domenica 9 aprile 2023

«- Ah, se si conoscesse il mio Cuore!... Gli uomini ignorano la Sua Misericordia e la Sua Bontà: ecco il maggior dolore!».



COLUI CHE PARLA DAL FUOCO 


«Il 15 marzo, festa delle cinque piaghe e martedì di Passione, dopo la Comunione Gli domandavo ancora perdono - scrive. - Come un lampo passò davanti a me, arrestandosi un istante, e mi disse soltanto: «- L'amore tutto cancella!».  

Questa lezione si scolpisce sempre più nell'anima sua, essa ne vive, mentre sta occupata al lavoro. Quella stessa mattina si trovava in soffitta e:  

«Preparavo - così scrive, - la biancheria da lavare; e siccome non desidero che riparare, chiedevo con molta semplicità a Nostro Signore di guadagnargli tante anime quanti erano i fazzoletti da contare. Ho offerto a questo scopo tutta la mia giornata, unendo le mie sofferenze al Suo Cuore e ai Suoi meriti».   

Verso sera, precedendo di qualche istante l'ora dell'adorazione generale, ella entra in Cappella dove era esposto il Santissimo. Nostro Signore le appare:   

«- Se ti occupi della mia gloria, - dice, - Io mi occuperò di te. Renderò saldo in te il mio regno di pace e nulla potrà più turbarti. Stabilirò in te il mio regno d'Amore e nessuno potrà rapirti la tua gioia».  

«Si accostò a me, la ferita si aprì. Vidi una fila di anime prostrate in adorazione, e mi fece comprendere che erano quelle che io gli avevo chiesto quella stessa mattina».  

 

Il giovedì di Passione, 17 marzo, ricorre il ventesimo anniversario del suo ritiro di Prima Comunione, data che non passa mai inosservata per l'anima di Josefa.  

«Vent'anni - scrive, - che Gesù mi ha scelta per Lui: mai sono stata così indegna del Suo Amore!».  

Allora si umilia pensando a tante grazie a cui le sembra aver sempre troppo poco corrisposto, e aggiunge:   

«Stavo decidendomi a cambiare completamente e, mentre prendevo questa risoluzione. Egli mi è apparso con le braccia aperte. Con voce amorevole mi ha detto:  

- Sì, Josefa, ti ho chiamata in quel giorno e poi non ti ho più abbandonata. Ti ho custodita senza mai separarmi da te. Quante volte saresti caduta se non ti avessi sostenuta!... Oggi te lo ripeto una volta di più: Voglio che tu sia tutta mia... che tu mi sia fedele e corrisponda al mio Amore. In cambio Io mi dono a te come sposo e ti amo come la sposa privilegiata del mio Cuore. Io farò tutto il lavoro: a te non resta che amare e abbandonarti. Poco m'importano il tuo nulla e le tue stesse cadute: il mio Sangue cancella tutto. Ti basti sapere che ti amo: tu abbandonati!».  


Ma sempre questa predilezione divina riconduce Josefa al pensiero delle anime. Il martedì santo, 22 marzo, dopo la Comunione, Gesù le appare con le braccia aperte. Piena di ardire per quella che chiama «l'immensa bontà del Maestro»:   

«Vorrei chiederti tante cose, Signore!» - Gli dice.  

«- Non sai dunque, Josefa, ciò che sta scritto nel mio santo Vangelo? Chiedete e riceverete!».  

«Lo scongiurai d'avere compassione di tutto il mondo, e d'incendiarlo col fuoco del Suo Cuore divino...».  

«- Ah, se si conoscesse il mio Cuore!... Gli uomini ignorano la Sua Misericordia e la Sua Bontà: ecco il maggior dolore!».  

«Allora Lo supplicai d'infiammare le anime dello zelo per la sua gloria, di moltiplicare i suoi sacerdoti, di suscitare molte vocazioni religiose. Poi mi fermai, ma, pur tacendo, Gli parlavo ancora. Quante cose Egli mi diceva con lo sguardo. E soprattutto quanta fiducia m'infondeva! Infine mi mostrò le mani e mi fece baciare le piaghe. Quindi disparve».  


Righe come queste non bastano forse da sole a dimostrare fino a qual punto lo zelo ardente del Cuore di Gesù consuma già quello di Josefa? Le anime sono ormai divenute il grande orizzonte della sua vita e di esse si occupa sempre nei suoi incontri con Gesù. Durante la meditazione, il mercoledì santo, 23 marzo, mentre ella Gli chiede che cosa intenda per «salvare le anime».  

«Egli mi è apparso - scrive, - e dopo avermi guardata con grande amore, rispose: 

«- Ascolta, Josefa: ci sono delle anime cristiane, e anche pie, che un semplice attacco del cuore basta a rallentare nel cammino della perfezione. Però se un'altra anima offre per loro le proprie azioni, unite ai Miei meriti infiniti, può ottenere che escano da quello stato e riprendano la loro corsa nella via del bene.  

