebbe metterci, in pericolo di non essere mai santi e di stare anche fuori del Paradiso. Al contrario; bisogna sospirare di amare Dio quanto Egli lo desidera, con ardore e fedeltà, e tendere con tutte le nostre forze quel grado di gloria e di felicità
che Egli ci tiene preparato.
Colui che commette la minima colpa per umiliarsi farebbe una sciocchezza: così pure, colui che tralasciasse il minimo bene per essere in Paradiso, avrebbe grave torto. Intendo parlare soltanto di ciò che concerne la piccolezza di se stessa, essa deve essere sempre così amabile per noi che l'apprezziamo dovunque la troviamo, nè dobbiamo fare nessuna azione col proposito di grandi e di emergere dalla piccolezza.
La nostra superbia è così sottile che quando trova una porta chiusa, se ne apre qualcuna da un'altra parte; quando si è soffocato il desiderio della grandezza in questo mondo, la desidera nell'altro; quando si è rinunciato alla grandezza
delle cose grossolane della terra, la superbia la cerca nelle cose dello spirito e della grazia. Appena ci siamo liberati dalla brama di essere grandi e pregiati negli onori e nelle ricchezze del secolo, la superbia subito ci porta a ricercare di essere grandi e pregiati nella grazia e nelle cose dello spírito. Essa ricerca e desidera i doni superiori e le illuminazioni più eccellenti, le grazie appariscenti e i talenti straordinari; così la superbia sempre ricerca la grandezza.
Se noi riusciamo a riconoscere, - in questo desiderio dei pregi spirituali, un fine contrario all'umiltà e lo superiamo, allora la superbia ricerca un'altra eccellenza, vale a dire quella della gloria, e aspira ad un posto elevato in Paradiso. Ottima cosa per verità, quando non si desideri per ispirito di superbia; ma troppo spesso avviene che noi amiamo la piccolezza su la terra, per segreto desiderio di superbia, sperando con questo mezzo di esser grandi in Paradiso: In tal caso, poichè l'umiltà sulla terra è la semente dell'esaltazione in Cielo, noi facciamo ancora le nostre opere buone allo scopo di essere grandi, e ci consoliamo nelle nostre umiliazioni con una tale prospettiva; strano e stupendo spirito quello della grandezza, o in un tempo o in un altro, o in un modo o in un altro.
L'anima veramente umile, invece, desidera di non essere niente, tanto ai propri occhi come nello spirito degli altri; non si cura di comparire in nulla, ama di rimanere nascosta e sconosciuta, si compiace di essere considerata come un niente.
Gesù Cristo solo deve comparire, e noi restar nell'ombra; bisogna distruggere il nostro, essere proprio e rivestirci di Gesù Cristo per non comparire che sotto di Lui e in Lui. Questo sentimento ci darà un desiderio ed una santa affezione dì non operar nulla da noi medesimi; ci renderà fedeli a rinunziar interiormente a noi stessi, studiandoci di mortificare
in ogni occasione il nostro spirito proprio e la nostra volontà. In tal modo dobbiamo arrivare sino a vivere in questo spirito di morte interiore dimodochè non operiamo più secondo la nostra volontà propria, e non facciamo altro che cooperare semplicemente allo
Spirito Santo, che animerà il nostro interiore e vivificherà le "tre facoltà. Allora vivremo in uno spirito di vero annientamento di noi medesimi: Dio solo vivrà e
regnerà in noi; è questo il motivo per cui Dio ama così tanto le anime umili e in esse stabilisce così assolutamente il suo trono e il suo dominio. Dio, infatti, nell'anima annientata trova piena libertà di fare quanto gli piace
e si prende una sovrana compiacenza nel sacrificio di tutto quell'essere creato, il quale, nell'umiltà, immola se stesso ed è divinamente consumato.
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