1922: prima predizione, di San Giovanni Calabria_, del progetto di Dio su don Guido
Nel 1922, mentre ero in Seminario a Feltre, ebbi una predizione di don Giovanni Calabria.
Accadde questo fatto: con i miei compagni di classe ritornavamo dal cortile alla sala di studio attigua alla stanza del Rettore. Il Rettore era davanti alla sua porta e parlava con un Sacerdote forestiero.
Appena entrati, ci raggiunse lasciando l’uscio aperto e disse che quel Sacerdote era don Giovanni Calabria, fondatore della Casa dei Buoni Fanciulli di Verona, un carismatico come don Bosco, e che, guardandoci entrare, gli aveva detto che uno di noi, diventato anziano, avrebbe scritto un libro molto importante e che avrebbe dovuto scriverlo presto. Solo io, fra i dodici compagni, chiesi:
– Lo saprà quell’uno di noi, l’interessato, che il suo libro è molto importante? – Dal corridoio mi giunse la voce di don Calabria: – Sì, lo saprà. È proprio lui.
– Su quale argomento? – replicai.
– Vado a domandarglielo – rispose il Rettore. Il Rettore uscì e parlò con don Calabria. Rientrato disse che quello lo avrebbe saputo e che riguardava la Bibbia, la Genesi biblica.
Poi chiese: – Chi ha fatto quella domanda? –
Tacqui nel timore di aver commesso un’impertinenza. Ripetè l’interrogazione. Un compagno disse il mio nome. C’era un mio omonimo. Uno m’indicò col dito. Egli mi guardò, poi guardò tra i banchi il mio omonimo che era il più bravo della classe. E poiché dell’altro don Giovanni Calabria aveva predetto che avrebbe cambiato strada, disse:
– Ho capito. So io quale dei due. – Quello divenne il beniamino; io, secondo il Rettore, ero quello che avrebbe cambiato strada.
Accadde il contrario.
Il Rettore pagò d’allora in poi per ‘l’omonimo’la retta di tasca sua. E poiché don Calabria aveva predetto che ‘l’altro’ sarebbe uscito dal Seminario, il chierico Guido fu trattato in seguito con molta freddezza e sufficienza.
1928: seconda predizione, di padre Matteo Crawley
Finito il ginnasio a Feltre, il giovane Guido si trasferì, con altri Seminaristi della provincia, al Seminario di Belluno dove vi erano solo le classi superiori.
Passarono gli anni e Guido crebbe meditando sempre le parole di don Calabria nel suo cuore. Leggiamo ancora quello che accadde poi:
Nel 1928, all’inizio del secondo anno di teologia, Padre Matteo Crawley tenne un ritiro per tutti i chierici e predisse a ciascuno, senza nominarlo ma fissandolo negli occhi, il suo avvenire.
Fra gli altri ricordo che disse di uno, intelligente e buono, che sarebbe salito ai più alti gradi della gerarchia ecclesiastica. Dai brevi connotati, molti capirono, compreso egli stesso, che si riferiva ad Albino Luciani che allora faceva la prima o la seconda liceo. Poi, dopo una breve pausa, soggiunse: “Ooooh..! Ahimè..! Ma durerà poco!”.
Guardò anche me e disse, fissandomi negli occhi, che uno di noi avrebbe ricevuto una rivelazione sui punti oscuri della Genesi Biblica. Descrisse in breve la mia vita dicendomi che avrei avuto molto da soffrire, anche per l’incomprensione dei miei confratelli e dei miei Superiori.
Non avevo più dubbi: il Signore, malgrado le mie molte insufficienze, mi guidava al Suo scopo.
Padre Matteo Crawley gli preannunciò anche che avrebbe subìto un furto. A quale furto si riferisse non lo seppe mai. Solo in vecchiaia pensò che si fosse trattato del dizionario dei toponimi che egli aveva composto con grande fatica e che gli fu sottratto dalla sua casa di Farra.
Però questo vago annuncio gli diede fin da allora non poca inquietudine. Per questo divenne un tantino sospettoso e diffidente con il prossimo.
Il suo voler sapere sempre il come e il perché delle cose, aveva dato al giovane Guido fama di contestatore e per gli insegnanti era un alunno scomodo.
In un esame, presieduto dal Vescovo Cattarossi, si presentò la solita situazione di prevenzione dell’esaminatore che, posta la domanda al giovane Guido, cominciò a parlare senza dargli la possibilità di aprir bocca, nonostante egli cercasse con la mano di interromperlo per esporre egli stesso.
Il professore fece per accomiatarlo e propose un voto sufficiente, ma basso.
Il Vescovo intervenne:
– Ora voglio sentire lui, gli faccia un’altra domanda. –
E Guido, libero questa volta di parlare, espose bene e diffusamente l’argomento. Il Vescovo propose un nove. Fecero media, e gli venne dato otto.
Guido ne fu molto incoraggiato perché comprese d’essere stimato dal suo Vescovo.
Don Guido Bortoluzzi
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