Il miracolo eucaristico di Bagno di Romagna (1412)
Mi è stato detto che a Bologna, proprio nella città ove vivo, c'era un'epigrafe apposta nell'antico monastero femminile Camaldolese di S. Cristina, che così recitava, traducendola dal latino: «Il 4 settembre del 1416 morì qui a Bologna il ven. Don Lazzaro Veneziano, priore di Santa Maria in Bagno».
Perché questa citazione?
Semplicissimo: quel venerabile Don Lazzaro, priore di Santa Maria di Bagno di Romagna, camaldolese, ebbe la grazia «tremenda» e indicibile di assistere all'11° miracolo eucaristico, avvenuto in ordine storico, proprio nel 1412, quattro anni prima della morte dello stesso priore, avvenuta a Bologna.
Ma procediamo con ordine e più che ascoltare, meditiamo ancora una volta stilla infinita misericordia di Gesù Eucaristia che si è manifestato svelatamente nel SS.mo Sacramento della Sua Presenza reale. Più che la curiosità, per quanto legittima, muoviamo la fede, sosteniamo il cuore, allarghiamo la speranza.
In provincia di Forlì, nell'alta Romagna, ai piedi dell'Appennino tosco-romagnolo, sta la cittadina termale di Bagno che custodisce nell'artista basilica di Santa Maria Assunta un sacro corporale, intriso di otto gocce di Sangue miracoloso di Nostro Signore Gesù Eucaristia.
Ancora? Ancora!
Da quando Gesù, calata la sera del giovedì, fu con i suoi in un luogo preparato a festa per una cena, che diverrà non l'ultima, ma l'unica cena, sempre quella carne divina e quel sangue prezioso saranno dati per la nostra vita!
Come aveva desiderato, atteso quell'ora da vivere assieme ai suoi discepoli e con tutti i suoi futuri discepoli: è l'ora che vale tutta una vita.
Gesù aveva già inventato nell'amore incommensurabile del suo Cuore, come fare perché quella non fosse l'ultima ora passata con i suoi discepoli di ogni tempo, ma la prima e l'eterna di un'altra presenza di un altro modo ineffabile d'essere e di vivere con loro e per loro.
Non è una sera che tramonta, ma un'alba che sorge.
Gesù ha dato tutto nella sua vita per guarire, per salvare, ma ora è necessario che dia tutto se stesso, la sua medesima vita, così come è, ciò che è. Cioè questo suo corpo fatto di carne e di sangue, questo cuore che vuole, desidera pensa, vibra, trema, ama.
Questo corpo e sangue intessuti nel grembo verginale della Madre sua santissima, questo cuore in cui arde lo spirito. Darsi tutto! E subito!
«Presto, sedetevi a tavola». E adesso che fa? Si toglie il mantello, si cinge di un grembiule e passa dall'uno all'altro, si mette a terra e con l'acqua lava i piedi ai discepoli esterrefatti e arriva anche a chi fra poco lo tradirà.
Gli bacia con tenerezza i piedi... Come fare perché tutti e non solo i presenti, possano vedere, toccare il suo corpo che non è ancora spezzato, il suo sangue che domani, venerdì, sarà versato? E come potrà un uomo mangiare carne e bere sangue di uomo senza che ne provi indicibile ripugnanza?
Allora lentamente, come per prendere il tempo di misurare l'immensa portata del suo gesto e di attirare l'attenzione dei suoi commensali, prende un pane d'orzo ...
La raccolta primaverile dell'orzo coincide con la festa di Pasqua. L'orzo è il pane dei poveri e costa un terzo del prezzo del frumento (Ap.6, 6).
Qui si tratta di pane non fermentato: pane della miseria, c'è scritto nel Deuteronomio (16, 3) pane completamente nuovo in quanto il lievito non garantiva più la continuità con le sfornate precedenti. Pane del passaggio frettoloso e notturno.
E poi prende una coppa di vino ... Ecco il frutto del grano e il frutto della vite fra le sue mani sante e venerabili di Creatore, mani fini e laboriose d'artigiano come Giuseppe suo custode, come Maria sua madre; mani senza macchia e immortali. Le sue mani che hanno guarito, toccato malati, accarezzato bambini, benedetto poveri, ora prendono un po' di pane e una coppa di vino non allo stato naturale ma una materia lavorata, preparata già passata da mille mani sudate di uomini e di donne.
Così questi frutti della fatica umana così belli per la loro storia di sudore, Gesù riceve in questa sera d'amore e di dolore, da quelle mani di uomo ...
