Materia delle espiazioni nel Purgatorio: lo scandalo e l'immortificazione. - Il pittore e il religioso carmelitano. - Espiazioni dell'immortificazione.
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Quelli che ebbero la disgrazia di dar cattivo esempio e di perdere o di ferire le anime collo scandalo, devono procurare di riparare al tutto in questo mondo, se nell'altro non vogliono scontare una terribile espiazione. Non invano Gesù Cristo ha gridato: Guai al mondo per causa dei suoi scandali! Guai a colui pel quale avviene lo scandalo! (40). Ecco ciò che riferisce il P. Rossignoli nelle sue Maraviglie del Purgatorio. Un pittore di gran talento e d'una vita esemplare, aveva però una volta fatto un quadro poco conforme alle severe leggi della cristiana modestia. Era una di quelle malaugurate pitture, che, sotto pretesto d'arte qualche volta si trovano nelle migliori famiglie e la cui vista produce la perdita di tante anime. L'arte vera è una ispirazione del Cielo, che solleva l'anima a Dio; il genio verista che non si indirizza che ai sensi, che agli occhi non presenta che bellezze di carne e di sangue, non è che un'ispirazione dello spirito immondo; le sue opere ben possono essere brillanti: non sono opere di arte, e falsamente loro si dà un tal nome: sono infami produzioni di una vergognosa immaginazione. Il pittore, di cui parliamo, in questa parte aveva ceduto all'impulso del cattivo esempio. Però, ben presto, rinunziando a questo cattivo genere, s'era obbligato a non far più che quadri religiosi od almeno perfettamente irreprensibili. Finalmente si mise a dipingere un gran quadro nel convento dei Carmelitani Scalzi, quando fu colto da una mortale malattia. Sentendosi morire, domandò al gran Priore il favore d'essere sotterrato nella chiesa del monastero, e legò alla comunità il prezza, assai alto, del suo lavoro, coll'onere di celebrare messe in suffragio dell'anima sua. Egli morì piamente, e passarono alcuni giorni, quando un religioso, che dopo il mattutino era rimasto in coro, lo vide comparire in mezzo alle fiamme e mandare grida dolorose. - «Ecchè! disse il religioso, avete a sostenere siffatte pene dopo una vita tanto cristiana ed una morte sì santa? - Ohimè! rispose, è per un cattivo quadro stato da me dipinto. Quando mi trovai al tribunale del Giudice supremo una folla di accusatori vennero a deporre contro di me, dichiarando d'essere stati eccitati a cattivi pensieri ed a malvagi desideri per una immodesta pittura dovuta al mio pennello. In conseguenza di questi cattivi pensieri gli uni si trovavano al Purgatorio, gli altri nell'inferno. Questi ultimi chiedevano vendetta, dicendo che, essendo stato io la causa della loro perdita eterna, almeno meritava lo stesso castigo. Allora là Santa Vergine ed i Santi, che glorificai colle mie pitture, presero, a difendermi: rappresentarono al Giudice che quella sgraziata tela era un'opera della giovinezza, di cui mi era pentito, che più tardi l'aveva riparata con una quantità di quadri religiosi, che per le anime erano stati una sorgente di edificazione. «In vista di queste ragioni da una parte e dall'altra il Giudice supremo dichiarò che, pel mio pentimento e per le mie buone opere, sarei esente dall'eterna dannazione ma nel tempo stesso mi condannò a soffrire quelle fiamme, finché la maledetta pittura venga abbruciata, sicché non possa più scandalizzare alcuno». Epperò il povero sofferente prego il religioso carmelitano di procurare perché il quadro fosse distrutto. «Ve ne prego, aggiunse: da parte mia andate dal tale, proprietario del quadro; ditegli in quale stato mi trovi per averlo dipinto cedendo alle sue istanze, e scongiuratelo di fame il sacrifizio. Se ricusa, guai a lui! Del resto per mostrare che tutto ciò non è un'illusione e per punizione del suo fallo, ditegli che entro poco tempo perderà i suoi due figli, Se rifiuta di obbedire agli ordini di Colui che ci creò, sarà punito eziandio con una morte prematura». Il religioso non tardò a fare quanto la povera anima gli domandava, e si recò dal possessore del quadro. Questi, conosciuta la cosa, pigliò il quadro e lo gittò sul fuoco. Tuttavia, secondo la parola del defunto, in meno d'un mese perdette i suoi due figli. Passò il rimanente della vita a far penitenza del male che aveva commesso comandando e in casa sua conservando quella immorale pittura. Se tali sono le conseguenze d'un quadro immodesto, come saranno puniti gli scandali in altro modo funesti dei cattivi libri, dei cattivi giornali, delle cattive scuole e delle cattive conversazioni? Vae mundo a scandalis! Vae homini illi per quem scandalum venit! Guai al mondo pe' suoi scandali! Guai all'uomo pel quale avviene lo scandalo! (Matth., XVIII, 7). Vi sono poi oggidì molti cristiani affatto estranei alla voce ed alla mortificazione di Gesù Cristo. La loro vita molle e sensuale non è che una connessione di piaceri; hanno paura di tutto ciò che è sacrifizio; appena osservano le strette leggi del digiuno e dell'astinenza prescritta dalla Chiesa. Dacché non vogliono sottomettersi ad alcuna penitenza in questo mondo, riflettano bene a quella che loro sarà imposta nell'altro. E’ certo che in questa vita mondana non fanno che accumular debiti; non facendo penitenza, non si pag'a alcun debito, e così si arriva ad un totale che spaventa l'immaginazione. La venerabile serva di Dio Francesca di Pamplona, che fu favorita di parecchie visioni intorno al Purgatorio, un giorno vi vide un uomo del mondo, che sebbene fosse stato un cristiano assai buono, doveva passar cinquantanove anni nelle espiazioni in causa della sua ricerca dei comodi. Un altro per la stessa ragione vi passò trentacinque anni, ed un terzo, che per di più aveva avuto la passione del giuoco, vi dimorò sessantaquattro anni. Ohimè! questi malaccorti cristiani lasciarono dinanzi a Dio sussistere tutti i loro debiti, e ciò che facilmente potevano pagare con alcune opere di penitenza, dovettero poi soddisfare con anni di supplizi. Se Dio si mostra severo coi ricchi e coi felici del mondo, non lo sarà maggiormente coi principi, coi magistrati, coi genitori, e generalmente con tutti quelli che hanno il carico delle anime ed autorità sopra gli altri? Un severo giudizio aspetta i superiori (Sap., VI, 6).
Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G.
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