mercoledì 17 luglio 2024

La Stolta Superbia e Soave Umiltà - ITALIANI



ITALIANI

“O Italia, Terra nella quale ho mandato il mio Pietro a erigervi la Chiesa, pietra che non crollerà per soffio di venti. Terra dove ho portato le reliquie della mia vita e della mia morte: la casa di Nazaret dove venni concepito, e la Sindone dove il sudore della mia morte ha impresso il segno del mio dolore sofferto per l’Umanità. Terra dove sono fioriti i più grandi Santi, quelli simili a me per il dono delle mie ferite. Terra sulla quale i miei martiri sono caduti a manipoli come spighe di un grano eterno, cominciando da Pietro, perché c’era bisogno di quel sangue per fare di Roma il centro del Cattolicesimo!” (Quad. ‘43, p. 230).
“L’Italia, Terra alla quale ho dato tanti geni, tante vittorie, tanta gloria e bellezza di cielo, di mare, di colli, di monti e di selve! Ti avevo eletto alla più alta sorte e a te avevo affidato le gemme della Redenzione e la mia dottrina nella Chiesa, fiorente come palmizio e cedro sul suolo da cui fluiscono miele e vino. Da te, come da un sole, sono partiti raggi di una civiltà perfetta, perché civiltà di Cristo, la quale si ammanta non di scoperte adatte a snervare la vita e a rendere crudele la sorte, ma di leggi, volte ad innalzare l’uomo, a sollevare le sue miserie, ad istruire la sua ignoranza, poiché sono leggi venute dalla fonte divina dell’Eterna Santità, Sapienza e Carità. Ti avevo dato una missione di luce, missione simile alla mia sulla Terra” (Id. p. 709).
“O Italia, alla quale ho dato tanto e che hai dimenticato tutto. Me e i miei benefici! La superbia del cuore, l’eterno peccato dell’uomo, è venuto traviare i tuoi reggitori. Loro fu fatale di avere vinto. E’ sempre fatale il dono di Dio, quando non scende in cuore di figlio sincero, rispettoso e amante del Padre! Le vittorie iniziali, mescolando il lecito motivo della risurrezione nazionale alla superbia, dalla quale derivano prepotenza e errori che hanno distrutto quel bene che vi avevo concesso, distruggendo, per prima, la vita della grazia in voi, poi la benevolenza divina per voi. Vi siete creduti sicuri, perché siete riusciti; ma non sapete, o re e governanti, che esistete e siete finché Io lo voglio e finché i vostri errori non provochino il mio “Basta”? Vi dimenticate troppo che vi è un solo Onnipotente, fonte di ogni potere! Pari a coloro che usano male della salute miracolosamente riavuta per pietà divina, avete usato male i miei benefici e avete creduto potere fare a meno di Me e della mia Legge! Occorre vivere la Legge del Vangelo e rispettare la Chiesa. Dio non si irride! Non dovete sfidare la sua infinita pazienza! Avete commesso errori su errori. Eppure vi ho mandato castighi, gioie e Santi. Mi avete risposto con ribellioni e derisioni. Avete sempre peggiorato, sicché, in questo popolo, si può dire, non c’è più prudenza, né sapienza, ma solo superbia e derisione, leggerezza e peccato. Avete messo tutto sotto i piedi facendone sgabello per salire. Ma le cose di Dio non si mettono sotto i piedi; vanno accettate in ginocchio e non usate come strumenti di trionfi umani. Altrimenti, come pietre di un arco di trionfo, scosse e sconnesse dalla mia ira, precipitano e vi schiacciano.
“A chi tradisce è riservato il tradimento. Tutto avete tradito: Dio, la sua Parola, la vostra coscienza, come tanti Giuda! Non sentite nelle vostre coscienze gridare la voce di Dio? Neppure coloro che dovrebbero essere usi, per vocazione, a sentirla e a farla sentire, non la sentono più, sono sordi! Se non la sentono, come possono farla sentire!” (Quad. ‘43, p. 489).
“Non si schernisce, non si tenta Dio! Troppo l’avete tentato e lo provocate continuamente: nell’interno delle vostre anime e dei vostri corpi, nell’interno delle vostre case e istituzioni. Dappertutto lo schernite e provocate. I miei Angeli si velano la faccia per non vedere il vostro mercimonio con Satana.
Troppo pochi coloro che meritano, redimono rispetto agli infiniti che demeritano ora per ora, sempre di più! Se i buoni fossero un decimo dei malvagi, ciò che è segnato potrebbe venire mutato. La giustizia invece segue il suo corso che voi la costringete a seguire. Coloro che si sacrificano per amore di Patria e dei fratelli saranno giudicati con immenso amore, gli altri con rigore. I maggiori colpevoli, sarebbe meglio non fossero mai nati! Ma ogni goccia di sangue estorta dalle vene degli umili, ogni gemito di disperazione strappato a un cuore, ogni anima rapita a Dio, tutto sarà giudicato! Perdonerò agli umili che hanno disperato per causa di tanti orrori, non perdonerò a coloro che li hanno spinti alla disperazione  per ubbidire a Satana” (Quad. ‘43, p. 232).
“Italia, nuova Gerusalemme, mi hai rinnegato, hai tradito Cristo e infierito sopra i suoi santi e profeti e infierirai di più ancora. Lussuria, prepotenza, ferocia, avidità, menzogna, corruzione, satanismo ti attira castighi fabbricati con le stesse tue mani! L’orgoglio ha generato delitto, e gli altri delitti seguiranno! Sarete come ciechi che camminano nelle tenebre piene d’insidie, convinti che ogni passo vi può condurre alla morte. Camminerete come su suolo scosso da tremendo terremoto. La Terra trema sotto i vostri piedi! Per quanto non sia che un pianeta, ubbidisce meglio di voi al Creatore. Vedendo il volto adirato di Dio fissare questo mondo, come quando guardava la generazione meritevole del fuoco del cielo e del diluvio, la Terra trema di spavento nelle sue profondità per l’imminente castigo. Vedendo crollare gli idoli di fango che avete eretto al posto di Dio, capirete di avere adorato vergogne e di non avere più fede in nulla, né in nessuno. In punizione della loro incredulità, i miei credenti verranno dominati dai servi di Satana” (Quad. ‘43, p. 709). 
Dopo la legge razzista contro gli Ebrei, votata dai fascisti, Pio XI protestò: “Mi vergogno di essere italiano dopo un decreto tanto anticristiano del governo italiano”.
“Verrà l’ora del perdono e della pace, anche per voi, italiani; l’ora in cui tornerete a stringere alleanza col Signore, dopo essere stati nelle mani di Satana come una matassa di filo nelle mani di un pazzo furente” (Quad. ‘43, p. 353).

René Vuilleumier

Nessun commento:

Posta un commento