giovedì 6 aprile 2023

CRISTO, VITA DELL'ANIMA

 


CRISTO ARTEFICE DELLA NOSTRA REDENZIONE E TESORO INFINITO DELLE NOSTRE GRAZIE  


Che cosa è infatti il merito?  

   È un diritto alla ricompensa (1). Quando diciamo che le opere di Cristo sono meritorie per noi, diciamo che, per mezzo loro, Cristo ci ottiene il diritto alla vita eterna e a tutte le grazie che ci conducono o vi si riallacciano. È appunto ciò che ci dice S. Paolo: «Noi siamo giustificati, vale a dire resi giusti agli occhi di Dio, non per mezzo delle nostre opere, ma gratuitamente, per un dono gratuito di Dio, vale a dire per la grazia che ci viene per mezzo della Redenzione operata da Gesù Cristo» (2). L'Apostolo ci fa dunque capire che la passione di Gesù, che termina e corona tutte le opere della sua vita terrestre, è la sorgente, da cui deriva per noi la vita eterna: Cristo è causa meritoria della nostra santificazione.  

   E qual è la ragione profonda di questo merito? - Che ogni merito è personale. Quando siamo in istato di grazia, possiamo meritare, per noi stessi, un aumento di questa grazia; ma questo merito si restringe alla nostra persona. Per le altre, non possiamo meritare la grazia; tutt'al più possiamo implorarla, sollecitarla da Dio. Come dunque Gesù Cristo può meritare per noi? Qual è la ragione fondamentale per la quale, non soltanto Cristo può meritare per sé stesso, per esempio, la glorificazione dalla sua umanità, ma anche meritare la vita eterna, per gli altri, per noi, per tutto il genere umano?  

   Il merito, frutto e proprietà della grazia ha, per così dire, la stessa grandezza della grazia sulla quale si fonda. Gesù Cristo è pieno della grazia santificante, in virtù della quale può personalmente meritare per sé stesso. Ma questa grazia in Gesù non si ferma a lui solo, non ha soltanto un carattere personale, es a gode di un privilegio di universalità. Cristo è stato predestinato a diventare la nostra testa, il nostro capo, il nostro rappresentante, L'Eterno Padre vuol fare di lui il Primoqenitus omnis creaturae, «il primo nato di ogni creatura». In seguito alla predestinazione eterna ad essere il capo di tutti gli eletti, la grazia di Cristo, che per l'Incarnazione appartiene alla nostra progenie, riveste un carattere di eminenza e di universalità, il cui fine non è più di santificare l'anima umana di Gesù, ma di far di lui, nel dominio della vita eterna, il capo nell'umanità (1). Da qui deriva un carattere sociale, che si ritrova in tutti gli atti di Gesù quando li consideriamo in rapporto al genere umano. Tutto ciò che Cristo fa, lo compie non soltanto per noi, ma in nome nostro, Perciò San Paolo ci dice che, «se la disubbidienza di un solo uomo, Adamo, ci ha trascinati tutti nel peccato e nella morte, è bastata l'ubbidienza - e che ubbidienza! - di un altro uomo, ma di un uomo che è nel tempo stesso Dio, per rimetterci tutti nell’ordine della grazia» (2). Gesù Cristo, nella sua qualità di testa, di capo, ha dunque meritato per tutti noi come, sostituendosi a. noi, ha soddisfatto per noi. E siccome, colui che merita è un Dio, i suoi meriti hanno un valore infinito ed una efficacia inesauribile (3).  

Ciò che dà alle soddisfazioni ed ai meriti di Cristo ogni bellezza ed ogni pienezza, è l'aver egli accettato le sue sofferenze volontariamente e per amore. La libertà è un elemento essenziale del merito, poiché l'atto è degno di lode  soltanto se colui che lo compie è responsabile: Ubi non est libertas, nec meritum, dice S. Bernardo (1).  

    Questa libertà avvolge tutta la missione redentrice di Gesù. Uomo-Dio, Cristo ha accettato sovranamente di soffrire nella propria carne passibile, suscettibile di dolore.  

Beato Dom COLUMBA MARMION


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