giovedì 29 agosto 2024

CHE COSA È IL PARADISO? Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra eterna felicità, e, in Lui, di ogni altro bene senza alcun male.

 


SPIEGAZIONE TEOLOGICA DEL CATECHISMO DI S. S. PIO X 


Gli Apostoli, nella trasfigurazione di Gesù (v. n. 80 I b.), avevano contemplato per un momento un solo raggio della sacra Umanità trasfigurata di Gesù Cristo, ed erano rimasti tanto inebriati dalla dolce visione che non sapevano più quello che si dicevano... Pietro domandò di rimanere per sempre in quella dolce e beatificante contemplazione, senza mai più lasciare quello stato di felicità indicibile.  

 Se tale fu la felicità degli Apostoli nel contemplare per pochi momenti un solo raggio della divinità che traspariva attraverso la sacra umanità trasfigurata di Nostro Signore, che cosa sarà la felicità eterna del cielo, dove Dio è contemplato non più attraverso il velo delle creature e per pochi momenti, ma senza veli  e senza fine, e non solo contemplato, ma posseduto nella pienezza della carità?  

I. Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra eterna felicità. -. Godere significa riposarsi nel possesso di un bene conosciuto. Gode il bambino nel possesso del regalo lungamente bramato; gode il viandante assetato che può finalmente spegnere la sete ad una freschissima fonte; gode colui che finalmente scopre il tesoro nascosto, cercato a lungo e con fatica. Su questa terra però non è possibile il godimento completo, perché non può essere definitivo e pieno.  

 Il godimento perfetto, che appaga definitivamente tutti i desideri, tutte le capacità e le esigenze della natura elevata all'ordine soprannaturale, si chiama beatitudine, ed è uno stato perfetto in cui si posseggono stabilmente tutti i beni di cui si è capaci. È possibile solo nella vita eterna.  

 Che esista una vita eterna, con la relativa beatitudine, è dottrina rivelata. Ogni giorno infatti diciamo nel Credo o Simbolo Apostolico: Credo... nella vita eterna. E nel Credo della Santa Messa: Aspetto ... la vita del tempo avvenire.  

 1) Il Paradiso è visione di Dio. - Gesù Cristo disse: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt. 5,8). I puri di cuore, cioè coloro che non sono macchiati di peccato, vedono Dio su questa terra nelle creature. Sotto il velo della bellezza, della bontà, della grandezza e della sapienza delle cose create, vedono la bellezza, la bontà, la sapienza e la grandezza del Creatore. Nell'altra vita essi lo vedranno direttamente, senza veli interposti: Vediamo adesso attraverso uno specchio, per enimma; allora vedremo faccia a faccia, (1Cor. 13, 12). Nella vita presente vediamo Dio attraverso a uno specchio. Non lo vediamo immediatamente in se stesso, ma solo per mezzo delle creature, che sono come uno specchio in cui si riflettono alcuni raggi delle sue infinite perfezioni. La cognizione, che abbiamo quaggiù di Dio, è piena di oscurità (per enimma), perché la nostra mente non può penetrare nell'intima natura o essenza dei misteri che Dio ci ha rivelato. Nella vita beata conosceremo, Dio immediatamente, nella sua essenza, lo vedremo faccia a faccia, e saranno rimossi il velo delle creature e l'oscurità della fede. Infatti, ci attesta lo Spirito Santo nell'Apocalisse (22,4): I beati vedranno la sua faccia: e non avranno bisogno del lume della lucerna né della luce del sole, perché il Signore Dio li illuminerà.  

 Vedere e contemplare, nei limiti della possibilità umana potenziata dal lume della gloria, Dio nelle sue perfezioni e nei suoi misteri; il Padre che genera il Figlio, e il Figlio che è generato dal Padre; l'Amore sostanziale eterno e infinito del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre, lo Spirito Santo; la bellezza e la grandezza dei misteri dell'Incarnazione, della Redenzione; dell'unione di Cristo e della SS. Trinità con Maria Santissima; la beatitudine dei Santi e la loro unione indissolubile con Dio... quali ineffabili meraviglie!  

 2) La visione genera amore. - San Francesco Saverio, quando era favorito di qualche lume speciale, si sentiva ardere di amore e doveva slacciarsi le vesti, denudare il petto e rinfrescarsi il costato con acqua gelida, ed esclamava: «Basta, Signore, se no muoio!» San Francesco d'Assisi aveva il cuore così infiammato, che i panni che gli ricoprivano il petto ne rimanevano bruciacchiati. Se tali furono gli ardori d'amore che provarono i Santi nel contemplare un breve e fugace raggio, della grandezza e bellezza di Dio, che cosa sarà in cielo, dove Dio è conosciuto non più attraverso il  velo delle creature, ma contemplato a faccia a faccia? La visione genera amore; l'amore dà il possesso di Dio, e il possesso di Dio dà la felicità.  

