martedì 26 luglio 2022

PREGARE CON MARIA - L'ANIMA MIA MAGNIFICA IL SIGNORE IL MIO SPIRITO ESULTA IN DIO MIO SALVATORE...

 


PREGARE CON MARIA

Una formidabile sfida è lanciata alla speranza, teologale e umana. La Vergine generosa del “ Magnificat ”, che avvolge la Chiesa e l'umanità con la sua preghiera è il saldo sostegno della speranza (Congregazione per la dottrina della fede, Istruzione sulla libertà cristiana e la liberazione, 22 marzo 1996).

Maria esulta di gioia. Canta, forse danza, certo lascia che esploda la sua gioia. Luca è chiaramente felice di dimostrare, una volta di più, che l'avvento del Signore scatena una serie di esplosioni di gioia e di allegrezza nel cuore del mondo dei poveri: “ ...Levavano lode a Dio... dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” ” (Lc 5,26). “ ...Tutta la folla esultava per tutte le meraviglie da lui compiute ” (Lc 13,17). “ Subito l'uomo ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio ” (Lc 18,43). “ ...Tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto... ” (Lc 19,37).

E cosa normale che si trovi un clima di gioia in queste Memorie della Vergine che sono come un'introduzione del Vangelo di Luca. I cantici che vi si trovano: il cantico di Maria (Lc 1,46‑55), quello di Zaccaria (Lc 1,67‑79), quello degli Angeli di Betlemme (Lc 2,14‑15), quello di Simeone (Lc 2,28‑32), sono momenti privilegiati della preghiera di lode.

Ma, il giubilo di Maria rappresenta un momento unico nella storia. Nella Vergine di Nazaret il canto si accompagna al sogno più folle e più meraviglioso che potesse fare una donna d'Israele: non soltanto diventare la madre del Messia atteso da secoli, ma scoprire che il Messia ch'ella metterà al mondo è Dio, quel Dio inatteso che viene ad incontrarsi con gli uomini per salvarli tutti. Vero Dio ed insieme vero uomo, come si esprimerà, più tardi, il concilio di Nicea.

L'anima mia esalta il Signore

Santificata dal primo istante della sua esistenza, Maria cresce a piccoli passi, senza che il mondo ne parli e senza che Israele neppure se ne accorga, anche s'ella è lo splendore di Israele, la creatura più eminente della terra (Pierre de Bérulle).

“ La prima parola del Magnificat, nota il Laurentin, pone Maria nei confronti della grandezza di Dio (in greco il termine “megalunei” ha per radicale “mega” che significa grande). Il latino “Magnificat” traduce bene il greco e gli conferisce anche maggiore rilevanza: il termine francese “magnifièr”, che lo traduce letteralmente, non ha altrettanta luminosità. Noi abbiamo preferito il verbo “esaltare” per la sua leggerezza e per la sua assonanza con “esultare” nel versetto seguente. Questa parola iniziale fa eco all'annuncio del Messia Figlio di Dio. Il versetto: “Egli sarà grande” (Lc 1,32), ha, infatti eco nel versetto 1,49, in cui il Signore fa per Maria grandi cose. Attratta dalla grandezza di Dio, ella si pone umilmente, ma familiarmente, nella propria piccolezza, con fiducia e gratitudine, di fronte alla Trascendenza, come il bambino che si raccoglie nelle braccia di sua madre ” (Magnificat. Action de Grâces de Marie, op. cit., p. 70).

Si è molto discusso sui termini che usa Maria per indicarsi, come soggetto, nei primi due versetti del suo cantico. Ella non dice esplicitamente “ io ”, utilizza invece due parole semplici: l'anima mia e il mio spirito.

L'anima mia (in greco: “ psychè ”). Spesso la si traduce con vita, come nel passo: “ A te una spada trafiggerà la vita ” (Billia CEI: anima) (Lc 2,35). Si può anche tradurre: “ Una spada ti trafiggerà il cuore ”. Ma l'immagine del cuore, tanto familiare nella cultura moderna, non lo era altrettanto nella cultura greca. Il testo iniziale del Magnificat, comunque, ci invita a dilatare la nostra preghiera: il Magnificat non è soltanto il canto di un momento storico, ma il canto di tutta una vita.

