Caratteri dello spirito diabolico circa i moti o atti della volontà, affatto opposti ai caratteri dello spirito di Dio.
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§. IV.
127. Il terzo carattere si è la disperazione, o la diffidenza, o la vana sicurezza, ma non mai la vera confidenza in Dio. Sa il demonio, dice S. Giovanni Crisostomo, che la fiducia è quella bella catena che ci trae al paradiso: perché con questo santo affetto prendiamo animo grande e ci solleviamo a Dio; perciò dopo fatti i peccati, ci mette affetti e pensieri più gravi del piombo, per cui si sforza di tirarci alla disperazione, che è l'estremo di tutti i mali (S. Jo. Chrys. Adhort. ad Theodorum laps. § 2.).
128. Ma perché vede che rare volte gli riesce di precipitare le anime fedeli nell'abisso, quasi irreparabile, della disperazione; che fa il maligno? procura almeno di farle cadere in una certa diffidenza, per cui se non disperano, certamente non sperano; e s'industria con grande studio di tenervele stabilmente abbattute, acciocché divenute a poco a poco languide e neghittose, non abbiano più vigore di operare alcun bene. Ma ciò che è peggio, opera tutto questo il demonio con un'arte sì maliziosa e coperta, che arriva a persuadere loro, essere cosa giusta e ragionevole lo starsene così giacendo in quell'abbattimento di spirito; perché dopo aver loro con quella falsa umiltà, di cui ora io ragionavo, rappresentate le passate debolezze, o pure le quotidiane mancanze, suggerisce altri pensieri che hanno apparenza di vero, cioè: ch'è grande la bontà di Dio; ma che esse si oppongono con la loro malizia alle opere della divina grazia: che Iddio è pronto a porger loro ogni aiuto; ma che esse non lo meritano: e finalmente, che tutto il male non vien da Dio, ma da loro: onde esse convinte da queste ed altre simili apparenti ragioni, se ne rimangono costernate in braccio alle loro diffidenze. Questa è una delle più maliziose astuzie con cui il nemico infernale ritarda ad una gran parte delle persone devote il loro profitto spirituale; e specialmente alle donne, ch'essendo timide di lor natura, sono facili a dare in questi sgomenti. Cadute poi in questa fossa, ivi restano avvilite senza poter più dare un passo nella via della perfezione.
Prego pertanto i direttori ad invigilare con molta cura sopra i loro penitenti, acciocché non diano mai in questa rete; ed entrandovi dentro alcuna volta, di farli presto avvertiti dell'inganno. Dicano loro francamente, che spirito di diffidenza non è, né può essere, spirito di Dio, ma sempre è spirito diabolico. Insegnino loro a confondersi ed umiliarsi con pace per le loro colpe, ma ad innalzarsi poi subito a Dio con una forte e viva speranza, riflettendo, che la divina misericordia supera con eccesso infinito la malizia ed il numero dei loro peccati. Suggeriscano loro alcuni atti da farsi quando il demonio le assale con diffidenza e pusillanimità, dicendo a Dio con San Paolo: “Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica” (Rom. 8, 33,34). Iddio è pronto a perdonarmi: chi dunque potrà condannarmi? Oppure con Isaia: “È vicino chi mi rende giustizia; chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. - Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole? Ecco, come una veste si logorano tutti, la tignola li divora” (Is.50, 8,9). Iddio che vuol donarmi la sua grazia, sta presso di me: chi dunque potrà essermi contrario con un tal difensore al fianco? Iddio è in mio aiuto: chi potrà dunque fulminare contro di me sentenze di dannazione? Animato da queste coraggiose parole, entri poi in grande speranza, e vada ripetendo con Giobbe: “Mi uccida pure, non me ne dolgo; voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta! (Gb.13,15): ancorché mi voleste morto, Signore, intanto vorrei sperare salute da voi. Vi ho fatto gran torti, è vero: ma questo di diffidare della vostra somma bontà, non ve lo farò mai. Se mi vedessi sull'orlo dell'inferno, già vicino a cadervi, non lascerei di sperare in voi. Finalmente ordini loro, che continuino a replicare questi o simili atti di speranza, finché non si sentano slargato il cuore. In oltre, per chiudere ogni adito alle suggestioni dell'avversario gioverà molto imporre loro che dopo aver commesso qualche mancamento o peccato, si pentano subito e si umilino avanti a Dio: e poi si gettino nel seno della divina bontà, e quivi dilatino il cuore con una santa fiducia, prima che venga a ristringerlo il demonio con i suoi vili sgomenti. Fatto questo, seguano a servire Iddio con allegrezza, con pace e con santa libertà.
129. Si noti però, che tutto questo che ho detto circa lo spirito della disperazione e della diffidenza, accade dopo fatto il peccato, come accenna anche il sopraccitato santo dottore. Ma prima di peccare mette il nemico un altro spirito affatto diverso, ed è lo spirito di una vana e temeraria sicurezza, con cui rende l'uomo animoso alla colpa. Gli rappresenta in Dio una misericordia quasi stupida ed insensata, che si lasci offendere impunemente; ond'egli, deluso da questa stolta persuasione, deponga ogni timore e prenda animo a lordarsi ne' peccati (S. Jo. Chrys. Hom. 8. De poenitent. § 2.). A questi tali deve il direttore rappresentare il gran pericolo a cui si espongono di essere abbandonati dalla divina misericordia, se dalla dolcezza di lei prendono ansa ad offenderla. Deve dir loro, che la misericordia di Dio è come il mare che conduce a porto sicuro i naviganti. Ma se questi invece di aiutarsi con le vele e con i remi volessero stare oziosi, dando, con la loro infingardaggine, occasione al naufragio, sulla speranza che il mare avesse a far tutto da sé, chi non vede che rimarrebbero sommersi? Così appunto Iddio è un mare di misericordia, ed un oceano di bontà. Se noi c'industrieremo facendo forza a noi stessi per non trascorrere e dolendoci de' passati trascorsi, questo mare dolcissimo ci porterà a salvamento nel porto della beata eternità.
Ma se noi non ci vorremo aiutare anzi vorremo esporci a manifesti pericoli di perdizione, lusingandoci che abbia a fare tutto la divina misericordia; questo mare soavissimo di bontà ci lascerà incorrere in un eterno naufragio. E per restringere in poche parole tutta la presente dottrina dico: che i direttori hanno a procurare che i penitenti sperino sempre nella bontà, di Dio dopo fatto il peccato; e sempre ne temano prima di commetterlo. Così rigetteranno da sé lo Spirto diabolico di disperazione e di diffidenza, che segue alla colpa; e lo spirito di una stolta sicurezza che la precede.
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G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS
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