sabato 17 agosto 2024

L'UOMO E LE SUE TRE ETA’

 


Tiepidezza

La tiepidezza è lo stato di peccato veniale, lo stato, cioè, in cui si commettono volontariamente delle mancanze leggere contro la volontà di Dio, quali per es.: impazienze, menzogne senza grave danno, attacchi leggeri disordinati, leggere disubbidienze, mancanze di carità, ecc.

Come lo stato di disgrazia e di peccato mortale è dato da uno o più peccati mortali commessi e non distrutti colla contrizione e colla confessione; così lo stato di tiepidezza o di peccato veniale è dato da uno o più peccati veniali commessi e non distrutti colla contrizione, cioè col sincero dolore di avere offeso Dio.

Non è quindi tiepido chi in un momento di fragilità o di inconsiderazione commette un peccato veniale e poi subito se ne pente; ma chi:

a) volontariamente e con certa frequenza (una o più volte la settimana) cade in peccati veniali.

b) non si convince della malizia di tali peccati e non se ne pente sinceramente.

c) non si decide seriamente, neppure in confessione, di non commetterne più e non si sforza di evitarli.

1) Verso Dio. Il peccato veniale è un'offesa leggera fatta a Dio, disubbidendo alla sua legge in materia leggera. Si dice leggera non in quanto offendere Dio sia qualche volta cosa leggera; ma in quanto il peccato veniale non tende a distruggere il disegno di Dio sul mondo e su noi, bensì a ridurlo, a rallentarlo.

Dio colla sua sapienza e potenza infinita raggiungerà i suoi fini pienamente nel Corpo Mistico, nonostante la nostra tiepidezza, ma noi resteremo eternamente minorati.

Dio si indispone fortemente contro il tiepido. Il tiepido non ha una mala volontà contro Dio, ma ha una mala buona volontà: vuol servire Dio, ma senza tanto scomodarsi. È come il servitore che serve, ma fa tutto sbadatamente; come l'operaio che lavora, ma fa tutto male; come l'amico che favorisce, ma non a tempo e a luogo. Dio fa al tiepido una minaccia terribile: « O fossi almeno caldo o freddo! Ma poiché sei tiepido e non sei né caldo, né freddo ti comincerò a vomitare dalla mia bocca » (AP. 3,15).

2) Verso Gesù. La tiepidezza è la causa dell'amarezza più grande di Gesù; come egli stesso rivelò a S. Margherita Alacoque:

« Ma quello che più mi affligge è l'indifferenza di coloro che si dicono miei amici ».

Come un uomo ingiuriato e maltrattato dai suoi nemici, Gesù vorrebbe trovare tra i suoi cari sollecitudine, cure, affetto ed invece trova presso i tiepidi trascuratezza e sgarbatezza.

Una scortesia ed una parola pungente di una persona cara ci affligge sempre più di una ferita fattaci da un nemico.

3) Verso noi. La tiepidezza è una malattia: non ci toglie la vita soprannaturale, ma ce ne toglie il fiotto e la bellezza.

La bellezza del tiepido si guasta, come quella dell'ammalato, fino, nelle forme più gravi, a perdersi. Il tiepido non piace a nessuno: né a Dio, né agli uomini, né a sé stesso. Il tiepido perde, come l'ammalato, il gusto di tutto: della preghiera, della comunione, della mortificazione, del dovere. Non avendo il sostegno di un grande amore e di un grande ideale egli sente, per contrappasso, il bisogno degli svaghi, del successo, degli affetti umani; esce quanto più può da sé per occuparsi di attività esterne; cerca l'apostolato rumoroso e dal facile successo; coltiva, con sacrificio di tempo ed anche con pericolo, le amicizie.

Il tiepido perde il frutto della sua donazione a Dio; è come chi ha il tenia: per quanto mangi, si mantiene sempre magro e debole; è come un giardino colpito dalla cocciniglia; il contadino lo ha piantato, zappato, concimato, irrigato, ma il male rovina il raccolto. Non è secco e non viene tagliato, ma finché resta in quello stato fa pochi e mali frutti di vita eterna.

