San Pier Damiano parla di un cotale che vivea solo per godere e sollazzarsi, né per quanto l'avvisassero di pensare all'anima, in pericolo di finire come il ricco malvagio, volle mai ravvedersi. Dopo morto fu visto da un santo anacoreta, sommerso in uno stagno di fuoco, somigliante a immenso mare, ove: andavan travolti innumerevoli dannati, che mandavano disperate grida, sempre in isforzi per guadagnare la riva, e sempre da orribili demonii impediti di approssimarsi e risospinti in quell'oceano di fiamme.
Nicolò di Nizza, parlando del fuoco dell’Inferno, attesta che se di tutti gli alberi delle foreste si formasse una immensa pira e si accendesse, tanto incendio non varrebbe una scintilla di quello, e però niuna cosa della terra ce ne può fornire una conveniente idea.
Vincenzo di Beauvais, al ventesimoquinto libro della sua Storia, racconta il fatto seguente, avvenuto egli dice nel 1090. Due giovani libertini si erano, o davvero o da burla, insieme accordati che chi di loro morisse il primo, venisse a dar notizia del suo stato al superstite. Morì dunque l'uno, e Dio permise che apparisse al compagno: era in orribile stato, tormentato come da una febbre divampante. che ne spremea copiosi sudori. Asciugandosi egli con una mano la fronte, lasciò cadere una goccia sul braccio dell'amico, dicendo: Ecco il sudor dell'Inferno; tu ne porterai il marchio fino alla morte. Quella goccia bruciò il braccio del vivo e ne penetrò le carni con ispasimo inaudito. Ma buon per lui, che approfittò del terribile avvertimento, raccogliendosi in un monastero.
Pietro il Venerabile, abbate di Cluny, racconta un caso del medesimo genere. Un moribondo ostinato nella colpa era per finire impenitente. Bruciava di febbre, ed a refrigerio della sete chiedea dell'acqua fresca; e grazie alle preghiere fatte per lui, il Signore permise che due spiriti dannati gli si presentassero in forma visibile, con una tazza contenente un liquido, di cui gittarono una goccia sulla mano dell'infermo, dicendo: Ecco l'acqua fresca, onde ci refrigeriamo nell'Inferno! La stilla trapassò la mano da parte a parte, bruciandone carni ed ossa. Gli astanti videro sbalorditi l'orribile effetto e le violenti convulsioni, nelle quali per indicibil tormento il misero si contorceva. Ma se l'acqua fresca di laggiù cuoce a tal segno, che farà l'acqua bollente ed i solfi divampanti?
Nel 1875 la città di New-York vide un incendio, di cui le circostanze rappresentano una imagine dell'Inferno. Il serraglio Baunum, pieno di lioni, di tigri e di altre belve feroci, andò in fiamme, onde tutte quelle perirono bruciate vive tra le roventi sbarre dei loro gabbioni. A misura che crescea la vampa, le fiere maggiormente si irritavano; sopra tutte gli orsi e le tigri erano agitati da rabbioso furore Si lanciavano con violenza spaventosa contro le ferree pareti di loro prigioni, ricadendo come masse di piombo, per balzar su di nuovo contro l'invincibile ostacolo che li ritenea cattivi. I disperati ruggiti dei leoni, i fremiti delle tigri, le urla di tutte le altre belve faceano un formidabil tumulto, che potea in alcun modo adombrare quello dei dannati nell'Inferno. Ma l'orribil frastuono andavasi di mano in mano illanguidendo; fino a che succedette il silenzio della morte. Ora figuratevi di vedere chiusi tra quelle gabbie arroventate. non più animali selvaggi, ma uomini; ed uomini, che in luogo di morir tra le fiamme, vi continuano a vivere, come se le loro persone fossero di gran lunga più dure del ferro; questo sarebbe una imagine dell’Inferno, ma molto languida ancora ed imperfetta.
del R. P. SCHOUPPES S.J.
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