venerdì 4 settembre 2020

Lettere di Sant'Agostino



LETTERA 5

Scritta tra il 388 e il 391. 

Nebridio si lamenta che i concittadini di A. ne disturbino la  contemplazione coi loro affari e lo invita nella propria villa. 

NEBRIDIO AD AGOSTINO 

1. È dunque così, Agostino mio? Spendi energie e pazienza nelle  faccende dei tuoi concittadini e non ti si restituisce ancora la  sospirata tranquillità? Di grazia, chi ha il coraggio di importunare te  che sei tanto buono? Credo quelli che non sanno quale sia l'oggetto  del tuo amore e del tuo ardente desiderio. Non c'è nessuno dei tuoi  amici che riveli loro le tue predilezioni? Né Romaniano né  Luciniano? Ascoltino almeno me. Io proclamerò, io attesterò che tu ami Dio, vuoi servirlo ed essere a Lui unito. Vorrei attirarti nella mia  casa di campagna e che ivi tu stessi tranquillo. Non avrò infatti  paura d'essere chiamato seduttore dai tuoi concittadini che ami  troppo e dai quali sei troppo amato.


LETTERA 6 

Scritta nello stesso tempo (388-91). 

Nebridio sottopone ad A. il problema della memoria la quale, a suo  parere, è inseparabile dall'immaginazione (n. 1); questa poi ricava  le sue immagini non tanto dai sensi quanto da sé medesima (n. 2). 

NEBRIDIO AD AGOSTINO

Memoria e immaginazione. 

1. Provo un grande piacere nel conservare le tue lettere come se si  trattasse degli occhi miei. Infatti sono importanti non per  l'estensione bensì per gli argomenti, e contengono importanti  dimostrazioni di problemi importanti. Esse mi parleranno di Cristo,  di Platone, di Plotino. Di conseguenza saranno per me piacevoli ad udirsi per la loro eloquenza, facili a leggersi per la loro brevità e  salutari ad intendersi per la loro sapienza. Avrai cura perciò di farmi  conoscere quello che a tuo parere sembrerà santo e buono. A  questa lettera poi risponderai quando avrai esaminato più  accuratamente il problema dell'immaginazione e della memoria. Io  credo infatti che, sebbene non ogni immaginazione sia accompagnata dalla memoria, ogni ricordo tuttavia non possa  verificarsi senza l'immaginazione. Ma tu mi obietti: che cosa accade  quando ricordiamo di aver compreso o pensato qualche cosa?  Contro questa osservazione io rispondo dicendoti che ciò si è  verificato perché quando abbiamo percepito o pensato alcunché di  corporeo e di soggetto al tempo, noi abbiamo prodotto una cosa  che interessa la fantasia: infatti o abbiamo rivestito di parole le  nostre percezioni e i nostri pensieri (e queste parole non sono  indipendenti dal tempo e interessano i sensi o la fantasia), oppure il  nostro intelletto o il nostro pensiero hanno subito una qualche  impressione tale da poter lasciare una traccia nella fantasia. Queste  cose io le ho dette senza averci pensato a lungo e in modo confuso,  secondo il mio solito: tu le esaminerai e, rigettato ciò che vi è di  falso, raccoglierai quello che c'è di vero in una lettera.

Le immagini della fantasia. 

2. Senti un'altra cosa: perché, di grazia, non diciamo che la  fantasia ricava tutte le immagini da se stessa, piuttosto che dai  sensi? Infatti come l'intelletto è spinto dai sensi a vedere il mondo  intelligibile, che gli è proprio, piuttosto che ricevere qualcosa da  essi, così può darsi che anche la fantasia sia spinta dai sensi a contemplare le immagini che sono in lei piuttosto che attingere qualcosa da essi. Giacché può darsi che per questo avvenga che  quello che i sensi non vedono essa tuttavia lo possa vedere: e  questo è un indizio che ha in sé e da sé tutte le immagini. Anche su  questo problema mi risponderai esponendomi il tuo pensiero. 

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