domenica 12 settembre 2021

DELLE CAUSE DEI MALI PRESENTI E DEL TIMORE DE' MALI FUTURI E SUOI RIMEDI AVVISO AL POPOLO CRISTIANO

 


***

Nulla, o quasi nulla, in una parola, si è voluto fare per edificare la città di Dio; e qual cosa mai non si è fatta per la città caduca del mondo? Quante ricerche, quante combinazioni e sistemi, quanti scritti, quanti saggi sull'agricoltura, sul commercio, o interno, o esterno, sulle manifatture e le arti, sulla legislazione, sui mezzi di assicurare ciò, che appellasi la felicità del cittadini, coll'assicurare, e coll'accrescere le loro comodità, sui mezzi altresi di aumentare le ricchezze dello stato, sul suo credito, e sulle sue risorse, sulle sue relazioni, e i suoi interessi, sulla sua popolazione, sul suo governo, sulla sua forza militare, sulle sue alleanze ! Se v'è stato su tutto ciò molta sagacità ne disegni, molta connessione, e destrezza nelle discussioni e nelle operazioni, non domandate ad un vescovo: ma ciò, che ei non potrebbe abbastanza ripetervisi è, che uomini cristiani non doveano tutto riferire a sollecitudini profane ». Quantunque sono forse anche più quelli, i quali danno quasi tutto al riposo, e nulla, o quasi nulla alla fatica. Vedrete un cristiano impigrir sulle piume sino al tardo mattino; crederete, che il giorno innanzi abbia travagliato, come un fabbro, o come un agricoltore, e pure non ha alzata una mano, non ha dato un passo. Vedrete una donna, che ha sempre aperta l'anticamera a visite, e crederete che si prenda un onesto trattenimento dopo i continui pensieri della famiglia, della educazion delle figlie, o dopo il lavoro delle mani. Niente di questo; ma la conversazione è la sua sola occupazione, e l'unica sua fatica. Vedrete un uomo passeggiar su e giù la piazza, o assidersi immobile in un caffè: penserete forse, che aspetti compagni e dipendenti per trattar di affari, ma v'ingannate; l'unico suo affare è passeggiare, sedere, e parlar di novelle, e mormorare d'altrui. Ora do mando io: v'è segno in questi, che pur son tanti, v'è segno nessuno di creature di Dio, che amano il Dio lor Creatore; v'è in questi indizio nessuno, ovver principio di veri cattolici? - º È poi ordinato in secondo luogo il tempo dell'uomo e il tempo di Dio. Tempo dell'uomo sono i sei giorni della settimana; tempo di Dio è il giorno della domenica. Tempo dell'uomo è il carnevale, tempo di Dio è la quaresima. E pure anche questi due tempi s'invertono oggidi dai cristiani. Anche del giorno di festa si vuol fare un giorno dell'uomo, anzi dirò piuttosto un giorno del demonio. Il difestivo è appunto quello, che più degli altri, è dedicato al letto, al divertimento, alla crapula e al peccato. Non basta correre alla messa più spedita e più tarda; si va ad udirla in quella chiesa, dove capita quel l'amico, quella persona, quel corrispondente: vi si va nel tempo di quella musica, in cui le risa, le ciarle, e la scompostezza delle persone sono la minor irriverenza, che si commetta in faccia agli altari. Si corre a ricevere in fretta una benedizione di Gesù Sacramentato, e poi si parte a comprare la sua maledizione per una contrada, dove si procura di adescare gli occhi della gioventù più debole, e più incauta. Il difestivo è il giorno del banchetto, è il giorno del teatro, è il giorno della danza. E non è un rossore de cristiani l'aver trovato per sin le sottigliezze delle scuole a fine di accorciare il giorno di Dio? Imperocchè il difestivo dovrebbe aver principio da una mezzanotte all'altra secondo lo stile ecclesiastico e ragionevole; ma se n'è fatto un giorno mezzo naturale, e mezzo ecclesiastico: si sono tolte alla domenica almeno sei ore di tempo, e si fa terminare il difestivo al tramonto del sole, per aver campo di andare al teatro, e per coonestare la libertà delle danze e degli spettacoli. Del tempo poi della quaresima, che dovrebbe esser tempo di penitenza, si è procurato di fare un ecclesiastico carnevale. Si assiste alla predica come al teatro per partito e per curiosità; e un gran predicatore è divenuto al di d'oggi simile ad " parassito, che ha i suoi partigiani, ei suoi antagonisti. Si rinnovano in certi di festivi della quaresima i banchetti e le crapule del carnevale. L'opera si traveste sotto il titolo di accademia; per altro vi sono gli stessi divertimenti della musica, e quasi gli stessi scandali delle persone. I disordini del carnevale servono a far dispensare dal digiuno della quaresima, e in questo modo tutti i disegni di Dio, e della Chiesa si pervertono, disordinando il tempo assegnato alla penitenza. Ora domando io: in questi cristiani, che così pervertono il tempo, v'è luogo all'osservanza del primo precetto di Dio? V'è pensiero di Dio? v'è anore di Dio? v'è culto di Dio?

***

DEL CONTE CANONICO ALFONSO MUZZARELLI

Nessun commento:

Posta un commento