Il tiepido ha le virtù cristiane: le ha acquistate con sacrificio, ma le ha attaccate dal male:

la preghiera attaccata da distrazioni più o meno volontarie; la carità dalla superbia e dalla sgarbatezza; lo zelo dall'ambizione, dalla cocciutaggine, dall'incostanza; l'ubbidienza dalla trascuratezza e dalla lentezza; la purezza dagli attacchi disordinati.

I frutti di tale albero non vanno a conto: Dio li rigetta.

Non v'è niente di più infelice del tiepido: realmente si è donato a Dio e non ha i piaceri di questo mondo, né i frutti del suo sacrificio; Satana glieli va piluccando mentre egli li porta al Re dei re, come i corvi, nel sogno, al compagno di Giuseppe.

La tiepidezza dispone al peccato mortale e quindi alla dannazione.

Salvandosi, il tiepido, pur non essendosi sposato, non avrà il premio speciale dei vergini; pur avendo fatto apostolato, non avrà il premio speciale degli apostoli; pur avendo fatto carità non avrà il premio speciale dei caritatevoli; pur avendo rinunziato alla volontà propria o alle ricchezze, non avrà il premio speciale dei religiosi, ecc.

È brutto aver fatto una vita sacrificata, come quella delle anime consacrate, e poi riuscire a malapena solo a salvarsi.

Satana è riuscito a fare ai tiepidi il più brutto dei tiri: non fa perdere loro la vocazione, ma li fa sacrificare inutilmente, sicché non abbiano niente in terra e niente di speciale in cielo.

Chi si è consacrato a Dio niente deve temere di più quanto la tiepidezza, cioè quanto le ricadute volontarie nei peccati veniali e nei difetti. Meglio qualunque rimprovero, qualunque danno, qualunque mala comparsa che una menzogna, un'impazienza, una disubbidienza.

4) Verso il prossimo. La tiepidezza rende inefficace e controproducente la nostra azione sul prossimo e rallenta i nostri legami con esso.

Il cristianesimo presentato dai tiepidi è poco attivo e poco simpatico: non ha alcun elemento di presa o mordente sugli altri.

Il tiepido ha ben poco calore e ben poca grazia da spartire; è ammalato, debole, povero e non può agire, né produrre dei beni, né dividerli.

Il suo cristianesimo non è una convinzione, ma una tradizione; non è un impegno, ma un adattamento; è un misto di cerimonie noiose e di doveri monotoni e deprimenti; è un superfluo che l'uomo moderno intento al pratico, alla semplicità ed all'economia, scarta come un barocchismo spirituale. Un corpo privato dell'anima diviene un cadavere; a questo si riduce il cristianesimo del tiepido.

Il breviario, il rosario e le altre preghiere nel tiepido diventano uno stupido convenzionalismo simile alle preghiere dei mulinelli indù.

Il cristianesimo che attrae è il cristianesimo puro; quello dei cristiani integrali, siano preti o uomini di stato, scienziati o operai; è il cristianesimo eroico dei pionieri della sociologia cattolica, delle fervorose suore di carità, degli zelanti missionari, dei santi.

2. Rimedio alla tiepidezza

Il rimedio alla tiepidezza è la contrizione, cioè il pentimento dei propri peccati perché sono offesa a Dio.

Come non si esce dallo stato di disgrazia neppure colla confessione se non si detestano i peccati mortali e non si propone seriamente di evitarli; così non si esce dallo stato di tiepidezza neppure colla confessione se non si detestano sinceramente i peccati veniali e non si propone seriamente di evitarli. Il cristiano fervoroso evita sempre il peccato veniale ed i difetti volontari. Se vi cade se ne pente subito; non vive mai in pace con essi, ma sempre li combatte. La caduta è per lui sorgente di rammarico per l'offesa fatta a Dio ed è sprone a diventare più raccolto e più virtuoso per riparare il male fatto.

ILDEBRANDO A. SAN-ANGELO


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