Fortezza romana
Tutte le porte, ormai, si aprivano al giovane apostolo. L'ascesa continuava senza ostacoli. Terminati gli studi ricevé il Suddiaconato e venne nominato canonico della Basilica di S. Marco in Roma. Il 12.3.1808 fu ordinato Diacono.
Possiamo immaginare con quanto fervore e quanta gioia andava preparandosi al Sacerdozio! Una notte, assorto in preghiera, mentre meditava sulla grande dignità e responsabilità alla quale stava per ascendere, gli balenò innanzi la grande figura di Francesco D'Assisi, che non se ne ritenne degno e rimase sempre Diacono. Abilmente il demonio, conoscendo quante anime un giorno gli ruberà quel pretino, s'insinuò nella sua mente e lo atterri. «No, non salirò l'Altare, non ne sono proprio degno!» esclamò Gaspare. Si raccomandò alle preghiere di tante pie persone affinché il Signore lo illuminasse, chiese consigli, scrisse alla compagna d'un tempo, Maria Tamini, ora suora a Macerata. Questa, con fine intuito, mostrò le lettere al Vescovo di Tolentino, Mons. Vincenzo M. Strambi, che godeva grande fama di santità, e che conosceva bene Gaspare, il quale, a sua volta, aveva per lui grande venerazione. Il santo Vescovo rifletté un momento, poi, sicuramente illuminato dall'Alto, disse con sicurezza: «Scrivete a D. Gaspare che vada subito all'Altare, poiché questa è la Volontà di Dio». L'umiltà, di cui il demonio s'era servito per atterrirlo, è proprio la virtù che fece chinare il capo di Gaspare all'ordine del santo Vescovo: il 31.7 dello stesso anno, venne ordinato sacerdote e il 2 agosto celebrò la sua Prima Messa in S. Marco.
Con rinnovato ardore si gettò nell' apostolato, restaurò la chiesetta di S. Maria in Vincis e vi fondò due Ristretti: quello di S. Francesco Saverio per gli uomini e quello delle Sorelle di Carità per le donne, col compito d'una fervida attività spirituale e l'impegno d'assistere il vicino ospedale. La chiesetta era nei pressi della Basilica di S. Nicola in Carcere, dove si venerava una celebre
Reliquia del Prez.mo Sangue. Qui Gaspare conosceva un santo sacerdote, Mons. Francesco Albertini, e si unì a lui nella fondazione della Confraternita del Prez.mo Sangue. L'Albertini, come presto vedremo, divenne suo Padre Spirituale ed assunse un ruolo importantissimo, anzi decisivo, nella vita di Gaspare e del suo Istituto.
Il 2 febbraio del 1808 il Gen. Miollis, per ordine di Napoleone, occupò Castel S. Angelo e la piazza del Quirinale, allora residenza dei Papi. Le ostilità tra il Papa e Napoleone si fecero aperte. Si sa che sono sempre i prepotenti e i più forti ad aver partita vinta. Pio VII, che non volle e non poté piegarsi ai voleri dell'Imperatore, venne deportato in Francia e ai sacerdoti romani e dello Stato Pontificio, che godevano di qualche Beneficio Ecclesiastico, venne intimato il giuramento di fedeltà all' usurpatore.
È la mattina del 13 giugno 1810, quando Gaspare riceve l'ordine di presentarsi al posto di Polizia. Il padre vuole assolutamente accompagnarlo. Sappiamo anche il cognome del poliziotto - un certo Olivetti - che senza preamboli gli ingiunge di giurare. La risposta è fiera e secca: «Non posso, non debbo, non voglio!» Gaspare ha appena 24 anni e il suo coraggio desta ammirazione. Il poliziotto passa all' adulazione, alle promesse ed infine alle minacce. La risposta è sempre uguale: «Non posso, non debbo, non voglio!». Come ultimo tentativo si cerca di indurre il padre a persuadere il figlio a sottomettersi. E qui insorge la fierezza romana del bravo cuoco, che, nonostante i suoi difetti, è d'indefettibile fedeltà alla Chiesa e al suo Capo. Erige la testa, guarda fieramente l'Olivetti ed esclama: «Cittadino, fucilate prima me e poi mio figlio, ma non si parli di giuramento!».
Padre e figlio non fanno politica e non difendono il Potere Temporale dei Papi per capriccio, ma non accettano la prepotenza, il sopruso e 1' imposizione di colui che ha fatto saccheggiare le chiese di Roma e trafugare le opere d'arte più preziose, arrogandosi perfino il diritto di trasformare la dottrina cattolica.
La condanna per Gaspare è decisa e immediata come la sua fiera risposta:
Esilio e carcere!
Il giovane non batte ciglio. Nel suo cuore è lieto di patire per Cristo e il suo Vicario.
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