Il mio spirito (in greco “ pneuma ”). La parola nella lingua greca è molto viva: indica il soffio vitale (come “ ruah ” in ebraico). E il termine che serve ad indicare lo Spirito Santo. Maria, insomma, usa due parole molto vicine l'una all'altra. Sembra che Luca le abbia usate come sinonimi. Opportunamente il Laurentin nota: “ Esse danno a questo inizio, in cui Maria si fa piccola, una nota di discrezione e di pudore e nel contempo, di solennità ” (op. cit., p. 72).

L'adorazione! Ah! è una parola celeste. Mi sembra che si possa definirla: l'estasi dell'amore. È l'amore schiacciato dalla bellezza, dalla forza, dalla grandezza immensa dell'Oggetto amato (Elisabetta della Trinità).

Il mio spirito esulta

Questo giubilo è un invito al viaggio nel paese di Maria: Nazaret. Un piccolo villaggio della Gallilea in cui l'Angelo di Dio l'ha salutata con un nome nuovo: “ Rallegrati ”, “ Kecharitômenê ”. “Kecharitômenê” è nome dato da Dio; un nome difficile da tradurre con esattezza, ma il cui senso non è ambiguo: Tu che sei, tu che rimani l'oggetto del favore gratuito di Dio, tu che sei colmata di grazia.

Nome straordinario, perché Dio non si accontenta di dare nome ad una persona ma ciò ch'egli dice, lo crea. Questo nome nuovo crea novità nella persona di Maria.

Le concede il favore d'eccezione di Dio: è un nome di amore, un dono d'amore. Esso rivela un aspetto affascinante del Dio della Bibbia: Dio è amante. Sì, amante dell'uomo, al maschile come al femminile. Maria, che crede a questo amore e che s'inoltra, di scoperta in scoperta, su questa via, lascia irrompere la propria gioia. Quale gioia?

La gioia di una donna, prima di tutto. Nell'Antico Testamento, Dio aveva concluso la sua prima Alleanza trattando con uomini al maschile; nel Nuovo Testamento, Dio rinnova la sua Alleanza rivolgendosi ad una donna. E a una donna vergine: “ Non conosco uomo ” (Lc 1,34) dice Maria all'Angelo. Dio rispetta la sua verginità.

“ Lo Spirito Santo scenderà su di te ” come un tempo la nube era scesa su la tenda dell'Alleanza... e il Generato, che sarà frutto del suo grembo, sarà chiamato Santo, Figlio di Dio. Il Figlio di Dio, in altre parole, diventa Figlio di Maria; il Generato del Padre (senza madre, in cielo) nascerà da una madre (senza padre, sulla terra).

La gioia di Maria è la gioia di una donna di Nazaret. La gioia di una donna povera, colmata dall'infinita ricchezza dell'amore di Dio: ella “ ha trovato grazia presso Dio ” (Lc 1,30). Il Magnificat celebra questa scoperta e rende grazie...

La gioia di una persona povera, umile. Maria appartiene al mondo dei piccoli, degli umiliati, dei poveri della terra. Dio porge attenzione a lei perché ama i poveri e non si lascia impressionare né dalla ricchezza, né dal potere. Egli è soltanto amore e, per questo, egli è il Povero: colui che ha tutto e tutto dona, colui che perdona e si dona... fino in fondo. Fino a dare il suo Unico, e fino a lasciarlo morire in croce, cioè a lasciare che, anche lui, vada fino all'estremo dell'amore... in attesa della glorificazione pasquale del Risorto che, tuttavia, porta le impronte dei chiodi. Dio, infatti, s'interessa dei piccoli, dei poveri che gli rassomigliano. Ecco perché guarda con uno sguardo d'amore a colei che si presenta come la piccolissima serva di Dio. Quale gioia per lei e per tutto il mondo dei poveri!

