MICHELA
La mia lotta per scappare dall'Inferno
Il rapporto con il caprone
Le sue parole avevano sempre la capacità di rassicurarmi e mi confermavano che ero importante per lei, che ero divenuta una persona che lei aveva il compito di custodire e di proteggere. In conclusione, quello che pensavo era: «Va bene, se lei è contenta per quello che ho fatto vuoi dire che tutto ciò è bello e buono». L'unico suo rimprovero fu: «Devi crescere nella sopportazione del dolore, devi imparare a trasformare il dolore - nel momento in cui lo senti sul tuo corpo - nel piacere dell'altro, perché attraverso il tuo dolore provochi godimento. E questo in seguito ti verrà ricambiato». Al pomeriggio mi accompagnò da un ginecologo, che certamente era un membro della setta, il quale mi medicò con una pomata. Poi mi accompagnò sotto casa mia e ripresi la vita di sempre.
Prima di lasciarmi mi consegnò un Teledrin. Forse i più giovani non lo conoscono, ma molti ricorderanno quell' aggeggino nero, dalla forma simile a un telecomando, con una finestrella sulla quale appariva il numero di telefono di chi ti stava cercando. La Dottoressa mi spiegò che, essendo ormai un membro della setta, la convocazione per i riti l'avrei ricevuta in questo modo: nella serata del sabato e delle altre feste mi sarebbe comparso un numero, che avrei dovuto richiamare entro cinque minuti. Se non avessi fatto a tempo, poco dopo mi sarebbe stato inoltrato un nuovo numero. Dall'altra parte mi avrebbero comunicato il luogo dell'appuntamento e l'orario d'inizio della cerimonia.
La voce che ascoltavo era indifferentemente maschile o femminile e io dovevo limitarmi ad ascoltare quello che diceva, senza fare domande: nella maggior parte dei casi avevo la netta sensazione che si trattasse di un messaggio registrato. Col senno di poi, mi è venuto da pensare che avessero la capacità tecnica di inserirsi sulle utenze telefoniche private, oppure sulla rete dei telefoni pubblici stradali, in modo da non poter essere intercettati.
Per alcuni sabati il rito si svolse secondo uno schema pressoché identico: il crescendo di litanie corali, la celebrazione della messa nera, il sacrilegio delle ostie consacrate e l'orgia conclusiva.
Nella vigilia dell' 8 settembre, festa della natività di Maria, la cerimonia andò avanti come al solito, fino al momento in cui il Sacerdote disse a una delle donne presenti di stendersi nuda sul marmo dell'altare. Il Sacerdote ebbe subito un rapporto con lei e successivamente questa persona venne messa nella posizione ginecologica. La Dottoressa era seduta accanto a lei, le accarezzava i seni e le suggeriva gli esercizi di controllo dei muscoli pubici. Le ripeteva costantemente alcune parole: «Fiducia, volontà, potere, gloria...».
Quindi il Sacerdote prese un caprone nero e lo avvicinò, mentre la donna stesa sull'altare ebbe un moto di reazione. Il Sacerdote si voltò verso la Dottoressa e lei la fulminò con lo sguardo, dandogli poi nuovamente il "via libera". Ebbe inizio un rapporto con l'animale (scelto appositamente per quel rito) che avvenne in più riprese. Due adepti lo mantenevano per le zampe, mentre il Sacerdote gli teneva ferma la testa. Al termine il caprone venne legato e posto sull'altare, mentre questa persona si era inginocchiata e voltata per un rapporto anale con un altro confratello.
Quando si rialzò in piedi, il Sacerdote le porse il coltello, invitandola a uccidere il caprone, che intanto era stato offerto in sacrificio a Satana. Lo sgozzò e gli squartò il petto, prelevandone il cuore, che mostrò a tutti. Quindi trafisse il cuore con il coltello, facendo gocciolare il sangue all'interno del calice. Le ostie consacrate che consumammo quella sera vennero intinte in questo sangue, al quale il Sacerdote aveva aggiunto il proprio sperma.
Al termine di quella messa nera mi fu assegnato il primo incarico: trafugare le ostie consacrate per i prossimi riti. Ero ormai un membro del gruppo e dovevo cominciare ad agire come soldato dell'oscurità.
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