Le lotte religiose e la trappola della democrazia
Per mostrare ora, fino a quale segno la malizia ebraica riesca a farsi gioco di noi ed a truffarci, col fare credere ciò che non è, ritengo, innanzi tutto, di dovere segnalare, come la Sinagoga non sia estranea neppure al divampare delle lotte religiose, fomentando, con ogni sorta d'intrighi (nei quali è artista), il contrasto delle opinioni dottrinali ed il sorgere delle eresie.
Lo scrittore Bernard Lazare, dice apertamente in un suo libro: «Si può tessere la storia della penetrazione ebraica nella Chiesa Cristiana, cominciando dall’Ebionismo primitivo fino al Protestantesimo».
Lutero, infatti, si schierò per gli Ebrei e fu da questi sostenuto; ma quando il fuoco dell'eresia fu acceso, essi, facendo macchina indietro, si ritirarono, Per tale voltafaccia, lo stesso Lutero li ininvestì con l'opuscolo «Gli Ebrei e le loro menzogne», qualificandoli addirittura come «bestie malvage, allo quali bisognerebbe dar la caccia, come a cani arrabbiati, che vivono di scelleratezze e di rapine».
Il rabbino Camerini riconosce che la Riforma, tenendo occupati i Cristiani a lottare fra di loro (precisamente come dal giudaismo era voluto), segnò una tregua alle persecuzioni antisemitiche. «In quel tempo — scriveva — i nostri saggi fratelli non facevano che soffiare sul fuoco della discordia» aggiungendo che «quando i cani si mordono fra loro, l'agnello resta salvo»1. Principio, questo — teniamolo bene a mente — dai Giudei costantemente applicato a nostro danno.
Nel 1608, in un opuscolo dal titolo «Lo specchio ebreo del Calvinismo», si afferma, come nessuna religione quanto il Calvinismo si avvicini tanto all'ebraismo, nella soluzione dei problemi religiosi e pratici.
E non si pensi che, allo stesso sorgere del Maomettanesimo, sia stato estraneo l'intervento della Sinagoga. Maometto, in principio, fu aiutato da Giudei col consiglio e con l'oro. Ma, una volta che tale religione si diffuse, essi trovarono il modo di ritirarsi alla chetichella. Onde il Profeta fece loro tagliare la testa.
Fu, in realtà, il fanatismo d'un pugno di Ebrei, fra i più reputati della città di Medina, che gittò le fondamenta della potenza politico-religiosa dell’Islam, decise delle sorti dell'Arabia e, fra torrenti di sangue, sconvolse il mondo 2.
Il Malo, nella sua «Storia degli Ebrei» (p. 170), racconta che, secondo testimonianze arabe, gli Ebrei mandarono da principio dodici dei loro dottori da Maometto, fra i quali Abdallah Ibn Salam e Mukaïrik, i quali collaborarono con lui nella compilazione del Corano.
Dopo di che, più facilmente si arguisce, quanto il giudaismo abbia interesse a che i «goim» lottino fra di loro, e siano, al massimo grado, divagati da quelle cose che risultino più distraenti e che maggiormente si confacciano alla psicologia sia dei grandi che dei piccoli, affinché nessuno si accorga delle sue malefatte e possa in pace lavorare al suo fine.
Per la sicura riuscita del gioco, coprirà gli espedienti escogitati, con motivi apparentemente ragionevoli e come acquisizioni di progresso.
Tenuto ciò presente, non farà meraviglia se si opina — specie dopo la grande turlupinatura della Stampa, della quale ci siamo già resi conto — come, anche l'istituzione del «Parlamentarismo», nato in Inghilterra, ed il formarsi dei vari :partiti politici non sia per essere tutta opera della stessa mano giudaica, che si serve all'uopo, della potenza del suo oro, dell'abile propaganda e della servilità della setta massonica.
Ora, essendo pacifico come la natura stessa crei la diversità delle idee, il giudaismo, volendole controllare, le organizza secondo le più importanti correnti che qualifica con adeguato nome: poscia, per diretto o indiretto, vi si immischia, e v'influisce così, da incanalarle tutte al suo scopo e insieme per alterare la concordia.
Se così, dunque, stanno i fatti, chiaro risulta, quanto non sia da prestare fede ai programmi di qualsivoglia partito, perché vi si cela la frode, e noi — aderendo ad essi — si resta lavati nel cervello e minorati cerebrali.
Io non so, se ai tempi del Re Sole, di Filippo II, di Enrico VIII, in cui il «parlamentarismo» non esisteva e neppure vi erano le lotte dei partiti, ma solo un sovrano, assistito da un «Consiglio della Corona» i popoli godessero meno pace di oggi. Quando in una famiglia si litiga, non c'è da aspettarsi alcun progresso ma la rovina.
Ad ovviare il fatto che un sovrano assoluto, potrebbe, col tempo, mutarsi in tiranno, penso, sarebbe un modo sano che il Capo dello Stato venisse eletto, periodicamente, non da altri che da quei cittadini, i quali abbiano dimostrato coi fatti, di essere i più benemeriti della Nazione e, in conseguenza, i più maturi per discernimento (Grandi Elettori).
Costoro nominerebbero contemporaneamente un «senatoconsulto», il quale avrebbe il compito di proporre le leggi al Presidente e di consigliarlo nelle sue decisioni; ma chi delibera è lui, in quanto godrebbe il diritto di approvarle o respingerle, di fare e disfare.
