Paraguay: il vescovo di Ciudad del Este denuncia il silenzio sistematico sull'esistenza dell'inferno
NON DIRE LA VERITÀ SU QUESTO PUNTO È NON AMARE GLI UOMINI”.
Il vescovo di Ciudad del Este (Paraguay), mons. Rogelio Livieres, ha scritto qualche giorno fa che “parlare dell'inferno è un atto di carità”, di amore verso gli uomini, poiché nel mondo di oggi l'esistenza dell'inferno è qualcosa che viene sistematicamente taciuto. In un post sul suo blog “Saldi nella fede”, pubblicato il 6 giugno, il presule sottolinea che “c'è una questione che deve interpellare fortemente noi, sia consacrati che laici, ed è il sistematico tacere di una verità fondamentale della nostra fede: l'esistenza dell'inferno”.
(Aci/InfoCattolici) L'arcivescovo Livieres avverte che “non possiamo giustificare il nostro silenzio su questo importante argomento dicendo che è una verità accettata da tutti o ricorrendo all'assurdo: ‘l'inferno fa paura alla gente, quindi è meglio non parlarne’.
Non possiamo separare la misericordia di Dio dalla sua inesorabile giustizia, perché significherebbe ingannare il popolo affidatoci da Nostro Signore e, allo stesso tempo, negheremmo nella pratica questa verità di fede attraverso un costante e sistematico silenzio”.
Il presule continua dicendo che “è un imperativo morale parlare di questo argomento, non per spaventare le persone a temere Dio, ma perché la sua omissione consiste in un certo modo in una mancanza di carità verso gli uomini. Non dire la verità su questo punto è non amare gli uomini.
In positivo, parlare dell'inferno è un atto di amore verso gli uomini”.
Il Vescovo spiega che ci sono due ragioni per farlo: la prima è ricordare che esiste la possibilità della dannazione eterna, come sottolineano il Catechismo della Chiesa e Gesù stesso; la seconda è che la predicazione alimenta la fede del popolo.
Mons. Livieres ci ricorda anche che il sacerdote è incaricato di questa predicazione e che deve credere in ciò che predica, “altrimenti finirà per creare un popolo ignorante con un esito finale disastroso nel peggiore dei casi, e questa conseguenza sarà condivisa in primo grado dal sacerdote che era incaricato di alimentare la fede di quel popolo”.
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