Cristiani, atei ed ebrei convertiti alla fede cattolica
ANDRé FROSSARD (1915-1995) ha scritto il racconto della sua conversione nel libro Dio esiste, io lo trovai. Nelle sue pagine ci racconta come lui fosse uno di quegli atei perfetti, di quelli che non si pongono domande riguardo al loro ateismo.
Ci parevano patetici e un poco ridicoli quegli ultimi militanti anticlericali che ancora predicavano contro la religione nelle riunioni pubbliche, allo stesso modo come lo sarebbero quegli storiografi che si sforzassero di confutare la favola di Cappuccetto rosso... L’ateismo perfetto non era quello che negava Dio, bensì quello che neppure si poneva il problema.
Qui sopraggiunge l’avvenimento centrale, che dovette decidere il cammino della mia vita, dato che, per la grazia del battesimo, assunse la forma di una nuova nascita.
Un avvenimento che dovette operare in me una rivoluzione tanto straordinaria, cambiando in un istante la mia maniera di essere, di vedere, di sentire, e che trasformò alla radice il mio carattere tanto che la mia famiglia si allarmò. Ancora un attimo prima ero un bamboccio ribelle e insolente, è vero, ma dal punto di vista della statistica, normale: appartenevo ad un circolo di idee conosciute, e avevo, riguardo all’educazione sentimentale, quel disordine proprio dell’età... Il giorno dopo ero un bambino dolce, stupito e meravigliato, pieno di un’allegria profonda, che si riversava su alcuni presenti sconcertati alla vista dell’eccentricità di questo cardo che inaspettatamente rifioriva in rose.
Essendo entrato alle cinque e dieci della sera in una cappella del quartiere latino di Parigi in cerca di un amico, uscii alle cinque e un quarto in compagnia di un’amicizia che non apparteneva a questo mondo. Entrato lì da scettico e da ateo di estrema sinistra, ne uscii alcuni minuti più tardi cattolico, apostolico, romano, guidato, elevato, avvolto e travolto dall’onda di una allegria incontenibile. Quando entrai avevo vent’anni, quando uscii ero un bambino pronto per il battesimo.
I suoi genitori, atei e comunisti, si preoccuparono e lo fecero esaminare da un amico medico, ateo e bravo socialista, che concluse che era una crisi mistica che generalmente aveva una durata di uno o due anni. Non dovevano che portare pazienza. Ma la sua crisi o conversione gli durò tutta la vita. Anche sua sorella minore si convertì presto e anche sua madre, qualche anno più tardi. Ma vediamo come racconta il momento chiave della sua conversione. Era l’8 luglio del 1935 e suo padre era il segretario generale del partito comunista francese. Entrò in una cappella ove c’era esposto il Santissimo Sacramento, per cercare l’amico Willemin, poiché gli pareva che stesse tardando troppo. Egli racconta così: Il fondo della cappella è fortemente illuminato. Sopra l’altare maggiore, rivestito di bianco, c’è un grande apparato di piante, candelabri e ornamenti. Tutto è dominato da una grande croce di metallo lavorato, che aveva nel centro un disco di legno bianco (la custodia). Io ero entrato nelle chiese per amore dell’arte, ma mai ho visto una custodia e ignoro di essere di fronte al Santissimo Sacramento... Il mio sguardo passa dalla penombra alla luce, vaga dai fedeli alle religiose immobili, dalle religiose all’altare. Al momento ignoro perché lo sguardo si fissa sul secondo cero che brucia alla sinistra della croce. In quel momento, si snoda bruscamente la serie di prodigi la cui inesorabile violenza distrugge in un istante l’essere assurdo che sono e va a portare nel mondo, offuscato, il bambino che mai sono stato. Non dico che il cielo si apre; non si apre, si innalza, si leva improvvisamente in una muta folgorazione... è un cristallo indistruttibile, di una trasparenza infinita, di una luminosità quasi insostenibile (un poco di più e mi annichilirebbe), un mondo distinto, di uno splendore e di una densità che riporta a noi, alle ombre fragili, dei sogni interrotti. Egli è la realtà, Egli è la verità, la vedo dalla riva oscura dove ancora sono trattenuto. C’è un ordine nell’universo e nel suo apice, più in là di questo alone di nebbia risplendente, l’evidenza di Dio; l’evidenza resa presenza, e l’evidenza fatta persona di colui stesso che io avrei negato un momento prima e che è dolce, di una dolcezza non paragonabile a nessun’altra.