«Molte anime vivono nell'indifferenza, ed anche nel peccato. Aiutate anch'esse nella stessa maniera potranno rientrare in grazia e salvarsi un giorno.  

«Ve ne sono poi altre, e assai numerose, ostinate nel male e accecate nell'errore. Sarebbero dannate se le suppliche di qualche anima fedele non ottenessero che la grazia tocchi infine il loro cuore. Ma essendo estremamente deboli, correrebbero il rischio di nuove cadute: quelle le prendo senza ritardi nell'eternità, e così le salvo!».  

«Gli chiesi come potrei fare per salvarne molte».  

«- Unisci tutte le tue azioni alle mie, sia nel lavoro che nel riposo. Unisci al mio Cuore i palpiti del tuo e i tuoi respiri stessi. Quante anime potrai così guadagnare!».  


Gli ultimi giorni di Quaresima l'assoceranno più intimamente alle sofferenze del Calvario. Per la prima volta ella segue passo passo il Maestro lungo la passione e la giornata del venerdì santo, 25 marzo , la trascorre continuamente alla sua dolorosa Presenza.  

«Dopo aver finito di spazzare - scrive, - sono salita a fare una visitina alla Madonnina del noviziato. Appena entrata, Gesù è venuto con le mani legate e il capo coronato di spine, il volto sanguinante e contuso. Mi ha guardato soltanto con grande tristezza, poi è scomparso».  

«Verso le tre del pomeriggio lo rividi ancora - scrive, - e mi mostrò la piaga del costato, dicendomi:  

«- Guarda ciò che ha fatto l'Amore».  

« La ferita si aprì ed Egli continuò:  

«- Si è aperta per gli uomini, per te!... Vieni... avvicinati... ed entra!».  


La Madre addolorata conferma le grazie di questo giorno con una di quelle parole che rivelano il suo cuore. Verso le cinque Josefa si trova nell'oratorio del noviziato:   

«Là, in silenzio, ai piedi della Madonna, riandavo col pensiero a ciò che avevo visto e compreso. Improvvisamente è venuta: aveva una veste di color violetto scuro, come il velo, e teneva tra le mani la corona di spine insanguinata. Me la mostrò dicendomi:  

«- Sul Calvario, Gesù mi ha dato per figli tutti gli uomini: vieni, poiché sei mia figlia! E tu, non sai già quanto io ti sia Madre?»  

«Le chiesi il permesso di baciare la corona, e mentre me la porgeva e mi metteva la mano sulla spalla, mi disse:  

«- Oh! qual ricordo Egli mi ha lasciato di sé dandomi le anime...».  


L'alba del sabato santo, 26 marzo 1921, segna il compimento di questo periodo con uno di quei favori celesti che lasciano in Josefa un'impronta incancellabile.  

«- Sai con quale intento ti do le mie grazie con tanta abbondanza?» le domanda Nostro Signore, apparendole nella meditazione con le piaghe risplendenti di luce. E ripete quello che un tempo aveva detto, quasi con le stesse parole, a Santa Margherita Maria:  

«- Voglio fare del tuo cuore un altare, sul quale arda continuamente il fuoco del mio Amore. Però voglio che esso sia puro e che niente lo tocchi di ciò che potrebbe macchiarlo»  

«Egli mi lasciò - scrive Josefa, - e discesi in Cappella per assistere alla Messa. Dopo la Comunione gustai le gioie del paradiso!... Vidi dentro di me, sopra un trono risplendente, tre persone biancovestite. Tutte e tre simili e bellissime! L'anima mia ardeva di un fuoco che, senza bruciare, mi consumava di felicità. Poi tutto scomparve».  


Questa grazia, del tutto interiore, si ripeterà il 5 aprile seguente. Davanti alle tre Persone Josefa è pervasa da una pace indicibile. Tenta di spiegare qualche cosa di ciò che è avvenuto in lei con una semplicità ignara dell'importanza di un così insigne favore.  

«Di solito - scrive, - la divina Presenza mi avvolge tutta, ed anche quando entro nel Cuore di Gesù, mi trovo inabissata in Lui. Ma queste due ultime volte, nel momento della Comunione, è avvenuta come una gran festa che si è celebrata nell'anima mia. Gesù entrò in me come nel proprio palazzo. Non so come spiegarmi... e siccome ero fermamente decisa ad abbandonarmi interamente a Lui perché facesse di me secondo il Suo volere, fu davvero una festa di cielo!». 


Dopo tali contatti con l'Ospite divino, si capisce quale violenza Josefa doveva farsi per ritornare al lavoro abituale. Questo sforzo fu spesso l'occasione propizia al nemico per tenderle i suoi agguati.  

Josefa Menéndez

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