Delasuss, Henri;
Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà
(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana)
LA FRAMASSONERIA SOTTO LA SECONDA REPUBBLICA
Dal 1844 al 1848, la campagna per la libertà della Chiesa fu condotta con coraggio pari all'ingegno. Dal canto suo la massoneria si mise a studiare le vie e i mezzi per mettervi fine. Quindi deliberò di riunire una grande assemblea come fa sempre alla vigilia di quelle pubbliche sommosse che non manca mai di suscitare ogni volta che vede farsi una seria opposizione all'opera che prosegue da cinque secoli. Nulla poteva sembrare più opposto a' suoi disegni quanto la libertà della Chiesa nell'educare cristianamente la gioventù; e il partito cattolico mostravasi allora forte a conquistarla.
Quest'assemblea si riunì nel 1847 a Strasburgo, luogo centrale pel convegno degli emissari di Francia, d'Alemagna e di Svizzera. Eckert ci dà i nomi di tutti i membri di quest'assemblea. Fra i delegati di Francia notiamo: Lamartine, Crémieux, Cavaignac, Caussidière, Ledru-Rollin, Louis Blanc, Proudhon, Marrast, Marie, Pyat, ecc., tutto il Governo provvisorio.(1)
Ai primi giorni dell'anno seguente, la Rivoluzione scoppiò non solamente in Francia, ma in tutta l'Europa, con una simultaneità inesplicabile, se non si tien conto della cospirazione internazionale delle loggie. Lo scoppio accadde contemporaneamente a Parigi, a Vienna, a Berlino, a Milano ed in tutta l'Italia, Roma non esclusa. "La Rivoluzione - dice Eckert - agitò dovunque il suo pugnale insanguinato e la sua torcia incendiaria".
I framassoni che si trovarono al convegno di Strasburgo si impadronirono del Governo. Dodici giorni dopo, il 10 marzo 1848, il supremo Consiglio di rito scozzese si recò a congratularsi del loro felice successo. Lamartine rispose: "Io sono convinto essere dal fondo delle vostre loggie che uscirono, dapprima nell'ombra, poi nella penombra, ed infine nella piena luce, i sentimenti che hanno finito col fare la sublime esplosione di cui fummo testimoni nel 1789, e della quale il popolo di Parigi diede al mondo, pochi giorni fa, la seconda e, spero, l'ultima rappresentazione".(2) Mentre il Grand'Oriente presentava così le sue felicitazioni, un altro membro del Governo provvisorio, l'ebreo Crémieux gli disse: "La Repubblica è nella massoneria".(3) Dopo questa confessione e questa promessa, egli indicò qual sorta di lavoro la Repubblica dovea compiere di concerto colla framassoneria: "L'unione dei popoli su tutti i punti del globo contro l'oppressione del pensiero (per mezzo della Chiesa) e contro la tirannia dei poteri"; in altri termini, l'insurrezione del genere umano tutto quanto contro ogni autorità civile e religiosa, contro tutto ciò che si oppone allo stabilimento della civiltà massonica. Poco appresso, per preparare in tutto l'universo le vie a questa civiltà, il medesimo Crémieux fondò l'Alleanza Israelita Universale, il cui fine dichiarato è l'annientamento del cristianesimo e l'egemonia della razza ebrea su tutte le altre razze.
Il movimento rivoluzionario così suscitato dalla framassoneria, sostenuto e sviluppato dalle società segrete, toccò il suo colmo nelle giornate di giugno. Ma non meno potente per arrestare il moto rivoluzionario, divenne la corrente conservatrice sorta, come vedemmo, nel 1843, che si era di molto ingrandita sotto l'azione del partito cattolico e che avea attratto a sé tutti quelli che s'erano impauriti delle minaccie del socialismo. Ben presto compresero i conservatori che non vi era salute se non nella religione, e tale sentimento divenne tanto generale e sentito da sforzare Cavaignac e Napoleone a gareggiare nel favorire i cattolici; il che provocò la spedizione di Roma e la legge sulla libertà dell'insegnamento. A queste due grandi vittorie altre ne seguirono. Si vide rinascere la libertà dei concili e la libertà del sacrificio cristiano: si lasciò al clero e alle comunità religiose un posto preponderante negli istituti pii, e nello studio dei mezzi per risolvere la questione sociale, messa innanzi sotto il regime precedente, ma che le teorie socialistiche aveano singolarmente aggravata. Sembrava che la Chiesa andasse trionfando dello spirito rivoluzionario. Ma no; la corrente cattolica non era abbastanza pura, e la corrente massonica non facea che sospendere per un istante il suo corso per ispingerlo più tardi con maggior vigore.
