Che cosa sia l'eternità secondo l'insegnamento di San Gregorio Nazianzeno e San Dionigi.
Cominciamo dunque a dare una qualche spiegazione di ciò che è inesplicabile, per formarci un qualche concetto di ciò che è incomprensibile, affinché i cristiani, conoscendo meglio o ignorando meno ciò che è eterno, temano di commettere una colpa o di lasciare un'opera di virtù, tremando al pensiero che in cambio di beni tanto da poco, come sono quelli della terra, si sperperino beni tanto grandi, come sono quelli del cielo.
Vedendo Agrippina Romana lo sperpero di suo figlio, che profondeva oro e argento come se fosse acqua volle correggere la sua prodigalità. Una volta che il figlio aveva ordinato di preparargli la quarta parte circa di un milione, la madre fece mettere insieme altrettanto danaro, lo fece stendere su vari tavoli, per mostrarlo tutto insieme al figlio, perché questi, vedendo coi suoi occhi la somma che così temerariamente aveva sprecato, si moderasse nella sua prodigalità.
Lo spreco e la pazzia degli uomini non trovano altri rimedi; bisogna mettere dinanzi ai loro occhi ciò che perdono per un piacere contro la legge di Dio.
Infatti per una cosa molto piccola perdono ciò che è senza fine, ciò che deve durare sempre, insomma ciò che è eterno. Però chi potrà spiegare questo? L'eternità è un oceano immenso di cui non si può trovare il fondo; è un abisso oscurissimo nel quale si perde ogni intelletto umano; è un labirinto intricato donde nessuno può uscire; è uno stato perpetuo senza passato e senza futuro; è un circolo continuo il cui centro sta in tutte le parti e la circonferenza in nessuna; è un anno grande che sempre incomincia e mai tocca la fine; e ciò che non si può comprendere e sempre si deve conoscere e pensare. Ma perché possiamo dirne qualcosa ed apprendiamo ciò che è incomprensibile, sentiamo come la definiscono i santi.
L'eternità secondo San Gregorio Nazianzeno .
San Gregorio Nazianzeno non sa dire cosa sia l'eternità, ma solo ciò che non è, e scrive: L'eternità non è tempo, né parte del tempo, (Oratio in Christi Nativitate, 38) perché il tempo e le sue frazioni passano, mentre l'eternità non passa. Tutti i tormenti che un'anima condannata all'inferno patisce in principio, tanto terribili e vivi la tormentano dopo milioni di anni, e di tutti i piaceri che un'anima giusta prova quando entra nel cielo non ne verrà meno poi uno solo. Il tempo ha questo di proprio che ci assuefà alle cose e le diminuisce, perché di ciò che in principio ci pareva nuovo perdiamo poi la sensazione. L'eternità invece è sempre intera, è sempre la stessa, nulla si cambia. I dolori con i quali comincia il dannato, dopo mille secoli sono ancora fiammanti e nuovi, la gloria che nel primo istante riceve chi si salva gli sembra sempre recente. L'eternità non ha parti, è tutta d'un pezzo, non si dà in essa né diminuzione, né difetto. Benché i piaceri di questa vita, che vanno col tempo, siano di tale natura da diminuire col tempo, sì da non avervi in questo mondo piacere che col lungo andare non si cangi in pena, così per il contrario, le pene col tempo diminuiscono e si curano. L'eternità ha una tela ben differente; tutto è uniforme, non vi è gioia che stanchi, né pena che scemi.
L’eternità secondo San Dionigi.
Secondo San Dionigi Areopagita ( De divinis nominibus, cap. 10) l'eternità è immutabilità, immortalità, incorruttibilità di una cosa che tutta esiste in un istante che non apparisce, ma che sempre è nello stesso modo. Dice il Savio: Dove cadrà il tronco ivi resterà (Eccle, 11, 3). Se cadrai come tizzone infernale nel profondo dell'abisso, ivi starai ardendo come sei caduto e nessuno verrà a levarti finché Dio sarà Dio; là starai senza poterti voltare da un lato all'altro.
L'eternità è immutabile, perché con essa non è compatibile mutazione alcuna; è immortalità, perché non ha fine; è incorruttibilità, perché non avrà mai diminuzione. I mali di questa vita, per quanto possa essere disperato il trovarne rimedio, non difettano però della possibilità di trovarlo. Con il loro mutarsi sì alleviano, con la morte finiscono, con la corruzione diminuiscono. Tutto questo manca ai mali eterni, i quali non avranno mai il sollievo del loro mutarsi, né il rimedio del loro finire, né la consolazione del loro diminuire. Mutare il lavoro suole essere un riposo. Un malato per quanto sia angosciato, si solleva col voltarsi da un Iato all'altro. I mali eterni invece in un medesimo punto e con la medesima intensità dureranno, finché Dio sarà Dio, senza modo alcuno di mutarsi. Se il cibo più gustoso e salutare del mondo, che fu la manna, solo perché fu continuo, causò nausea e vomito, quale tormento causeranno le pene che continueranno sempre e rimarranno sempre le medesime?
Il mare ha il suo flusso e riflusso, i fiumi hanno le loro piene, i pianeti le loro posizioni diverse, l'anno ha le sue stagioni, le febbri maggiori hanno la loro decrescenza, ed anche i dolori, arrivati al sommo dell'acutezza, diminuiscono. Solo le pene eterne non avranno decrescimento e non vedranno mutazione.
L'andar per una strada tutta piana, che sembra la meno faticosa, suole stancare, perché manca la varietà; quanto stancheranno il cammino dell'eternità quei dolori perpetui che non possono mutarsi né arrivare alla fine, né subire diminuzioni? Quelli che furono i tormenti di Caino tanti mila anni fa, lo sono ancora oggi, e ciò che sono oggi, lo saranno per altrettanti anni. Le frazioni del tempo si computano coll'eternità di Dio, e la durata della infelicità con quella della gloria di Dio. E finché Dio vive, essi lotteranno con la morte e moriranno in tutti gl'istanti. Quella morte dura eternamente e quella vita miserabile uccide, perché ha tutto il peggiore della vita e della morte. Vivono questi miserabili per patire e muoiono per non godere; non hanno il riposo della vita, né il termine della morte, ma per maggior tormento proprio hanno il tormento della morte e la durata della vita.
Guarda invece quanto felice è la sorte di coloro che muoiono in grazia di Dio. La loro gloria sarà immortale, senza timore che abbia a terminare. La loro fortuna sarà immutabile e non potrà invecchiare; la loro corona sarà incorruttibile e non potrà marcire. Non passerà giorno senza godere, e sempre la contentezza sarà nuova e la loro gloria rinverdirà sempre per tutta l'eternità. Perciò la felicità sarà sempre nuova; onde la gloria che San Michele aveva tante migliaia d'anni fa, è oggi ancora la stessa, e quella che oggi ha, sarà ancora nuova, dopo sei milioni di anni, come oggi.
P. Gian Eusebio NIEREMBERG S. J.
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