 Nell'eternità non c'è più il tempo, La beatitudine non si avrà per gradi successivi, ma simultaneamente. Per tutta l'eternità e per ciascuno dei suoi momenti il gaudio sarà pieno e completo.  

 II .... e in lui, di ogni altro bene, senza alcun male. - In cielo si contempla e si gode Dio nell'amore. E poiché in Dio ci sono tutti i beni senza alcun male, vedendo, possedendo e amando Dio, Sommo Bene, si possiedono e si godono in Lui tutti gli altri beni di cui è fatta capace la nostra natura divinizzata. Se in cielo ci fosse qualche male la felicità non sarebbe completa.  

 L'anima, esente da tutte le miserie, afflizioni e passioni, godrà di una calma inalterabile: non più il timore, non più il dolore, non più la noia, non più le tentazioni, le debolezze, i difetti ...  

 L'intelligenza possederà in modo più perfetto quella scienza che quaggiù si acquista con tanta fatica e con tante imperfezioni. Il mondo fisico e morale non avranno più né segreti né misteri. E quale estasi inebriante contemplare la bellezza, la grandezza e la bontà della Vergine Santissima, le perfezioni degli Angeli, gli eroismi e i misteri di grazia nei Santi!  

 La volontà in Dio amerà tutte le creature di amore purissimo e immutabile, e sarà riamata. In cielo l'amore dei parenti e degli amici sarà consacrato e reso indefettibile. La famiglia si ricomporrà per vivere in Dio.  

 Dopo la resurrezione il corpo, esente da tutte le debolezze dovute al peccato, sarà impassibile, immortale, agile e splendente. Ogni senso avrà il suo gaudio, e tutto il corpo sarà partecipe dei gaudi dell'anima.  

 Riflessione. - Il pensiero del Paradiso è efficacissimo per infonderci coraggio nelle ore dell'abbattimento, del grigiore, della tentazione, del dolore. San Francesco d'Assisi esclamava: «Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto».  

 ESEMPI. - 1. S. Francesco d'Assisi pregusta le armonie celesti. - In una notte dell'anno 1224 San Francesco d'Assisi pregava e contemplava il cielo. Infine si addormentò pensando che in cielo tutto sarà come deve essere, nella pace e nella letizia eterna. In sogno gli apparve un angelo che teneva in mano uno strumento musicale chiamato viola. Era tutto luce. «Ascolta - gli disse - io ti farò sentire un po' di quella musica che noi gustiamo in cielo davanti al trono di Dio». Disse e posò una sola volta l'archetto sulla viola. L'armonia e la soavità sprigionatesi a quel brevissimo tocco invasero l'anima del Santo con una gioia così immensa, con una dolcezza così meravigliosa, che gli sembrò di non avere più corpo e di non sentire più alcuna sofferenza. Disse poi ai compagni che se l'angelo avesse toccato le corde un'altra volta, per l'ineffabile dolcezza l'anima se ne sarebbe partita dal corpo.  

 2. Frate Egidio. - Il Paradiso era l'oggetto più abituale delle considerazioni di Frate Egidio, uno dei primi discepoli di S. Francesco d'Assisi. Conversando del Paradiso subito era rapito in spirito e restava assorto e immobile per una gran parte del giorno. Fanciulli e pastori si prendevano gioco di lui. Appena lo vedevano gli gridavano: «Paradiso! Paradiso!» per vederlo subito cadere in una specie d'estasi, che lo rapiva fuori di sé. Conversando con lui i confratelli sì studiavano di non nominare il Paradiso, perché non fosse rapito in estasi e per non restare privi della sua conversazione. Talora lo sentivano cantare con meravigliosa soavità: «Non vi è lingua che possa spiegare, non parole che possano esprimere, non mente creata cui sia dato comprendere la grandezza dei beni che Dio ha preparato lassù in cielo, a quelli che desiderano di amarlo».  

 3. Una domanda a S. Tommaso d'Aquino. - La sorella di San Tommaso d'Aquino gli domandò un giorno: «In che cosa consiste la beatitudine eterna?» - «Mia cara sorella, non potrai  saperlo se non il giorno in cui l'avrai ottenuta. È cosa tanto consolante e deliziosa, che tutta la sapienza umana è incapace di esprimerla». Verso la fine della vita il Santo ebbe una visione dopo la quale fu incapace di scrivere perché la sua mente non riusciva più a fissarsi sopra oggetti particolari.  

Sac. C. T. DRAGONE, P. S. S. P.

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