Intima essenza e midollo del mistero della Incarnazione
d) Cosa consacrata
Una cosa profana, quando sia offerta a Dio, consacrata con qualche cerimonia o azione mistica, ovvero dedicata per volontà degli uomini al servizio divino, resta sottratta al diritto dei suoi legittimi possessori. Se il diritto di questi, benché reale e legittimo, resta così soppresso persino presso le nazioni più barbare, non dobbiamo noi, con maggior ragione, attribuire simile soppressione a quella Umanità che il Figlio di Dio dà e offre all’Eterno Padre come saggio e primizia della nostra progenie? di quella Umanità ch’Egli ha scelta da tutta l’eternità per essere consacrata dalla divina Essenza e dedicata per volere divino ad un sì grande servizio, ad un’opera sì santa come è quella della espiazione dei peccati del mondo, della redenzione del genere umano, della soddisfazione alla giustizia di Dio? Opera e servizio che non poteva appartenere che ad una natura così santa, sacra e elevata sino al trono della divinità.
È certo che questa sacratissima natura, sia in se stessa, sia nella sua azione, non deve essere considerata secondo la condizione ordinaria e comune delle altre nature di tale specie, ma secondo la condizione e dignità nuova, per la quale essa entra nobilmente entro l’Essere increato, secondo il quale essa appartiene per tanti titoli e diritti al Verbo eterno e per Lui alla divinità.
Lasciamo dunque da parte gli spiriti superbi che prendono piacere ad ignorare e oscurare con le loro discussioni le verità divine; e in spirito di umiltà e di pace, le due qualità principali che si attribuiscono al nostro Salvatore, eleviamoci a contemplare, senza tanti ambagi, misteri sì degni e sì veri perché contengono la Verità stessa nella sua propria Persona. Consideriamo bene i punti seguenti:
1° Il Verbo Eterno che comunica la sussistenza alla natura umana in Gesù è Figlio di Dio, uguale a Dio e Dio stesso;
2° Quella umana natura essenzialmente sta in stato di servitù e rimane inviolabilmente e perpetuamente in tale stato verso la Divinità, per sua propria essenza e condizione;
3° Il Padre, contemplando il suo Figlio rivestito della natura umana, lo chiama, per bocca del suo Profeta, in questa occasione, suo Servo, Servus meus es tu, o Israel, quia in te gloriabor (Is 49, 3);
4° Il Figlio di Dio, sposando la natura umana, non perde nulla del diritto precedente che Egli aveva sopra di essa in qualità di Dio; ma in qualità di sposo, acquista sopra d’essa un nuovo diritto, per quella speciale alleanza in forza della quale essa appartiene a Lui ben più che a se stessa;
5° L’unità e l’intimità di questa alleanza che ne sorpassa qualsiasi altra, arriva sino alla unità personale tra due nature sì differenti, e ne deriva alla Persona divina una nuova autorità sopra l’Umanità assunta;
6° La Persona del Verbo, per la sua eccellenza, sublimità e divinità, ha sopra la sua Umanità un diritto incomparabilmente maggiore di quello che convenga alle persone umane sopra la loro propria natura;
7° Lo stato santo e sacro, nel quale la Natura assunta entra per la unzione stessa della Divinità, la applica e appropria totalmente alla Divinità;
8° Tutti questi diritti sì alti, sì santi, sì legittimi, se pur vi si può aggiungere per l’atto della volontà umana, sono con umiltà e franchezza santamente accettati dalla Umanità, la quale acconsente ad essere spogliata del diritto che avrebbe sopra le sue azioni, per abbandonarsi completamente, anche per sua propria rinuncia, al potere del Verbo Eterno; essa accetta incessantemente tutti i voleri divini sopra se stessa e segnatamente la privazione della sussistenza umana.
Questa privazione nel segreto Consiglio di Dio è ordinata dalla potenza e sapienza divina al compimento di cosa sì alta, sì grande, sì incomprensibile sopra quella Umanità e per essa sopra di noi: ordinata, cioè, a costituire sulla terra un Uomo Dio, per dare al mondo un Salvatore, e stabilire un Mistero eterno, mistero dei misteri, l’Opera delle opere di Dio che unisce la Persona divina alla natura umana.
È evidente che in questo mistero la Persona sostituita e divinamente comunicata a quella Natura umana è il fondamento, il sostegno e il compimento dell’essere umano e naturale di essa, ed esercita il suo influsso in tutte le azioni di essa nel modo che conviene ai supposti e, meglio ancora, nel modo che conviene ad una Persona divina e increata. Il suo diritto pertanto sopra quella natura umana non deve dirsi soltanto morale, ma naturale, non solo naturale ma pure soprannaturale, santo e sacro, e non solo soprannaturale, santo e sacro, ma superlativamente soprannaturale, santissimo e sacratissimo, perché fondato nella autorità santa, sacra, divina e assoluta del Verbo sopra una natura ch’Egli fa sua propria per un mezzo sì grande e sì divino che è ineffabile e degno delle adorazioni degli uomini e degli Angeli.
Per questo mistero la Umanità è costituita in una condizione sì alta e sì eminente che, per la sua unione col Verbo, essa acquista il dominio sopra tutte le cose tanto in Cielo come in terra, e riceve persino comunicazione della indipendenza che la Persona del Verbo ha riguardo alle altre Persone divine. Con maggior ragione possiamo dire ch’essa non è più sottoposta alle leggi comuni della natura, poiché, in certo qual modo, nella sua sussistenza, nella sua deificazione e nella indipendenza che riceve dal Verbo eterno, essa non dipende neppure dalle altre Persone divine, tanto è unico e singolare il modo con cui essa appartiene al Verbo. Che se essa appartiene al Verbo così propriamente anche in riguardo alle altre divine Persone, quanto più gli apparterrà in se stessa e nelle sue azioni?
Riassunto
Concludiamo dunque e riconosciamo che, per disposizione di Dio, la Umanità assunta dal Verbo è privata della sua sussistenza e personalità propria ed è dotata di quella del Verbo stesso. Essa è pienamente soddisfatta di tale privazione e fa liberissima cessione al Verbo di se stessa e delle sue azioni e di tutto quanto da se stessa procede.
Fin dal primo istante della sua creazione essa rimaneva priva della sua sussistenza e fin da quell’istante ella con trasporto accettava il Consiglio di Dio che ne la privava.
In tal modo ella perdeva pure il diritto e la proprietà che avrebbe di operare e sussistere in se medesima; e le sue azioni non possono, in diritto, esserle attribuite in proprio, poiché essa non è più proprietaria del suo stato e dei suoi atti. Tutto questo diritto veniva legittimamente trasferito al Verbo Eterno, il quale entrava in possesso dello stato, delle azioni e dei patimenti di quella Natura per disporne secondo il suo divino volere: ma reciprocamente, per uno scambio ed una comunicazione ineffabili, quella umana natura entrava pure nel felice diritto allo stato, alla grandezza e ai beni della Filiazione divina.
Card. Pietro de Bérulle
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