Il liberalismo avea di già infetta la corrente cattolica.(4) Il liberalismo cattolico consiste essenzialmente nello sforzo fatto per avvicinare la Chiesa al Mondo, il Vangelo ai Diritti dell'uomo, per riconciliare, come disse Pio IX nell'ultima proposizione del Sillabo, la Chiesa e "la civiltà", quale l'intese l'umanismo del Rinascimento e quale la vuole la framassoneria. Tutto il lavoro dei cattolici liberali, da oltre tre quarti di secolo, fu inteso unicamente a fare questo connubio, lavoro ingrato e funesto che non può approdare se non al trionfo del male.
Lamennais fu il creatore del cattolicismo liberale, come l'ab. de Saint-Cyran, col quale egli ha dei tratti di somiglianza, era stato il creatore del Giansenismo. Entrambi si studiarono con pertinacia di far penetrare il veleno delle loro dottrine particolarmente nel clero, ben convinti che dal clero scenderebbe facilmente nell'animo del popolo. Anche oggidì, quelli fra i democratici cristiani che sotto questa etichetta vogliono nascondere alcun che di diverso da ciò che Leone XIII ha approvato, invocano Lamennais; ed hanno ragione, perché egli è veramente il loro padre e maestro.
"Il Lamennais - dice Crétineau-Joly - si annuncia come l'angelo sterminatore del razionalismo, ed arriva d'un salto all'apoteosi della ragione umana; egli non parla che del principio di autorità, e lo scalza in tutte le sue gradazioni e sotto tutte le sue forme; il suo primo grido di guerra è contro l'indifferenza, la sua ultima parola propagherà, sanzionerà l'indifferentismo reale, confondendo i diversi culti in un club universale figlio della framassoneria; egli immola il sacerdozio e l'impero alla tiara, e finisce per umiliare la tiara sotto l'autorità delle masse ignoranti o profane; egli si circonda di giovani chierici o laici, si accaparra le buone volontà e le sospinge verso l'abisso, sull'orlo del quale Gregorio XVI riuscì ad arrestarle tanto in Francia che in Italia, nel Belgio come in Alemagna ... Il dissimulare era uno dei metodi del Lamennais. Egli non si spiegava sinceramente (perché, come dice S. Bernardo, non amava sinceramente); ma sapeva esagerare le speranze e spingere fino all'estremo la febbre del bene apparente che le sue opinioni presto o tardi doveano realizzare".(5) Quanti lineamenti di questo ritratto si riscontrano in quelli dei nostri contemporanei che si vantano di essere e di dirsi suoi discepoli!
Annunziando il secondo volume del suo Essai, il Lamennais avea scritto ad uno de' suoi ammiratori degli Stati Uniti: "La Chiesa è qui molto abbandonata; non abbiamo anzi, a dir vero, in questo momento che un'ombra di Chiesa". Sono frasi che si odono anche ai giorni nostri. Altro tratto di somiglianza: il cardinal Bernetti dando relazione dell'udienza accordata a Lamennais da Leone XII, diceva: "Egli non sarà né il primo, né l'ultimo a volerci dominare dall'alto della sua obbedienza ... a farci pagare la sua difesa coll'imporci le sue dottrine e col farci abbracciare le sue esagerazioni". Lo zelo affettato per la difesa "delle direzioni papali" non servi. forse anche a' dì nostri di passaporto a pericolose esagerazioni ed anche a funeste dottrine?
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