La Torre di Babele.
Moneta del popolo TASSE ZERO!
L’articolo 42, secondo comma della vigente Costituzione repubblicana, nel riconoscere e garantire la proprietà
privata, implicitamente, assicura la funzione sociale della
“moneta del popolo” e il suo accesso a tutti i cittadini.
Ciò che viene riconosciuta e garantita è la proprietà di
ogni bene, sia immobile che mobile, e quindi non può
non ritenersi inclusa, nella norma costituzionale, anche
la proprietà degli strumenti o mezzi di produzione.
Inoltre, una interpretazione di quella norma, che voglia essere non solo completa, ma soprattutto efficace ed utile,
non può prescindere dal prendere in considerazione i
princìpi fondamentali del diritto sociale. Vale a dire di
quella parte dell’ordinamento giuridico che ravvisa nella norma lo scopo di fornire non solo una tutela giuridica ma
anche, e soprattutto, il contenuto economico del diritto.
Fino ad ora, tutte le scuole politiche si sono limitate a proporre come contenuto economico del diritto sociale soltanto beni reali, dando luogo così non solo ad una divisione del corpo sociale tra una destra ed una sinistra
economica, ma anche, su un piano più concreto, o ad una
pianificazione dei consumi, come conseguenza della pianificazione della produzione, oppure alla realizzazione di un
malsano clientelismo politico che pretende di spacciare,
sotto una parvenza di diritto sociale, quella che è soltanto
elemosina di Stato.
Ecco dunque perché, nella previsione della norma costituzionale in esame, deve essere ricompresa, tra i beni alla
cui proprietà è assicurato l’accesso di tutti i cittadini, anche la moneta all’atto della sua emissione, nel senso che
invece di essere loro “addebitata” (come avviene attualmente), essa sia loro “accreditata”, cosicché sia possibile
dare ad ogni cittadino, invece dei beni reali, il denaro per
comprarli a titolo di “reddito di cittadinanza”.
Nel Terzo Segreto di Fatima, la Madonna disse: «... le acque degli oceani diverranno vapori e la schiuma s’innalzerà sconvolgendo e tutto affondando. Milioni e
milioni di uomini periranno di ora in ora, e coloro che resteranno in vita invidieranno i morti». Questa è semplicemente la descrizione della Seconda Coppa
dell’ira di Dio dell’Apocalisse di San Giovanni. Sarà con questi vapori e schiuma degli oceani, che Dio affronterà, in modo definitivo, il piano di Lucifero di servirsi dei banchieri internazionali per precipitare il mondo nel terrore, per decimarlo e sprofondarlo nel caos più profondo e nella più totale anarchia?
In ciò consiste il principio, sotto il profilo meramente giuridico, della “proprietà popolare della moneta”, come
conseguenza di quella geniale intuizione del professore
Giacinto Auriti sulla teoria del “valore indotto”, che ha
dimostrato come la moneta sia una fattispecie giuridica,
perché, come ogni unità di misura, è causata dalla “convenzione”: la moneta è, sì, “misura del valore” (come il
metro è misura della lunghezza), ma è anche “valore della
misura” (come non lo è il metro) che è appunto il “valore
indotto”, cioè il suo “potere d’acquisto”.
Il “valore indotto” è un puro valore giuridico – afferma
Auriti – e la moneta, quindi, come “contenitore del valore della misura deve considerarsi un bene reale oggetto
di scambio”. “Nella moneta – ha scritto il giurista abruzzese – si verifica un fenomeno analogo a quello dell’induzione fisica. Come nella dinamo l’energia meccanica causa energia elettrica, così, nella moneta, la convenzione
causa il valore indotto del simbolo. Pertanto, la moneta
è un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione
sociale, ma di proprietà privata individuale perché attribuita al portatore del simbolo, in virtù dell’induzione giuridica”.
Il riconoscimento della “proprietà popolare della moneta”, secondo i principi enunciati da Auriti, quindi, costituisce un doveroso adempimento del dettato costituzionale.
“Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014
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