Dio era lì, rivelato e nascosto da questa rivelazione di luce che, senza discorsi né immagini, faceva comprendere tutto, amare tutto... Il miracolo durò un mese. Ogni mattina andavo ad incontrare estatico questa luce che faceva impallidire il giorno, questa dolcezza che mai dimenticherò e che è tutta la mia cognizione teologica... Senza dubbio, luce e dolcezza perdevano ogni giorno un po’ d’intensità. Finalmente scomparvero, senza che per questo mi vedessi ridotto alla solitudine... Un sacerdote dello Spirito Santo si fece carico di prepararmi per il battesimo, istruendomi nella religione della quale non serve precisare che non sapevo nulla. Quello che mi disse della dottrina cristiana lo aspettavo e lo ricevetti con gioia; l’insegnamento della Chiesa era veritiero fino all’ultima virgola, e io partecipavo ad ogni riga con un riecheggiare di acclamazioni, come si applaude il centro nel bersaglio. Una sola cosa mi sorprendette: l’Eucaristia; e non perché mi sembrasse incredibile, ma mi meravigliava che la carità divina avesse incontrato questo mezzo inaudito di esprimersi e, soprattutto, avesse scelto per farlo il pane che è il cibo dei poveri e il cibo preferito dei bambini. Di tutti i doni elargitimi dal cristianesimo questo era il più bello.
Ero riconoscente a quelle anziane che andavano alla prima messa... Un impeto di gratitudine si rivolgeva verso di loro, e verso tutti quelli che avevano preservato la fede; avrei detto, per poco, che mi avrebbero conservato la fede. L’idea che la religione avrebbe potuto scomparire dalla superficie della terra prima della mia “venuta”, mi scatenava scalmane di terrore... Come stavamo bene sotto i pilastri di pietra grigia nella solitudine di questi posti dove il sacerdote, accompagnato dall’impercettibile melodia dello spuntar del sole, realizzava sull’altare il suo miracolo tranquillo.
Suo padre lo mise in Marina, dove studiò dieci anni. E racconta: La mattina assistevo alla prima messa. A mezzodì andavo a strappare un’ora di preghiera a Saint Roch... Dopo quest’ora, passata al “sole” dell’altare con le gioie abituali, me ne andavo in un piccolo ristorante vicino confidando i miei pensieri al mio angelo custode. Nel pomeriggio, tra un parquet e l’altro su cui passare la cera, recitavo il rosario, che mi diventava breve.
Non mi stancava la ripetizione delle avemarie. Terminata la giornata, anadavo a ricevere una benedizione qua o là, prima di ricominciare la lettura di santa Teresa d’Avila, verso la quale nutrivo un’ammirazione senza limiti... Questo genere di vita apparirà oggi assurdo e stravagante. Si può pensare un giovane robusto all’inizio della propria vita, che trascorre sei ore al giorno pregando e dedica il resto del tempo a letture spirituali? Si può pensare questo giovane che soffre delle sue piccole distrazioni e si rimprovera di non aver mantenuto fino alla fine della giornata il volto rivolto alle invisibili cime, da dove vienee la sua gioia? Che altra cosa potevo fare? Il cielo era il mio elemento naturale. Forse si lamenta il pesce di inghiottire troppa acqua?
Volle divenire, con due tentativi, prima certosino o poi trappista, ma vide che non era la volontà di Dio e cercò nel matrimonio la vocazione della sua vita. Racconta: “Mio figlio non aveva ancora tre mesi e non ero sposato che da un anno, quando la Gestapo, con al seguito una dozzina di soldati, venne ad arrestarmi. Giunto nella prigione tedesca di Fort Montluc in Francia; mi si accusava di essere ebreo. Mia nonna materna era ebrea.