Il suo governo, nondimeno, dovrebb'essere fondato su l'applicazione della giustizia e, in uno, sul rispetto della libertà e il mantenimento della disciplina.
Qualora, poi, per abuso di autorità o per altri giustificati motivi, egli più non rispondesse ai requisiti voluti, i Grandi Elettori potrebbero, in ogni momento, sostituirlo.
Tale forma di governo venne, peraltro, già messa ad effetto dalla Repubblica di Venezia, la quale durò — gloriosa e trionfante — per dieci secoli ed è, ancora oggi in vigore, presso la Chiesa Cattolica, per l'elezione del Sommo Pontefice, nominato da un Collegio di Cardinali.
Ritornando in argomento, mentre, dunque, i partiti si presentano a noi con programmi nettamente distinti, le Direzioni che vi presiedono, o sono influenzate o sono dominate da elementi massonici, che, recitando una perfetta commedia, non seguono altro che la direttrice della setta, e noi bene sappiamo a chi è in mano ed a che cosa miri.
E il buon elettore, che di tutto ciò non sa nulla, montato dai resoconti dei giornali, discute con serietà a casa, nei ritrovi, nelle officine, i programmi, segue con passione le lotte parlamentari, crede che tutti i suoi rappresentanti stiano lì a vituperarsi e ad accapigliarsi per lui; crede che i ministeri cadano per il miglioramento della sua sorte, e si lascia, così, menare candidamente per il naso dal suo giornale, che è ispirato da un deputato, il quale segue il suo capo gruppo, che tratta col ministro e questi obbedisce al finanziere!
E non è forse, ancora, il giudaismo fuorviato il principale diffusore del capitalismo mammonico . fra i non ebrei, che avvince, coloro che ne sono presi, con tale passione di ammassare danaro, da renderli incapaci di attendere ad altro che a questo, senza badare che il denaro così ammassato, finirà certamente in tasche giudaiche?
I Giudei sanno escogitare anche mille altre diavolerie, come, ad esempio, i «totocalcio», i «lascia o raddoppia», il dar risalto — a mezzo della Stampa — a fattacci di cronaca, a processi, a fantasticherie, ecc., che, assorbendo fortemente l'attenzione di chi n'è conquiso, producono l'impossibilità di pensare a quello che invece sarebbe doveroso pensare.
Un arguissimo scrittore francese, Francis Delaisi, in un suo libro (sparito dalla circolazione e quindi appena reperibile in qualche biblioteca...) dal titolo: «La démocratie et les financiers», ci presenta tali induzioni che dovrebbero seriamente far riflettere, in quanto, penso, potrebbero avere una grande rispondenza con la realtà.
Egli arriva a dire, che la repubblica è uno specchietto per le allodole e la democrazia una trappola: siamo ingannati! Delaisi scopre il trucco; mostra con quali procedimenti ingegnosi il giudaismo sia riuscito a fare della democrazia il più meraviglioso, il più agile, il più potente strumento di sfruttamento delle folle, un facsimile d'una pompa aspirante e premente.
Il suo libro si potrebbe chiamare «Manuale di politica sperimentale per illuminare i gonzi».
«Dove vanno a finire, egli si domanda, i miliardi delle imposte che i cittadini pagano allo Stato? Forse vanno a seppellirsi nei tesori delle banche di Stato? No certo; essi non fanno che passare dalle tasche dei contribuenti in altre tasche: quali?». Questo viaggio è assai interessante a seguire, e chi vuole seguirlo non ha che a consultare la fonte indicata.
L'autore, dopo avere descritto quanto viene assorbito dalla barca della pubblica amministrazione, conclude col dire, che i tre quarti delle imposte pagate dai contribuenti, costituiscono il tributo pagato dai cittadini ai pescicani del passato e del presente, con i quali abbiamo già avuto il piacere di fare la conoscenza. Perfino le beneficenze che, in occasioni di disastri, i cittadini offrono allo Stato, finiscono, quasi tutte, ad impinguare i Giudei e i rispettivi complici.
Chi, dunque, difenderà i cittadini da questa immane, perpetua truffa democratica, ordita dall'alta finanza ebraica, che ha in mano tutte le banche, tutti i governi parlamentari e quasi tutti i giornali del mondo? Nessuno!
Chi illumina il popolo sulla realtà che si cela dietro il sipario parlamentare? Nessuno!
Per rompere questa cerchia d'interessi, da cui le nazioni si trovano serrate ed oppresse, non ci sarebbe che la coscienza popolare, la cosiddetta opinione pubblica; ma questa è creata dalla Stampa, e la Stampa è in mano... ai Giudei.
Stiamo perciò molto cauti a non farci ulteriormente ingannare dall'allettante espressione «democrazia» perché vi si cela la più autentica e grandiosa truffa.
Il giudaismo riesce a crearle speculando sul patriottismo dei «goim». attraverso cosiddette «costituzioni», col fascino di parole sonore, come libertà, indipendenza, unità nazionale, progresso, ecc... In effetti, tali democrazie equivalgono a «Stati ebraici-massonici», sui quali si vede spesso brillare la stella a cinque punte, vale a dire il pentalfa massonico.
“Vermijon”
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