Le questioni riguardanti l‘esistenza di Dio.
12 — E‘ così che S. Tommaso enuclea le verità circa l‘essenza di Dio, alla luce della Rivelazione ordinandole in modo che esse offrano di lui il più alto e pieno concetto.
Definita la questione proemiale circa la natura dalla sacra Dottrina, su cui abbiamo creduto opportuno dare qualche cenno (q. 1), l‘Angelico propone la divisione di tutta la teologia (cfr. q. 2). La Prima Parte la suddivide in tre grandi trattati: 1) il trattato che studia l‘essenza di Dio; 2) il trattato che studia la distinzione delle Persone; 3) il trattato che studia l‘opera creatrice di Dio. A noi interessa il primo trattato, il quale viene a sua volta suddiviso nelle seguenti questioni: a) se Dio esista; b) come sia in se stesso o piuttosto, nota S. Tommaso, come non sia; e) quale attività abbia in se stesso, ossia della scienza di Dio, della sua volontà e della sua potenza. La questione dell‘esistenza di Dio si svolge in tre articoli di importanza filosofica, oltrechè teologica, grandissima. La teologia evidentemente suppone l‘esistenza del suo oggetto e dei suoi principi e non avrebbe da dimostrarli. Ma intorno al problema di Dio tali e tante sono state nei secoli le lotte della ragione pro e contro, che il teologo non potrebbe dispensarsi dal precisare i punti chiari e definiti, sia dalla filosofia, sia soprattutto dall‘ insegnamento rivelato. Il quale insegnamento, dichiarando la ragione umana in grado di dimostrare l‘esistenza di Dio, entra nel vivo campo della filosofia stessa, su cui pertanto il teologo ha da dire, anche come teologo, la sua parola. E d‘altra parte, essendo la teologia scienza suprema, non potrebbe affidare ad altre scienze la difesa dei suoi fondamenti, ma deve provvedervi da sè, disputando contro chi li combatte: «argomentando dai suoi principi, se l‘avversario ammette qualcuna delle verità rivelate, come si fa contro gli eretici; limitandosi a sciogliere gli argomenti dell‘avversario, se costui niente crede di ciò che si ha per rivelazione. E‘ chiaro infatti che poggiando la fede sulla infallibile verità divina, ed essendo impossibile dare dimostrazione contraria al vero, ogni prova che si porti contro la fede non è una dimostrazione, ma un argomento solvibile» (q. I, a. 8). Le tre questioni riguardanti l‘esistenza di Dio sono: 1) se l‘esistenza di Dio sia una verità per se nota, in modo che ogni dimostrazione sia superflua; 2) se l‘esistenza di Dio sia dimostrabile in senso stretto; 3) con quali argomenti si provi l‘esistenza di‘ Dio. Nel trattare questi tre punti S. Tommaso usa abbondantemente e genialmente ragioni filosofiche, ma l‘ispirazione della dottrina è rigorosamente teologica, giacché S. Tommaso specula alla luce dolla parola ispirata, espressa in Sap., 13, 1-9; Sal. 13S.; Rom, 1,20; Es., 3,14. In questo ultimo passo Dio indica il suo nome con queste parole: «Io sono Colui che sono » (cfr. q. 13, a. 11). Nei testi di S. Paolo e del Libro della Sapienza è detto espressamente (parole ispirate e quindi verissime) che la ragione umana è in grado di dimostrare l‘esistenza di Dio argomentando dalle cose esistenti. Questi testi sono citati espressamente dall‘Angelico, o li presuppone nella mente dei discepoli, poichè l‘esposizione della sacra Scrittura era fatta, ai suoi tempi, in un altro corso di studia, antecedente o parallelo al corso di teologia sistematica.
13 — Ci si può domandare se queste prove circa l‘esistenza di Dio, ogni altra che si potrebbe portare, abbiano valore razionate dimostrativo o meno. C‘ è chi mette in dubbio questo valore, ritenendo che tali prove valgono sul terreno teologico, e non ‗rigorosamente su quello filosofico, in quanto si appoggiano alla Rivelazione e non alla semplice ragione umana. Per l‘uomo, nello stato di natura decaduta dopo il peccato originale — dicono — è necessaria la grazia sanans per raggiungere con sufficiente fermezza la convinzione dell‘esistenza di Dio, qualunque sia la prova che gli si sottoponga. Le prove dell‘esistenza di Dio non sarebbero quindi di evidenza cogente. G. Corti recentemente scriveva: « La storia del genere umano e dei suoi pensatori dimostra che, all‘infuori della Rivelazione, tutto era Dio fuorché Dio anche Platone ed Aristotele non hanno saputo formarsi cli Dio quel preciso concetto razionale di cui tuttavia la ragione è capace ». E questa che chiama « dissonanza », egli la crede non risolvibile se non « ammettendo che la naturale capacità dell‘uomo a conoscere Dio presentemente non si attui di fatto pienamente senza il concorso della grazia». (La Scuola Cattolica, 1940. p. 90). Ma qui mi pare doversi fare una distinzione: se si parla dell‘esistenza di Dio, non mi sembra accettabile teologicamente questa soluzione. Mi sembra esclusa da quanto scrive S. Paolo circa l‘inescusabilità dei sapienti: « Avendo conosciuto Iddio non l‘ hanno glorificato come Dio, nè l‘hanno ringraziato; ma s‘ invanirono nei loro ragionamenti, e fu avvolto di tenebre il ‗loro stolto cuore» (Rom., 1,21). Oscurità della mente e del cuore data come castigo di questa colpa e non della colpa originale. Mai si fa cenno, nella Scrittura e nei Padri e in tutta la Dottrina della Chiesa, di un ostacolo generale frapposto dalla colpa originale per la conoscenza di questa primordiale verità religiosa. La colpa originale, secondo S. Tommaso, non intaccò le forze naturali della ragione, giacché ci privò direttamente dei beni gratuiti, e solo indirettamente, in quanto fu disciolta l‘armonia della giustizia originale, portò un contraccolpo sulle forze della natura, disperdendole in contrarie direzioni. La Chiesa rigettò decisamente il tradizionalismo che per giustificare le proprie teorie ricorreva all‘oscuramento subito dalla ragione in seguito alla colpa originale. Essa dichiara che «sebbene la ragione, a causa del peccato originale, sia stata resa debole e oscura, le rimase tuttavia abbastanza chiarezza e virtù da condurci con certezza alla conoscenza dell‘esistenza di Dio» (DENZ., 1627). Dove della grazia non si fa menzione. Non bisogna poi confondere la questione circa l‘esistenza di Dio come causa prima delle cose (ritenuto, almeno confusamente, distinto dalle cose) con la questione circa la natura di Dio, compiutamente determinata dalla ragione in modo coerente. Per questa seconda questione le difficoltà sono molto più grandi e praticamente insormontabili onde la grazia è moralmente necessaria (cfr. q. 1, a. 1; 1 Cont. Gent., c. 4). Invece per la prima questione, pur concedendo l‘utilità della grazie., e anche la necessità di essa a riguardo di certi individui in condizioni speciali, non credo che si debba estendere tale necessità generale a tutti gli uomini, secondo verità e secondo la dottrina di‘ S. Tommaso. Da notare ancora che la grazia, di cui si ammette la necessità per accidens circa la questione dell‘esistenza di Dio, non è per necessità un ausilio essenzialmente soprannaturale, poichè è sufficiente anche un aiuto straordinario, che rettifichi semplicemente la natura, in certi casi per cause accidentali, deformata. (Cfr. M. DAFFARA, Dio..., p. 6. Torino, 1938).
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