La gioia di un popolo. La gioia di Maria è anche la gioia del popolo d'Israele. Il Cristo annunciato è infatti un salvatore, il salvatore del suo popolo, di quel popolo di poveri, un tempo condotto in schiavitù, poi deportato in Babilonia, e ora vittima dell'occupazione romana. Gesù viene a salvare questo popolo, ma lo farà a modo suo... divino! Mobilitandolo per salvare, con lui, tutti gli altri popoli.

Il Magnificat canta la gioia della salvezza data da Dio all'umanità; canta un'antica speranza: “ Se tu squarciassi i cieli e scendessi! ” (Is 63,19), il mondo sarebbe trasformato. Ed ecco la realizzazione inattesa: i cieli si squarciano, Dio stesso viene... non per farci vedere la sua forza e la sua potenza, ma per farci vedere il suo amore: per salvarci. E salvarci al prezzo della croce.

Questa preghiera di Maria è davvero il modello di ogni azione di grazie, cioè di ogni eucaristia. Maria, infatti, nell'ora della sua preghiera ringrazia Dio: “ L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore ”. Ella ha motivo di ringraziare Dio: ella ricorda: “ ha guardato ”, “ grandi cose ha fatto ”, “ ha spiegato la potenza del suo braccio ”, “ ha rovesciato i potenti ”, “ ha ricolmato di beni... ”.

È nel tempo lontano che Dio ha cominciato quest'opera e la prosegue; perciò alcune traduzioni usano il presente per significare l'attualità dell'azione divina anche se è nel tempo remoto ch'essa è cominciata.

La preghiera di Maria raccoglie dunque, nel presente, il passato, tutta la storia del suo popolo. “ D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata ”. Lo sguardo rivolto all'opera di Dio nella storia apre alla speranza per il domani (Bernard Mollat, Choisie entre toutes les fenumes, Cerf‑Radio Notre Dame, pp. 107‑108).

Il Magnificat è il canto dei tempi messianici, nei quali confluiscono l'esultanza dell'antico e del nuovo Israele...

Il cantico della Vergine, dilatandosi, è diventato la preghiera di tutta la Chiesa in tutti i tempi (Paolo VI, Marialis cultus).

In Dio, mio Gesù...

“ Il mio spirito esulta in Dio, mio Gesù ”. Questa traduzione è poco usata. Non si tratta, tuttavia, di traduzione fantasiosa. Il Laurentin nota, infatti: “ La formula “esulta in Dio mio Salvatore” non è nuova. Abacuc (3,18) l'aveva già usata e Girolamo la traduce in maniera audace: Esulto in Dio mio Gesù, perché in ebraico “Dio mio Salvatore” e “Dio mio Gesù” si dice nel medesimo modo. Per Maria, la formula di Abacuc: Dio mio Salvatore, acquista un senso nuovo, divino e umano insieme: Il mio spirito esulta in Dio mio Gesù. Dio incarnato, mio figlio. Il Magnificat è l'espressione, in preghiera, dell'Annunciazione ” (op. cit., p. 43).

Bisogna ricordare: la gioia di Maria non è la gioia di una veggente che ha tutto visto, tutto compreso subito. La sua gioia è la gioia di una credente che conservava tutte queste cose nel suo cuore. Elisabetta ha indovinato il mistero: “ E beata colei che ha creduto... ”. Maria non ha visto, Maria ha creduto.

Ambroise‑Marie Carré così sottolinea la cosa: “ Quando Dio sta per rinnovare la creazione del mondo non agisce come per la prima creazione. Non comanda con forma imperiosa. Non chiama all'esistenza il Messia promesso come ha fatto sorgere dal nulla la terra, la luce, il firmamento, l'uomo. No. Egli invia un messaggero, sollecita il consenso di una giovane d'Israele e l'angelo dialoga con lei, la rassicura, le espone il piano divino. Maria accetta, Maria accoglie la straordinaria notizia ” (Nouveaux Cahiers marials, n. 11, p. 15).

