sabato 18 marzo 2023

Che aiuta grandemente ad acquistar la perfezione il dimenticarsi l'uomo del bene passato e metter l'occhio in quello che gli manca.

 


Il primo ci fa superbi e ignavi.

San Gregorio e San Bernardo dichiarano questo in un modo assai distinto. Due parti molto principali, dicono essi, ha questo mezzo: la prima è, che ci dimentichiamo del bene che sin ora abbiamo fatto e che non stiamo a guardare a questo. E fu necessario che fossimo avvertiti di ciò in particolare, perché è cosa naturale il volgere facilmente gli occhi a quel che più ci diletta e il levarli da quello che ci può cagionare molestia. E siccome il vedere quel tanto che abbiamo profittato e il bene che ci par d'aver fatto ci diletta, e il vedere la nostra povertà spirituale e il molto che ci manca ci attrista; quindi è che gli occhi nostri si avvezzano a riguardare più tosto il bene che abbiamo fatto, che quello che ci resta da fare. Dice S. Gregorio che, come l'infermo va cercando la parte del letto più morbida, più fresca e più gustevole per riposarsi; così è proprio dell'umana infermità, debolezza e imperfezione nostra il compiacerci e il gustare di riguardare e pensare piuttosto al bene che abbiamo fatto, che a quello che ci resta da fare. Di più dice S. Bernardo: «perché se tu riguardi a quello che hai, monti in superbia, mentre ti preponi ad un altro; trascuri di avanzarti, mentre già ti stimi qualche cosa di grande, e cominci a venir meno e a ribassarti» (S. GREG. Mor. l. 22, c. 6, n. 12; S. BERN. Ser. 36, de div. n. 4). Sappiate, ci dice il Santo, che vi sono in ciò molti pericoli; perché se vi mettete a riguardar quel bene che avete fatto, non vi servirà ad altro che ad insuperbirvi, parendovi di essere qualche cosa; e quindi ve ne passerete subito a paragonarvi ad altri, e a preferirvi loro, ed anche a stimar essi poco, e voi stessi assai. Se non lo credete, vedetelo in quel Fariseo del Vangelo, le cui cose passarono perciò tanto male. Pose egli gli occhi nel bene che era in lui e si fece a rammemorare le virtù sue, dicendo: Vi ringrazio, Signore, ch'io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, né come questo pubblicano che è qui. Digiuno due volte la settimana, pago puntualmente le decime e primizie. Disse Cristo nostro Redentore che quel pubblicano, al quale il Fariseo si preferì, uscì di là giustificato; e costui, che si reputava giusto, ne uscì condannato per ingiusto e mal uomo (Lc 18, 14 segg.). 

 Questo è quel che pretende il demonio col metterti dinanzi agli occhi il bene che ti pare che sia in te: pretende con questo, che tu ti tenga da qualche cosa, che t'insuperbisca, che disprezzi gli altri e ne faccia poco conto, acciocché così tu resti condannato per superbo e malvagio. Inoltre, dice S. Bernardo (S. BERN. 1. c.), tu corri un altro pericolo col mettere gli occhi nel bene che hai fatto e nelle fatiche che hai sopportate; ed è, che questo ti servirà a farti trascurato e negligente nel camminare avanti, e lento e tiepido nel procurare il tuo profitto; mentre ti parrà di esserti affaticato assai nella religione e di poterti oramai riposare. Siccome chi sale un monte, quando comincia a stancarsi, rivolge gli occhi indietro per vedere quanto ha fatto di cammino; così noi altri, quando ci stanchiamo ed entra in noi la tiepidezza, ci mettiamo a guardare quello che abbiamo lasciato addietro; il che fa che ci contentiamo di quello e che ce ne restiamo più posati nella nostra lentezza. Or per fuggire questi inconvenienti e pericoli conviene grandemente che non stiamo a mirare il bene che abbiamo fatto, ma quel che ci manca; perché la prima vista c'invita al riposo, e la seconda alla fatica. 

ALFONSO RODRIGUEZ

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