Pane insostituibile sulla nostra mensa d'ogni giorno; vino che spande il suo vigore nel nostro corpo; pane caldo che si condivide, vino spumeggiante che dà sole ai nostri giorni: proprio queste cose umili Dio e l'uomo stanno per offrirsele reciprocamente, poveri sono l'uno di fronte all'altro, amici quali saranno l'uno per l'altro.
«Benedetto sei tu Signore Dio dell'universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane - questo vino frutti della fatica e del lavoro dell'uomo perché diventino cibo e bevanda di salvezza».
Ma come, Signore? Come? Siamo giunti al momento dell'ultima benedizione, vertice e culmine di tutte le benedizioni della vita di Gesù: è il momento di offrire, come benedizione al Padre del Cielo, se stesso per darsi, come pane e vino, ai minimi che lo accogliemmo con fede, benedicendo Dio.
E Gesù col pane in mano (che l'abbia preparato anche stasera, Maria sua mamma?) lo spezzò e disse: «Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo ...» E poi prendendo la coppa col vino disse. «Prendete e bevetene tutti questo è il mio sangue ...» I discepoli sono attoniti, mangiano e bevono come Gesù ha detto. «E fate questo in memoria di me!» Da questo momento, ogni qualvolta un sacerdote dirà: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue, il sacerdote sarà Cristo in persona e quel pane e quel vino consacrati saranno la carne e il sangue di Gesù. Tutti vediamo solo pane e solo vino e solo un sacerdote, ma tutti sappiamo che pane e vino e sacerdote sono Gesù, vivo, vero. C'è una parola più incendiaria? Essa trasmetterà l'amore per una vita senza fine.
Oggi si sente dire dappertutto: Come vorrei vedere il corpo di Gesù il suo volto, la sua veste, i suoi sandali! Ma quello che voi vedete e toccate è Gesù. Nemmeno gli Angeli hanno questa grazia. ma tu sì, piccolo uomo, piccola donna, puoi ricevere Dio in te, nel tuo cuore, nella tua vita ... ogni giorno ... Ma don Lazzaro, il priore della nostra storia, di Bagno di Romagna, pur celebrando la santa messa, ogni giorno, con i suoi fratelli, non aveva una grande fede. E un giorno mentre costui celebrava il divino Sacrificio, la sua mente fu occupata per opera diabolica, da un forte dubbio intorno alla reale presenza di Gesù in Sacramento.
«Ma qui - in questo pane e in questo vino - c'è proprio Gesù?» Aveva da poco pronunciato la consacrazione e mentre il dubbio più atroce gli stringeva il cuore e la fede, vide nel calice che la santa specie del vino si mise in ebollizione divenendo sangue vivo, caldo, e si riversò fuori dal calice spandendosi sopra il Corporale inzuppandolo di sangue. Il povero priore fu preso da una commozione tale da smarrire la mente in un pianto dirotto. Poi facendosi forza si rivolse verso gli astanti esterrefatti e confessò la sua incredulità angosciata e l'avvenimento strepitoso che si era compiuto sotto il suo sguardo. Fratelli, venite e vedete il sangue del Signore!» Tutti videro e si spaventarono.
Anche don Lazzaro fu così spaventato che circa cinque anni dopo se ne morì a Bologna ove era stato mandato in qualità di cappellano del monastero femminile camaldolese di S. Cristina.
I Camaldolesi con alterne vicende e vicissitudini ressero la Pieve di Bagno sino alla soppressione napoleonica del 1808; allora la parrocchia-basilica di S. Maria Assunta passò a far parte della diocesi di Sansepolcro retta dal clero diocesano.
Ora, dal 1975, la Basilica è passata definitivamente a dipendere dalla diocesi di Cesena, in provincia di Forlì.
Nella basilica sta una incisione su legno del 400 chiamata «La Madonna del sangue» colorata e rarissima, che si trova nella terza cappella a sinistra. Immagine così chiamata perché come riferisce don Benedetto Tenaci, abate di Bagno e testimone oculare del fatto, il 20 maggio del 1498 l'icona versò sangue dal braccio sinistro.
Madonna del Sangue, lo stesso sangue del suo figlio divino, conservato nel Sacro Corporale che viene esposto e venerato da tutto il popolo in tutte le domeniche da marzo a novembre, durante la messa delle ore 11.
«Sangue benedetto del mio Signore aprimi le porte del cielo. Svelami le porte della luce incandescente. Ma ora vieni dalle sublimi altezze della santità e inebria il mio cuore, la mia vita di te. Amen».
P. Giorgio Finotti
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