Dio non ha forzato la mano con Maria, ma non l'ha lasciata sola di fronte al mistero: le offre un segno, l'annuncio di un'altra nascita, quella di un figlio a Elisabetta, che si diceva sterile. Allora “ Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda ” (Lc 1,39). Ed è alla presenza di Elisabetta sua cugina che, ispirata dallo Spirito Santo, le parla del Messia suo figlio e alla presenza di Giovanni Battista che danza di gioia nel seno di sua madre, che Maria, colmata da questo segno di Dio, canta il suo Magnificat.

Così è per noi oggi: la nostra gioia cristiana, la nostra fede cristiana si nutrono dei segni del Signore.

Ci sia dato di affrettarci a riconoscerli, malgrado le tenebre che ci circondano. Le tenebre sono, infatti, dense e i media s'incaricano di aiutarci a fare il quotidiano inventario dei segni di morte che minacciano il nostro pianeta: non soltanto i cataclismi difficilmente prevedibili, ma i drammi delle vittime delle guerre raziali nell'ex‑Jugoslavia, delle guerre religiose e politiche in Algeria, delle guerre tribali in Somalia, in Rwanda e altrove, senza parlare delle vittime della droga, dell'aids, del l'alcolismo, del cancro, delle famiglie spaccate dal divorzio... e delle vittime delle mancate previdenze o delle incompetenze di certi responsabili: dalle radiazioni di Cernobyl agli innumerevoli senza‑tetto e disoccupati delle nostre città. E in questo mondo, segnato da tante impronte di morte, che noi possiamo, che noi dobbiamo concederci il tempo per discernervi anche i segni di vita e di speranza. Questi c'invitano a cantare il Magnificat. I segni di morte, infatti, portano la firma dell'uomo peccatore, della sua brutalità, della sua violenza; i segni di vita portano la firma di Dio, della sua pace, della sua tenerezza, della sua misericordia. Essi sono presenti, ma si vedono poco: il bene non fa rumore. E cosa preziosa reperirli per una nostra compartecipazione. Ci sono dei programmi radiotelevisivi che aiutano in questo. Anche la stampa missionaria, nella sua felice varietà, è un'eco di queste attualità con i suoi articoli su vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici di ogni condizione che lavorano in tutto il mondo per arginare definitivamente la pesante marea della miseria. Esistono libri, e videoregistrazioni su questo medesimo piano. Le associazioni cristiane, particolarmente nei tempi forti dell'anno liturgico, lanciano appelli per la continuità di quel servizio umanitario che è una delle tradizioni e delle glorie della Chiesa cristiana dalle sue origini.

La violenza, l'odio, la menzogna, l'ingiustizia, la morte i cui segni incutono paura non avranno l'ultima parola perché i segni di vita non ingannano: la fede e la risurrezione che irradiano dal mattino della Pasqua sono destinati a vincere.

La preghiera di Maria può aiutarci a riportare questa vittoria: dal Magnificat non ci giunge, infatti, un'enorme potenza di luce, di coraggio, di generosità? Mai, nel corso della storia, questo cantico ha rivelato con tanta evidenza come oggi alla folla dei poveri la sua straordinaria fonte di energia, la sua capacità di far sgorgare dai cuori aridi la fede, la speranza e la carità di cui ha bisogno il mondo.

E mezzogiorno. Vedo la chiesa aperta. Bisogna entrare.

Madre del Cristo Gesù, non vengo a pregare.

Non ho nulla da offrire, nulla da chiedere.

Vengo soltanto, Madre, per guardarti.

Guardarti, piangere di felicità, sapere questo,

che sono tuo figlio e che tu sei qui...

Perché tu sei qui per sempre

semplicemente perché sei Maria,

semplicemente perché tu esisti,

Madre di Cristo Gesù, sia tu ringraziata!

(Paul Claudel, La Vierge à Midi)


JEAN‑MARIE SÉGALEN


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