Nella prigione, io pregavo, come sempre ho pregato, senza molte parole di più che quelle dell’avemaria... al culmine della mia preghiera, si apriva potente un’atmosfera azzurra che neppure lo stesso orrore poteva turbare; ma tutto il resto era solamente un inservibile scheletrro tremolante da capo a piedi. Nervoso e impaziente, ero soggetto a comportamenti bruschi che stupivano i miei compagni... Tutto questo finì un pomeriggio d’agosto, il giorno dopo lo sbarco in Provenza (degli alleati).
Due volte giunse in casa mia la sofferenza più grande che si può infliggere agli esseri umani. I genitori mi capiranno. Le madri ancora di più. Due volte ho intrapreso la strada del cimitero. Incapace di ribellarmi (contro Dio), al di là di ogni dubbio. Di chi potevo dubitare se non di me stesso? Ho vissuto con questo dolore nel cuore, sapendo che Dio è amore.
Dopo la mia conversione, mi resi conto che ci vuole molto tempo perché la Chiesa metta a fuoco quello che a me era stato rivelato in altro modo. I sacerdoti non avevano attraversato la stessa esperienza; senza dubbio, sapevano, e, ancor più, avevano ancora molto da insegnarmi.
Io non vidi Dio, ma vidi la sua luce... una luce di verità, una luce educante che, illuminandoti, ti forma, e che, in un istante, insegna di più riguardo alla religione cristiana che dieci libri di dottrina... La verità cristiana è la stessa, tanto se ti coglie come un raggio di sole spirituale come per il canale della fede trasmessa tradizionalmente. La coincidenza è assoluta e perfetta... Credo che questo argomento comprovi con forza la veridicità dell’insegnamento cristiano (cattolico). Credo che sia stato utilizzato davvero poche volte.
Uscendo dalla cappella di via Ulm, sapevo quattro cose, o per meglio dire, vedevo quattro cose evidenti che ancora mi inquietavano: c’è un altro mondo; Dio è una persona; siamo salvati e paradossalmente dobbiamo ancora essere salvati; la chiesa è una creazione divina, perché è Dio che le affida le anime e non il contrario... Io non le ho dato la mia adesione; sono stato condotto verso di lei come un bambino che viene portato a scuola mano nella mano, o ricondotto alla sua famiglia che egli non conosceva. Questa sensazione di connivenza tra la Chiesa e il divino è stata tanto forte, che sempre ritenni non di giudicare gli errori commessi dalle persone di chiesa nei secoli, ma di prendere una parte per il tutto... La sua santità invisibile mi impressiona, le sue debolezze e imperfezioni qui sulla terra mi tranquillizzano e me la rendono più vicina. Accade che neppure io sono perfetto.
Egli conobbe istantaneamente ed intuitivamente, per rivelazione divina, le verità della fede cattolica, soprattutto, dell’Eucaristia e per questo amò e visse la nostra fede fino alle sue estreme conseguenze. E racconta: Dio mio! Entro nelle tue chiese deserte, vedo da lontano nella penombra agitarsi il lumicino rosso posto sul tuo tabernacolo, e rammento la mia gioia. Come potrei dimenticarlo! Come lasciar cadere nel dimenticatoio il giorno nel quale si è scoperto l’amore sconosciuto per il quale si ama e si respira; da dove si è appreso che l’uomo non è solo, che un’invisibile presenza lo comprende, lo scuote, lo attende: che oltre i sensi e l’immaginazione, esiste un altro mondo, al cospetto del quale l’universo materiale, per quanto bello sia, non è altro che vapore incerto e riflesso lontano della bellezza di chi lo ha creato?
André Frossard, membro dell’Accademia francese e il più grande scrittore cattolico francese del XX secolo, ha scritto molti libri per esaltare la nostra fede e credette fermamente nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Egli sapeva per esperienza che Dio è Amore. Le ultime parole che, come sigillo d’oro, scrisse nel libro dedicato alla sua conversione sono: Amore, per chiamarti così, non sarà sufficiente tutta l’eternità, che è come dire: Signore, ti amo tanto che tutta l’eternità non sarà sufficiente per dirti quanto ti amo.
Padre ángel Peña
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