Vita di Don Guido Bortoluzzi
La visione dell’apparizione della Madonna ai tre pastorelli a Fatima, il 13 ottobre 1917, avuta da don Guido a 10 anni
Di lì a poco ci fu un altro episodio che vagamente si ricollega a quello precedente per via di quel famoso berretto e che ricorderà da adulto con molta commozione in un altro brano autobiografico.
C’è un rapporto misterioso tra una visione che ho avuto il 13 ottobre 1917 all’età di dieci anni e il fatto straordinario accaduto lo stesso giorno a Fatima in Portogallo.
Quel giorno mi trovavo a giocare a nascondino con un amico in una stalla vuota di animali, presso casa mia. Egli mi tolse il berretto, lo gettò sul selciato e vi buttò sopra una bracciata di foglie secche tolte da un grande mucchio addossato alla parete, sfidandomi di trovarlo entro lo spazio di un’Ave Maria.
– Adesso trova il tuo berretto – disse.
– Lo troverò – risposi – a costo di passare le foglie ad una manciata alla volta. –
Trovato il berretto, toccò a me nasconderlo. A turno egli si voltò dalla parte opposta, mentre nascondevo il berretto sotto un mucchio più grande di foglie. Il gioco continuò con sfida alterna. Ad un nuovo turno mio, il berretto si trovò sotto un mucchio di foglie alto quanto la mia statura.
La campana suonò l’Ave Maria di mezzodì e l’amico scappò via.
Introducendo il braccio tra il fogliame, non riuscivo più a pescare nel fondo il berretto come le altre volte. Non si trovava più al centro della base del cumulo. Dovetti adattarmi a prendere una bracciata alla volta di quelle foglie e riportarle nel mucchio grande. Quel berretto, comprato qualche mese prima per me, mi aveva recato una grande gioia quando mi venne regalato da mamma. Portava sul davanti, sopra il frontino, un’aquila di metallo dorato con le ali aperte, ma era stato ridotto ad un cencio durante il furioso temporale di qualche giorno prima, quando lo perdetti in montagna e rischiai di perdere insieme anche la vita.
Faticai quel mezzodì del 13 ottobre a trovare il berretto nascosto per gioco e intanto meditavo sul terrore di quella sera, delle mie grida di aiuto alla Madonna, sul miracolo dei lampi che mi salvarono, e sulla mia promessa...
Quando ritrovai il berretto, ebbi d’improvviso la visione che la Madonna stava apparendo a dei bambini grandi più o meno come me e vidi che stava compiendo un miracolo2.
Temendo d’esser creduto un visionario, tenni il segreto per me. In casa chiesi a mamma se era successo qualcosa di importante nel mondo. Andò a prendere il giornale. Nulla. Il dì seguente mi disse che tutti i giornali parlavano di Fatima e dei tre fanciulli.
Molte volte, guardando quel berretto che ancora conservo, penso a quella visione... .
Nel frattempo era venuta la guerra e con essa la fame.
Dopo che l’affezionatissima nonna era morta, i due figli più piccoli, Guido e Giulio, vennero mandati a Tambre d’Alpago, paese di origine dei genitori, da uno zio che faceva il contadino, perché lo aiutassero in campagna e nella stalla in cambio di un piatto sicuro. Giulio fu riportato a casa dopo poco tempo perché era sempre in lacrime per la nostalgia. Guido invece rimase lì, salvo brevi intervalli, per quasi tre anni, ben voluto e ben nutrito. Tornò a casa più forte e più sano.
2 La visione fu solo visiva, non uditiva. Ciò che il piccolo Guido vide fu l’apparizione della Madonna ai tre pastorelli e il miracolo del sole che in quello stesso giorno a Fatima prese a girare davanti a migliaia di persone. Una curiosità: don Guido è nato nel 1907, lo stesso anno di Sr. Lucia di Fatima.
