Il pensiero dell'Inferno fortifica i deboli. Due cristiane, Donnina e Teonilla, vennero condotte innanzi al prefetto Lisia, che loro intimò l'ordine di rinnegar la fede, e sacrificare agl'idoli. E rifiutandosi, elleno fermamente, un rogo fu acceso ed insieme eretto l'altare di un falso nume, e:
Scegliete, fu lor detto, o bruciare incenso su quell'altare, o bruciare voi stesse in quelle fiamme. La risposta delle eroine non si fece attendere: Noi non temiamo un fuoco, che presto si estingue; ma ben temiamo il fuoco dell'Inferno, che non si estingue giammai. Per isfuggirlo, detestiamo i vostri idoli ed adoriamo Gesù Cristo. Così sostennero da forti il martirio nel 285.
Cesario ci narra, come un uomo perverso, pel quale molto si era pregato, venne a morire, e nel momento di seppellirlo, egli rilevossi vivo, pieno di forza, ma compreso di sommo terrore.
Interrogato che gli avvenisse, rispose: Dio mi accorda una grazia insigne; perché dopo avermi fatto vedere l'Inferno, oceano immenso di fuoco, nel quale io dovea piombare, mi concede spazio di espiare i miei peccati colla penitenza. Da quel punto il peccatore si vide cangiato in altro uomo, tutto lacrime, macerazioni e preghiere. Camminava tra bronchi e spine a piè nudi, vivea di solo pane ed acqua, il suo guadagno lavorando donava ai poveri; e se altri esortavalo a mitigare le sue austerità: Ho veduto l'Inferno, rispondea, e so che non potrei fare mai troppo per evitarlo. Ah l'Inferno! Se tutti gli alberi di tutte le foreste venissero ammassati in una immensa catasta ed accesi, vorrei meglio gittarmivi a bruciare sino alla fine del mondo, che soffrire una sola ora il fuoco dell'Inferno!
Il Venerabile Beda parla di un ricco del Nortbumberland, cambiato pari mente in altro uomo alla vista dell'Inferno. Chiamavasi Tritelmo, e menava una vita da Epulone. Il Signore per singolarissima grazia gli mostrò in visione i supplizii eterni dei dannati; ond'egli tornato in sè, tosto si confessò, distribuì ai poveri i suoi beni, entrò in un monastero, né mise più limite alle austere sue penitenze. D'inverno immergeasi nell'acqua gelata; d'estate sostenea il travaglio del caldo e della fatica, con rigorosi digiuni e macerazioni, fino alla decrepitezza. E quando gli parlavano di temperare alquanto i suoi rigori, rispondea: Se aveste veduto meco l'Inferno, parlereste altrimenti. -
Ma come potete voi tollerare sì eccessivi rigori? - Io non li conto per nulla verso l'Inferno, meritato dalle mie colpe.
del R. P. SCHOUPPES S.J.
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