3 Il ricordo della visione del 13 ottobre del 1917 fece pensare a don Guido, una volta concluse le rivelazioni, che ci fosse una relazione fra queste e il terzo segreto di Fatima, visto che la Madonna li aveva in qualche modo associati.
Nemmeno questa lunga assenza fu sufficiente a fargli recuperare l’affetto della madre che in quel periodo aveva visto solo tre volte nonostante la sua casa distasse appena 8 km da quella dello zio: forse assomigliava troppo a sua nonna Caterina che lei non sopportava.
Il Cappellano di Farra lo notò per la sua bontà e correttezza e, benché appena dodicenne, gli affidò l’incarico di catechista ad una trentina di compagni in vista della Prima Comunione. Gli impartì anche i primi elementi di latino.
Di lì “...l’invito del parroco ad entrare in Seminario, poi la Cresima, l’abbraccio del Vescovo Cattarossi, gli studi...”.
Nel 1920 partì per Feltre, dove il Seminario aveva solo le classi inferiori.
Furono anni duri, in cui patì il freddo e la fame. Vi furono reclami da parte di seminaristi e genitori e, dopo successivi controlli della Curia Vescovile di Belluno, le cose andarono meglio.
Nel Seminario di Feltre ebbe le prime due predizioni riguardanti le future “rivelazioni che avrebbe ricevuto da anziano dal Signore sulla Genesi Biblica”.
La terza la ebbe nel Seminario di Belluno e l’ultima quando già era Cappellano a Dont, piccolo paesino della Val Zoldana.
Prima però accadde un fatto strano che lasciò perplesso don Guido:
“Padre Anselmo e Padre Emidio, francescani venuti da lontano, dopo aver predicato una grande missione al mio paese nel 1921, vennero a cercarmi al Santuario di San Vittore, vicino a Feltre, dove mi trovavo a passeggio con i miei compagni di Seminario, e insistettero perché andassi con loro per farmi frate”.
Proposero al giovane Guido una borsa di studio che comprendeva l’intera retta per tutti gli anni del Seminario: vitto, alloggio, libri, tasse scolastiche e la promessa della consacrazione anticipata di un anno rispetto alla data prevista dai corsi regolari e quindi la possibilità di celebrare la Messa dodici mesi prima. Insistettero a lungo e con tanta benevolenza. Guido, allora quattordicenne, ne fu entusiasta perché provava una grande fiducia per questi Padri. Tornato in Seminario, andò di filata nello studio del Rettore per comunicargli la notizia. Ma questi gli disse in modo perentorio che, se anche fosse uscito solo per prova, non avrebbe più rimesso piede nel Seminario di Feltre. Gli ricordò i grandi sforzi economici fatti dalla sua famiglia e la riconoscenza che egli doveva ai suoi parenti e ai Superiori e si fece promettere che avrebbe declinato l’invito.
Guido passò un giorno e una notte in grande angoscia, combattuto dal desiderio di seguire i padri francescani e la promessa fatta al Rettore e finì per rinunciare. “Dissi ai Frati che la loro divisa non mi piaceva e che la decisione era troppo impegnativa”. Ripensando a quest’episodio non riusciva a capire come mai fossero venuti da così lontano per fare solo a lui questa proposta, dal momento che nel Seminario e nella sua stessa classe c’erano alunni molto più intelligenti e preparati di lui. Infatti nei suoi studi non brillava per profitto. Per questo non si spiegava come qualcuno potesse aver interesse a lui. Più tardi pensò che il motivo di tanta insistenza dei due Frati fosse dovuto alla loro conoscenza di cose future che prudentemente non avevano voluto rivelare. Con l’età gli rimase il rimpianto e il dubbio che quell’opportunità gliel’avesse mandata il Signore.
L’anno seguente accadde un fatto ancor più singolare: da alcune parole profetiche di un santo Sacerdote venne a sapere che Dio lo aveva scelto come strumento per spiegare all’umanità alcuni passi oscuri della Bibbia.
Dagli scritti di Don Guido Bortoluzzi
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